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 2014  agosto 30 Sabato calendario

«MA TU HAI MAI SORRISO AI MIEI MESSAGGI?». L’AMORE COPIA E INCOLLA

«Ma tu, hai mai sorriso ai miei messaggi?». Qualche mese fa ho ricevuto un messaggio su WhatsApp che iniziava così. E continuava elencando una serie di «sintomi» di innamoramento:«Hai mai avuto quell’ansia che ti blocca la mente prima di vedermi? Hai mai guardato il cellulare sperando di trovarci un mio messaggio? Ti sei mai svegliata e la prima cosa a cui hai pensato ero io?». Il mittente era un ragazzo che avevo conosciuto qualche settimana prima e che aveva scelto di dichiararsi così, con un messaggio tenero e poetico. Il suo coraggio mi aveva colpita e mi ero detta che, anche se non provavo per lui la stessa cosa, avevo comunque incontrato una bella persona, sincera e capace di esporsi senza paura. Poi, qualche giorno fa, su Facebook ho scoperto un post che iniziava proprio allo stesso modo: «Ma tu, hai mai sorriso ai miei messaggi?». Il mittente, però, non era lo stesso. Anzi il testo era al femminile, quindi scritto da una ragazza.
Così mi sono incuriosita e ho provato a inserire su Google l’incipit «Ma tu, hai mai». Scoprendo che la funzione di completamento automatico del motore di ricerca già mi suggeriva «…sorriso ai miei messaggi» e che da questa ricerca escono pagine e pagine e pagine di risultati. Blog, tumblr e pure post su Fb. Ne ho letti alcuni: in tanti casi si trattava di ragazze che pubblicavano la famosa «dichiarazione» attribuendola al proprio fidanzato. Ignare del fatto che è una citazione copincollata che arriva da chissà dove.
A giudicare dalla mole di contenuti trovati online, non avrei difficoltà a paragonarlo ad un meme della Rete. Eppure gli usi (ed abusi) di questo testo che ho sbirciato mi sembravano sinceri. Come era probabilmente sincero il ragazzo che me lo aveva inviato: attraverso quell’elenco di comportamenti da innamorato voleva capire se mi piaceva quanto io piacevo a lui. Ma allora, perché non chiedermelo con parole sue, meno retoriche e toccanti, forse, ma almeno sincere? Perché in effetti la cosa che mi è sembrata evidente, di fronte a quelle decine di pagine di risultati, è che ormai la sua dichiarazione era del tutto svuotata di significato. Mi sono venute in mente quelle frasi prese dai film o dai romanzi che si scrivevano su diari e letterine durante l’adolescenza – ma allora si citava sempre la fonte e ci si limitava a dedicarle. Che senso ha, invece, dichiararsi usando una formula già strutturata e fingendo di averla inventata? Soprattutto, perché farlo ai tempi di Google quando basta inserire le prime quattro parole del messaggio per scoprire che salta fuori ovunque in Rete?