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 2014  agosto 30 Sabato calendario

NON SI PUÒ PRIVARE UN CITTADINO DEI SUOI DIRITTI

La si può definire «giurisprudenza creativa»: una creatività sana che colma un vuoto che ancora opprime la nostra legge. Le premesse per una decisione certamente coraggiosa c’erano tutte. Sia la Corte Costituzionale, sia la Corte di Cassazione da qualche anno vanno ripetendo che, sino a che il legislatore non interverrà, spetta ai giudici indicare i diritti delle nuove famiglie e della famiglia omosessuale in particolare, scegliendo quando applicare analogicamente le norme dettate per la famiglia fondata sul matrimonio. In particolare nel 2012 la Cassazione ha affermato che i componenti della coppia omosessuale, conviventi in una stabile relazione di fatto, quali titolari del diritto alla «vita familiare» e nell’esercizio del diritto inviolabile di vivere liberamente una condizione di coppia, possono rivolgersi ai giudici per far valere, in presenza di «specifiche situazioni», il diritto ad un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata.
Il Tribunale per i minorenni di Roma non ha avuto dubbi: l’articolo 44 della legge sull’adozione può essere applicato anche alla famiglia omosessuale purché stabile e solida. La norma prevede la possibilità per un coniuge di adottare il figlio dell’altro. Dunque la stabile convivenza omosessuale è equiparata al matrimonio dal punto di vista della capacità di crescere un figlio. Alcuni mesi fa il Tribunale per i minorenni di Bologna ha seguito un approccio simile affidando (temporaneamente) un bambino a una coppia omosessuale maschile: ne è nata una polemica infuocata e sterile. Per orientarsi forse è sufficiente una domanda: perché no?
Scrivo queste riflessioni nella sala di lettura della biblioteca della New York University. In questa bellissima sala, non è difficile trovare le pubblicazioni che riportano, proprio per rispondere a questa domanda, il cosiddetto Nexus Approach. Già nel 1980, la Corte suprema del Massachusetts ha scritto una frase fondamentale: «The State may not deprive!». Lo Stato non può privare una persona del diritto ad essere genitore solo perché la sua condotta di vita non rispecchia esattamente quella della maggioranza delle persone. Questo è il punto fondamentale: tutte le persone devono essere libere di costruire la loro famiglia secondo i propri orientamenti. Alla medesima conclusione è giunta la Corte europea dei diritti dell’uomo nel 1999. La Corte ha affermato che il diniego di affidamento del figlio al padre perché omosessuale costituisce una discriminazione fondata sull’orientamento sessuale vietata dall’art. 14 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo.
Questa è la strada. I difensori della tesi per cui l’unica famiglia possibile è quella fondata sul matrimonio di persone di sesso diverso saranno costretti a farsene una ragione.
Carlo Rimini, La Stampa 30/8/2014