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 2014  agosto 30 Sabato calendario

PERISCOPIO

La strategia anticrisi di Padoan: «Risparmieremo su tutto». Bastava mia nonna. Vincenzo Agostini. Il Foglio.

Gli italiani si sono scandalizzati per il tasso di assenteismo di Ghedini alla camera. Così, la volta dopo, lo hanno eletto al senato. Edelman. Il Fatto.

Renzi rischia di finire come il mondo beat di Celentano: «Una meteora che fischia e se ne va». Jena la Stampa.

«Non ci fu bacio fra me e Andreotti», ha giurato Riina a un gelosissimo Dell’Utri. Spinoza. Il Fatto.

Visto che Vicini azzecca tutte le sostituzioni, gli potremmo chiedere un consiglio per il direttore de l’Unità. Ellekappa, da Marco Pastonesi e Giorgio Terruzzi, Palla lunga e pedalare. Baldini & Castoldi. 1992.

È morto l’uomo più alto del mondo. Ora è l’uomo più lungo del mondo. Il Fatto.

Non esiste nessuna tv pubblica al mondo dentro la quale convivono tre telegiornali che hanno come referenti tre diverse aree politiche; ognuno ha una sua struttura autonoma, i suoi direttori, i suoi inviati, il suo apparato tecnico, i suoi studi, il suo budget. Poi c’è Rai news 24, che non si può dire sia seguitissima, e le 26 sedi per l’informazione regionale. Bisogna «ottimizzare» si dice, ma da dove cominci se non metti mano al contratto di servizio con lo Stato? Le sedi regionali sono nate in funzione dei rapporti con le istituzioni locali. Milena Gabanelli, Corsera.

Non la ragione ma le religioni tengono insieme la società. La ragione le disgrega. Augusto Guerriero, Tempo perduto. Mondadori, 1959.

Io sono come Montaigne si diceva che fosse. Amo la discussione e anche la polemica. La contraddizione non mi ferisce, essa mi sveglia e mi mette in azione. Ciò che falsifica il dibattito è l’instancabile robespierrismo francese e la volontà non di rigettare le idee ma di smascherare l’avversario. Sotto il suo viso, sotto le sue parole, tra le sue righe: la Bestia Immonda. Alain Finkielkraut, filosofo, neo ammesso all’Acadèmie de France. le Figaro.

Nei paesi più evoluti si pensa a un ritorno del baratto, visto che i contanti sono diventati fuorilegge. Lo diceva anche Adamo Smith, ma prima di sposare Eva Smith. Massimo Bucchi, il venerdì.

Raffaella Carrà era appena passata dalla Rai alla corte di Silvio Berlusconi. La incontrai negli studi di Cologno Monzese, dov’era alle prese con il suo nuovo spettacolo del sabato sera. Avrebbe dovuto fare concorrenza a Edwige Fenech, che, arruolata dalla tv di stato, polarizzava gli sguardi di 3 milioni di telespettatori. Me la ricordo piccolina e già vizza, nonostante avesse appena 44 anni. Sedeva concentratissima a una scrivania, intenta a buttar giù la scaletta per la terza puntata del Raffaella Carrà show. Si dava molte arie: «Mi sto orientando verso il giornalismo televisivo». Me cojoni, come dicono a Roma. «La vita è uno spettacolo ineguagliabile. Perché inventare, se la realtà è più affascinante?» Già. Inventare costa fatica. Vittorio Feltri e Stefano Lorenzetto, Buoni e cattivi. Marsilio.

Dell’abbattimento di Gheddafi hanno subito approfittato bande di affaristi spregiudicati che in Libia reclutano coloro che, da tutta l’Asia e da tutta l’Africa, vogliono venire in Italia e promettono loro un arrivo sicuro da noi, dicendo loro che, in base al progetto Mare Nostrum, la marina italiana è costretta a salvare assolutamente tutti i natanti in difficoltà, a sbarcare tutti gli immigrati in Italia e ad assisterli fisicamente ed economicamente. Così li caricano su barcacce che affondano e gli italiani sono costretti a salvarli. Nei primi mesi di quest’anno sono già venuti a farsi salvare centomila immigrati che inondano il nostro paese. E altre centinaia di migliaia sono pronti a partire. Francesco Alberoni. Il Giornale.

Ormai si va al ristorante come alle Seychelles: per raccontare quello che si è mangiato, il risotto alla camomilla, gli spaghetti ai mirtilli, i mirtilli col pepe verde, i crisantemi flambès (ma proprio flambès?, dice quello che invece li ha mangiati solo in umido). Luca Goldoni, Viaggio in provincia, Roma inclusa. Mondadori 1984.

Avevo degli amici, quegli amici, oggi scomparsi, sono diventati delle edizioni complete, dei centri studi, dei comitati, dei convegni e io mi sento molto solo. Alberto Arbasino, Ritratti italiani. Adelphi.

Al mio pubblico messicano, l’èlite di questo paese, ripeto che non ho da offrire nessun piatto gastronomico di idee già preparato. Nel miglior dei casi ne conosco solo gli ingredienti. Che, in qualche caso, non erano, e non sono neanche miei: sono prestiti o tentativi. Resto un avido, un avidissimo, un patologicamente avido lettore di libri. Ma non sono certo un filosofo. Sono solo una macchina pensante. Dormo poco, mi sveglio presto e, a letto, con gli occhi aperti, penso: ma sono, essenzialmente, un recettore di voci. Carlo Coccioli, Tutta la verità. Rusconi. 1995.

Mi spogliai, mi distesi e spensi la luce con la peretta che pendeva dalla testata di ferro del letto. Piero Chiara, Il cappotto di astrakan. Mondadori. 1978.

Da bambino avevo l’ambizione di diventare antico, e invece sono solo diventato usato. Luca Scarlini, Alfabeto Poli. Einaudi.

Il podestà era un tipo da prendere con le molle. Permaloso. Sospettoso. Vanitoso. Vendicativo, anche. Non cattivo. Ma guai a metterglisi contro. Andrea Vitali, La Figlia del Podestà. Garzanti. 2005.

Quando andai per la prima volta in Persia c’era ancora lo Scià, discendente da una famiglia di predoni. Si era messo in testa di modernizzare il paese per buttare polvere agli occhi di una popolazione civilissima: grandi poeti, inventori dell’astronomia, grandi idraulici, creatori di una civiltà raffinata e felice. Ho visto le carceri dello scià. In mezzo al deserto un muro quadrato con reticolati e guardie dappertutto e 50 gradi all’ombra. Lì dentro si campava poco. Luigi Serravalli. Diario.

Sulla via del rientro a casa, evitando la piazza della Chiesa, ho intravisto due file di cosacchi. Fanno ala a un carro dov’è disteso il corpo di uno di loro. Un morto che portano a seppellire, accompagnandolo con un loro canto, lentissimo. A seguirlo, oltre ai suoi compagni, un cavallo bardato a tutto punto. Dev’essere il suo. Folco Quilici, La dogana del vento. Mondadori. 2011.

A un giapponese: «Venite avanti, signore. Voi siete uno straniero?». «Non nel mio paese, signore». Francis Blanche, Pensèes, rèpliques et anecdotes. J’ai lu, 1996.

Le riforme sono bolle di sapone piene di sogni. Roberto Gervaso. il Messaggero.

Paolo Siepi, ItaliaOggi 30/8/2014