Maurizio Molinari, La Stampa 30/8/2014, 30 agosto 2014
L’ONU: TRE MILIONI DI PROFUGHI SIRIANI E LA MACCHINA DEGLI AIUTI S’INCEPPA
Tre milioni di profughi fuggiti all’estero, altri 6,5 milioni che vagano senza interruzione dentro i confini nazionali alle prese con peggioramento delle condizioni igienico-sanitarie, rincari del cibo, ricatti delle fazioni armate e trappole dei trafficanti di uomini: è l’Apocalisse siriana descritta da un rapporto dell’Alto Commissariato per i Rifugiati dell’Onu (Unhcr), la cui conclusione è che si tratta della «più grave emergenza umanitaria della nostra era». Senza contare che non c’è luce in fondo al tunnel.
Negli ultimi 12 mesi l’Unhcr ha registrato un milione di nuovi profughi fuggiti all’estero che, andandosi ad aggiungere ai precedenti 2 milioni, portano la cifra complessiva oltre il record di 3 milioni a cui bisogna sommare i 6,5 milioni che hanno abbandonato la propria casa ma continuano a muoversi dentro la Siria «in certi casi cambiando residenza per 20 volte di seguito» per sfuggire ad un conflitto che ha già causato almeno 191 mila vittime. A conti fatti il totale dei profughi sfiora i 10 milioni ovvero quasi la metà della popolazione siriana «e in circa la metà dei casi si tratta di minorenni» si legge nel rapporto dell’Unhcr, pubblicato dal quartier generale di Ginevra, secondo cui «un crescente numero di famiglie sta arrivando nei Paesi confinanti in stato di choc perché hanno alle spalle viaggi molto lunghi - anche un anno - durante i quali vengono bersagliati da malattie, ricatti di danaro, carenza di cibo e ogni sorta di violenze».
Fra coloro che sono riusciti ad andare all’estero, 1,14 milioni si trova in Libano - dove la popolazione locale è di 5 milioni - 608 mila in Giordania e 815 mila in Turchia. «Siamo impegnati nella più grande operazione realizzata dall’Unhcr in 64 anni di Storia – afferma Antonio Guterres, Alto Commissario Onu per i Profughi – perché di fronte abbiamo la maggiore crisi umanitaria della nostra era».
Ad aggravarla è quanto sta avvenendo sul terreno perché «il fronte delle operazioni militari si sposta in continuazione» portando la guerra nelle aree più imprevedibili e spingendo all’esilio anche chi si trova ad abitare in città come Raqaa e Aleppo.
Le esecuzioni di Isis e le violenze dei reparti governativi si sommano «all’impennata dei prezzi del cibo, della benzina e dell’acqua» con balzi in avanti «anche di 10 volte in 12 mesi» mentre la carenza di strutture mediche funzionanti rende impossibile sottoporsi a cure per chi è malato di diabete, cuore o tumore. Per non parlare della «catastrofe scolastica» dovuta all’impossibilità di andare a scuola per milioni di bambini.
Circa 150 agenzie, organizzazioni ed Ong collaborano con l’Unhcr per gestire gli aiuti umanitari trovandosi però in crescente difficoltà «a causa della scarsa sicurezza lungo i confini con Turchia, Libano, Giordania e Iraq».
A tale riguardo Davide Terzi, capo della missione in Giordania dell’Organizzazione internazionale per la migrazione (Oim) spiega che «l’ultima risoluzione delle Nazioni Unite ci permette l’invio di convogli umanitari dalla Giordania alle comunità più isolate in Siria» ma questi interventi oltre-confine, coordinati dall’Onu, devono vedersela con «nuovi rischi come quelli evidenziati dal sequestro di 43 osservatori Onu delle isole Fiji sulle Alture del Golan». La sovrapposizione fra «più rischi in Siria» e «maggiori controlli in Giordania» fa osservare a David Terzi che «in alcuni giorni sono appena 140 le anime che riescono a raggiungerci».
Se il lavoro degli operatori umanitari diventa più rischioso, sul fronte della racconta fondi i problemi sono simili: dei 4 miliardi di dollari di donazioni finora raccolti per i «bisogni urgenti» resta assai poco e l’Unhcr afferma che «servono in fretta altri 2 miliardi».
Maurizio Molinari, La Stampa 30/8/2014