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 2014  agosto 30 Sabato calendario

SONO DELLE LAVORATRICI DEL SESSO

Cinquestelle avanti tutta sulla legge per legalizzare la prostituzione. Il pepe sulla coda ai parlamentari grillini arriva dalla città più pentastellata d’Italia, Parma, dove regna il sindaco Federico Pizzarotti, sempre sul filo dell’equilibrio nei suoi rapporti con Beppe Grillo (e Gianroberto Casaleggio).
Chissà se i due leader riterranno (come in altri casi) l’iniziativa dei parmigiani un’indebita intrusione nelle faccende dei gruppi parlamentari o daranno loro ascolto. In ogni caso il dado è tratto e la prostituzione potrebbe diventare uno dei cavalli di battaglia del movimento.
Del resto, Marco Bosi, capogruppo in consiglio comunale dei 5stelle e leader, insieme al sindaco, del meetup locale, parla chiaro: «Speriamo che i nostri ragazzi in parlamento facciano da apripista». E aggiunge: «Se non ora, quando»? Bosi è uomo del dialogo, impegnato a spiegare ai parmigiani che la giunta comunale pentastellata è la migliore dal dopoguerra e si dice sicuro che sulla regolamentazione della prostituzione c’è largo consenso da parte della gente. Spiega: «È uscito sul principale quotidiano cittadino un reportage sulle lucciole che riempiono i marciapiedi delle nostre periferie. Sono passati ormai oltre 50 anni da quando, per la prima volta nella storia del nostro paese, si è deciso di abolire le case chiuse. La prostituzione ovviamente non è sparita, ma è stata consegnata nelle mani della malavita. Negli anni il giro d’affari è cresciuto e le stime parlano di guadagni dell’ordine di 50/60 miliardi di euro. Giovani ragazzine arrivano dall’Est Europa o dall’Africa. E anche in questo mercato c’è la concorrenza della Cina, che spesso si nasconde dietro centri massaggi. C’è poi la prostituzione maschile, di cui rarissimamente si parla. Insomma c’è una grande realtà multiforme che esiste, ci piaccia o meno. Lo Stato può allora provare a gestire quella realtà invece di voltarsi dall’altra parte e fingere che il problema non esista».
La giunta di Parma, come tutte le altre, è alle prese col patto di stabilità, una camicia di forza che sta stretta. Ecco allora la pensata per uscire dal cul-de-sac: tassare la prostituzione. L’invito a Luigi Di Maio, vicepresidente della camera ed esponente di punta dei parlamentari 5stelle, è perentorio: bisogna avviare subito una campagna promozionale che affianchi una decisa azione parlamentare per arrivare entro la legislatura all’approvazione di una legge. Insomma, basta con le schizofreniche iniziative dei sindaci, arrivati a fotografare le targhe delle auto e multare i clienti, e stop alla repressione da parte delle forze dell’ordine. La prostituzione va regolamentata e così si può fare cassa per evitare nuove tasse e allentare il patto di stabilità.
Continua Di Maio: «Tapparci gli occhi ci costa tra i 10 e i 15 miliardi di euro. Se pensiamo che l’Imu prima casa ne valeva 4 e tutta l’Irap arriva a 35 ci rendiamo conto delle proporzioni di questa assurda scelta di non intervenire. Sì perché qui non si tratta di discutere se è morale o meno la vendita del corpo. Qui si tratta di lasciare circa 70 mila lavoratrici (e lavoratori) senza alcun diritto né dovere. Si tratta di non dare alle forze dell’ordine la reale possibilità di controllare questo mercato del lavoro gettando migliaia di disperate nelle mani della criminalità organizzata. Si tratta di preferire la (falsa) morale alla sicurezza sanitaria. Si tratta di rinunciare a un gettito che da solo permetterebbe ai Comuni di riavere quanto è stato tolto negli ultimi 5 anni di spending review. Avendo toccato con mano la fatica con cui i comuni tagliano i costi cercando di non intaccare i servizi mi chiedo come si possa far finta di niente. E mi chiedo anche: se non il Movimento 5 Stelle chi? Bisogna avere il coraggio di dire che il tema è stato governato dall’ipocrisia e che la legge Merlin ha fallito».
La prostituzione è un «lavoro sessuale» recita un disegno di legge tripartisan che il grillino di Parma vuole non si fermi nelle sabbie mobili parlamentari ma faccia il suo iter, in fretta. La prima firmataria, Maria Spilabotte del Pd, è stata seguita dai colleghi democratici Sergio Lo Giudice e Monica Cirinnà, ma anche dall’azzurra Alessandra Mussolini e dai 5 Stelle Annalisa Bencini e Lorenzo Battista. La riforma guarda al modello tedesco e dei Paesi Bassi, dove i lavoratori del sesso sono considerati liberi professionisti con l’obbligo di versare le imposte, ma vieta l’apertura di bordelli. Il ddl dà inoltre ai sindaci il potere di creare delle zone a luci rosse dove concentrare la prostituzione cittadina. I firmatari quantificano tra i 5 e i 10 miliardi di euro l’introito fiscale da parte dello Stato, una stima inferiore a quella prospettata da Marco Bosi ma pur sempre rilevante.
L’appello è stato lanciato anche sul web e ha colto di sorpresa i grillini, tanto che non sono mancate le critiche. Del resto, è da decenni che l’argomento viene dibattuto, senza che mai sia approdato a nulla. «La preoccupazione principale che ho registrato – afferma Bosi - è che sia un tema passibile di strumentalizzazioni: noi che come movimento difendiamo i diritti, poi su questo tema come ci poniamo di fronte ai diritti della donna e alla mercificazione del corpo? In realtà bisogna rompere gli indugi e dire che tutto questo esiste già, e che è il momento di fare qualcosa, finendola con gli escamotage e i bizantinismi. Noi, per esempio, non faremo mai in comune ordinanze folkloristiche, la soluzione, per il capitolo prostituzione, va trovata a Roma»
A Roma una «trovata» il governo l’ha già avuta: la revisione dei criteri di calcolo del pil da parte dell’Istat ovvero l’inserimento nel paniere del fatturato della prostituzione (ma anche di contrabbando, racket, droga ed economia sommersa). Un modo, per altro previsto dai nuovi dettati europei, che aumenta il pil e riduce il suo rapporto col deficit. Conferma Sergio De Nardis, capoeconomista di Nomisma: «Questa modifica dei criteri Istat porterà necessariamente ripercussioni sugli indicatori di finanza pubblica».
Intanto la commissione Affari istituzionali ha approvato la proposta di referendum per l’abrogazione parziale della Legge Merlin con il voto favorevole del Movimento 5 Stelle e Paola Macchi, portavoce di M5S Lombardia, spiega: «È giusto porre il problema di mettere in discussione una legge che perdura da quasi sessant’anni immutata, segno evidente di un moralismo deleterio nell’affrontare la questione. Questo referendum non è risolutivo, ma ha almeno il merito di fare pressione sul parlamento. Le principali questioni che dovranno essere affrontate saranno la tutela degli operatori sessuali sia da un punto di vista umano che sanitario che previdenziale».
Ma cosa ne pensa il «grande vecchio»? Sul blog non è ancora comparsa una posizione ufficiale sulla prostituzione legale e tassata. Ma recentemente Beppe Grillo ha visitato gli scavi di Pompei e gli si è avvicinata una prostituta che era in strada: «Che cosa fate per noi?», gli ha chiesto. E lui: «Lei, signora, deve diventare più curiosa e lavorare mediante i siti internet. È giusto che abbia remore a stare per strada». La donna, di rimando: «Ma io voglio pagare le tasse». E Grillo ha concluso: «Giusto, non ci avevo mai pensato. Vedremo, noi del movimento siamo aperti alle soluzioni più avanzate».
Adesso, da Parma, gli uomini del sindaco Pizzarotti gli hanno mandato un dossier, perorando una corsia parlamentare preferenziale e il cappello del movimento sulla legge che dovrebbe fare pagare le tasse alle prostitute e mettere a così a posto le casse dei Comuni.
Giorgio Ponziano, ItaliaOggi 30/8/2014