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 2014  agosto 30 Sabato calendario

1959-2014. MA ALLORA IL PAESE CRESCEVA DEL 6,2%. OGGI UN ITALIANO SU 5 HA PIù DI 64 ANNI

I prezzi in calo associati con il fenomeno della deflazione non sono sempre associati con scenari di grave recessione. Lo testimonia in modo eloquente il confronto su come andavano le cose nell’Italia del 1959, l’ultimo anno di deflazione, e in quella di oggi.
L’Italia del 1959 era un paese ancora povero, con lo stesso reddito pro capite di cui oggi gode un abitante medio dell’Uzbekistan. L’Italia era il paese descritto in Pane, amore e fantasia, Rocco e i suoi fratelli e negli altri film di De Sica, Monicelli, Germi e Visconti. Era un paese giovane con grande fiducia nel futuro e anche per questo in pieno boom economico. L’economia italiana cresceva infatti a tassi coreani: nel 1959 il Pil fece registrare un +6,2 % grosso modo in linea con la performance dell’economia in tutti gli anni Cinquanta e per una buona parte degli anni Sessanta.
Malgrado la sua rapida crescita, nell’Italia del 1959 non c’era inflazione, anzi i prezzi scendevano. Tutto perché la crescita si basava su due ingredienti che oggi non ci sono più, il basso costo del lavoro (con salari tenuti dall’emigrazione interna dal sud al nord Italia e dalle campagne nelle città e una produttività alimentata da rapidi tassi di investimento) e sul rapido sviluppo del settore industriale alimentato dai bassi costi dell’energia (il prezzo del petrolio allora non raggiungeva i due dollari al barile). In poche parole, la deflazione del 1959 era la conseguenza di una crescita «low-cost», tipica di un’Italia appena entrata nella Comunità Europea ma con costi di produzione cinesi.
L’Italia di oggi è invece un paese ricco (più o meno tre volte più di allora) e vecchio ma in declino economico e demografico. E’ un paese con il 21% della popolazione sopra i 64 anni. Certo certamente gli anziani portano un capitale inestimabile di esperienza. Ma in un paese vecchio aumentano quelli che hanno già e diminuiscono quelli che si impegnano per avere ciò che non hanno ancora acquisito. In un paese con tanti che hanno già tutto (dall’apertura di un negozio o una fabbrica alla realizzazione di un’infrastruttura) diventa terribilmente complicato e costoso. E con alti costi di produzione e commercializzazione dei prodotti si fa fatica a competere nel mondo globale. Anche perché scalfire le potenti coalizioni contrarie al cambiamento e all’innovazione è difficile; ma senza innovazione non c’è crescita e c’è anzi il rischio concreto che il paese si auto-avviti su se stesso a difendere un esistente che non c’è più.
Ecco perché in un paese come l’Italia di oggi, afflitto dal succedersi decennale di zeri economici e demografici, la deflazione si traduce ed è anche il portato della mancanza di visione e di speranza di futuro. Che però si può e si deve invertire.