Marco Ferrando, Il Sole 24 Ore 30/8/2014, 30 agosto 2014
FIAT-CHRYSLER, OK ALLA FUSIONE IN FCA
Fiat-Chrysler supera anche l’ostacolo del recesso. L’ultimo, in pratica, che restava sulla strada di Wall Street, dove a questo punto il gruppo dovrebbe approdare – come da agenda – a metà ottobre.
Sì, perché dopo che il primo agosto l’assemblea straordinaria degli azionisti aveva approvato a larga maggioranza la fusione di Fiat (con la controllata Chrysler) nella società di diritto olandese che prenderà il nome di Fiat Chrysler Automobiles, la decisione di fatto era rimasta "appesa" al recesso. Se le richieste degli azionisti contrari all’operazione avessero superato il controvalore di mezzo miliardo di euro, ci sarebbe stato da ricominciare da capo, con l’effetto di rinviare la quotazione a New York, il trasferimento delle sedi e l’applicazione del voto multiplo. Niente di tutto questo: in un comunicato diffuso ieri mattina prima dell’apertura dei mercati, il gruppo ha reso noto che i conteggi sono ancora in corso, ma «sulla base delle comunicazioni e delle certificazioni ricevute, non è stato superato il limite di 500 milioni di euro»; soltanto il 4 settembre, cioè giovedì prossimo, si conoscerà l’esatto controvalore in azioni delle richieste di recesso, ma «anche se tutte le comunicazioni e conferme ancora da abbinare fossero abbinate, il numero massimo di azioni per le quali il diritto di recesso è stato validamente esercitato comporterebbe una esposizione complessiva inferiore al limite».
Fugati, quindi, i dubbi delle ultime settimane. La società si è impegnata a pagare agli azionisti in uscita 7,727 euro ad azione (per vedersi liquidata la somma ci sarà da aspettare, visto che c’è tempo fino al primo febbraio), ma in un agosto ad alta volatilità il titolo si è trovato a precipitare fino a 6,46 euro: di qui gli allarmi, ripetuti, di una possibile corsa al recesso da parte dei fondi azionisti (eventualità che avrebbe inevitabilmente penalizzato il titolo). In realtà – così come peraltro sembrano aver confermato le diverse mosse, a cavallo della soglia del 2%, di Norges Bank – si è trattato per lo più di speculazione, e ieri il titolo Fiat, dopo una partenza con il turbo, ha chiuso invariato a 7,45 euro.
Sul recesso al Lingotto non si è mai respirata particolare ansia, ma ieri l’amministratore delegato Sergio Marchionne si è tolto qualche sassolino dalla scarpa: «Le recenti stravaganze dei mercati azionari e l’andamento delle azioni Fiat negli ultimi giorni hanno aggiunto a questo processo un grado di complessità inatteso e, a mio modo di vedere, ingiustificato», ha dichiarato in una nota. «Mi rassicura – ha aggiunto – il fatto che la stragrande maggioranza dei nostri azionisti abbia scelto di continuare nel proprio impegno di azionisti fedeli: la loro fiducia e il loro sostegno al piano strategico che abbiamo delineato per i prossimi cinque anni hanno importanza decisiva in questo momento».
«Sono lieto di questo risultato», ha dichiarato invece John Elkann, presidente di Fiat. «Attendiamo ora il completamento di questo progetto che è stato sul nostro tavolo sin dalla acquisizione della totalità del capitale di Chrysler». «La quotazione sul New York Stock Exchange darà il giusto rilievo all’importanza delle attività del gruppo sul mercato statunitense e renderà più efficienti le nostre attività di finanziamento».
Marco Ferrando, Il Sole 24 Ore 30/8/2014