Marco Fortis, Il Sole 24 Ore 3/9/2014, 3 settembre 2014
L’EXPORT PAGA UN PREZZO ALTO
La Russia è un partner importante dell’Italia per l’energia: nel 2013 abbiamo importato 6 miliardi di euro di petrolio e 7,4 di gas naturale.
Due voci che contribuiscono in gran parte a determinare un deficit del nostro Paese con Mosca di 9,2 miliardi. Ma, al netto della voce energia, la Russia è anche un mercato cruciale per il "made in Italy", che in questi ultimi anni sta cercando nuovi sbocchi in rapida crescita rispetto ai tradizionali mercati. Nel 2013 l’Italia ha esportato verso la Russia beni per 10,8 miliardi di euro, confermandosi il secondo Paese della Ue dopo la Germania, davanti a Polonia, Olanda e Francia nell’interscambio con Mosca.
Appena 10 anni fa, nel 2003, la Russia era per l’Italia soltanto il quindicesimo mercato in valore per i manufatti, preceduta come importanza non solo dai nostri tradizionali maggiori Paesi clienti ma anche da Olanda, Grecia, Turchia, Austria, Polonia, Cina e Giappone. Nel 2013, invece, troviamo la Russia salita prepotentemente all’ottavo posto nelle destinazioni dei nostri manufatti, subito davanti a Turchia e Cina.
È interessante confrontare la dinamica di lungo periodo del nostro export verso la Russia con quella verso due grandi mercati del "made in Italy" come Giappone e Cina (si veda il grafico). Nel 1993, all’indomani della nascita della Federazione Russa, questa era decisamente meno importante di Cina (esclusa Hong Kong) e Giappone per i nostri esportatori. Già nel 1995, però, superava una prima volta la Cina per valore di acquisti dall’Italia per poi tornare temporaneamente su livelli analoghi a quelli del nostro export verso Pechino nel quadriennio 1999-2003. Ma è dal 2004 che prende definitivamente avvio la grande crescita dell’export italiano verso Mosca, che in quell’anno distanzia non solo la Cina ma anche il Giappone. La galoppata dell’export italiano in Russia sembra non incontrare più ostacoli e nel 2008 raggiunge i 10,5 miliardi di euro, un livello di 4 miliardi superiore di alla Cina e di oltre 6 miliardi al Giappone. Poi, con la grande crisi mondiale del 2009, le nostre vendite in Russia subiscono un brusco calo, aggravato dalle difficoltà finanziarie di Mosca, calo che invece non è avvertito dalle esportazioni italiane verso la Cina che continuano a crescere. La Cina torna quindi nuovamente per noi più importante della Russia per un triennio, dal 2009 al 2011, ma in seguito le nostre vendite verso la Russia sopravanzano ancora quelle verso la Cina e nel 2013 l’export italiano verso Mosca torna anche sopra ai livelli pre-crisi del 2008, con un balzo a 10,8 miliardi.
La crisi russo-ucraina è giunta quindi in un momento in cui i rapporti commerciali tra Italia e Russia stavano accelerando dopo la parentesi della crisi.
Per capire quanto la Russia sia rilevante per il nostro export e soprattutto per alcuni grandi comparti del "made in Italy" basterà ricordare che nel 2013 Mosca è stata il settimo mercato per la nostra filiera tessile-abbigliamento-pelli-calzature, con 2,3 miliardi di euro esportati, e il quinto per la nostra meccanica, con 2,9 miliardi. Sempre nel 2013 l’Italia ha esportato in Russia 612 milioni di euro di alimentari e vini, 840 milioni di mezzi di trasporto, 743 milioni di metalli e prodotti in metallo, 658 milioni di apparecchi elettrici, 582 milioni di prodotti chimici, 522 milioni di articoli in gomma, materie plastiche e minerali non metalliferi e 911 milioni di altri manufatti, di cui ben 687 milioni di mobili. Sono inoltre 17 le province italiane che nel 2013 hanno esportato verso la Russia beni per oltre 200 milioni di euro a cui si aggiungono altre 16 province con vendite superiori ai 100 milioni. In particolare, Milano, Vicenza, Bologna, Varese, Treviso, Reggio Emilia, Padova, Verona, Brescia e Modena sono le nostre prime 10 province esportatrici in Russia, sette delle quali con valori di venduto superiori ai 300 milioni di euro, Bologna e Vicenza sopra i 400 milioni e Milano solitaria in vetta con ben 1,2 miliardi. Ecco perché la crisi russo-ucraina ha già avuto e potrà avere un impatto molto negativo per il nostro commercio estero e l’economia italiana. Impatto che già si è manifestato nei primi cinque mesi del 2014 con un calo delle nostre vendite in Russia del 6,7% che rischia di aggravarsi con l’aumento delle ritorsioni commerciali. Se il calo del nostro export verso Mosca dovesse arrivare ad un 10% sull’intero anno in corso, ciò significherebbe per l’economia italiana perdere un miliardo di euro.
Analizzando i principali prodotti esportati dall’Italia in Russia scopriamo in testa alla classifica le calzature, seguite dall’abbigliamento. Ma il "made in Italy" che ha successo in Russia non è solo moda. Ci sono anche i prodotti per la casa e l’arredo e soprattutto la meccanica.
Sono invece meno rilevanti i valori esportati dei singoli prodotti dell’industria alimentare, ma il trend di vendite di cibo e bevande "made in Italy" è stato in costante crescita negli ultimi tre anni, passando dai 476 milioni del 2011 ai 612 milioni del 2013 (+29%).
Da rilevare che, secondo l’indice Fortis-Corradini elaborato dalla Fondazione Edison in collaborazione con Gea, sono 1.000 i singoli prodotti in cui l’Italia figura prima, seconda o terza al mondo per migliore bilancia commerciale con la Russia, per un valore complessivo del nostro attivo pari a 8,5 miliardi di dollari. Siamo infatti primi al mondo per surplus verso Mosca in 311 prodotti, secondi in 341 e terzi in 348.
Ma l’Italia non è solo un importante esportatore verso la Russia. Degni di nota sono anche i nostri investimenti diretti esteri che, secondo una nota di Sace del marzo scorso, in base agli ultimi dati disponibili sono pari a 51 miliardi di euro. La principale destinazione degli Ide italiani in Russia rimane il settore energetico. La presenza italiana si sta però sempre più rafforzando anche in altri settori (difesa, elettrodomestici, agroalimentare).
Marco Fortis, Il Sole 24 Ore 3/9/2014