Matteo Pinci, la Repubblica 29/8/2014, 29 agosto 2014
QUEGLI STADI TRISTI CHE SI SVUOTANO MENTRE ALL’ESTERO È FESTA DI PUBBLICO
ROMA
Quattro anni fa l’ex presidente della Triestina Fantinel riempì le tribune deserte del “Rocco” di Trieste con sagome che riproducevano i grandi assenti alla sua partita: i tifosi. Soluzione non proprio geniale, ma che svelò al mondo il problema, oggi ancora più evidente. Gli stadi si svuotano, il processo è irreversibile: negli ultimi 5 anni la serie A ha perso il 9 per cento di pubblico sugli spalti. La stagione 2008-’09 si era chiusa con una media di 25.779 spettatori per gara. L’ultima con 23.481 appena, 2.300 persone in meno ogni match. E il campionato che inizia non nasce come quello della svolta, tutt’altro. Il ritmo degli abbonamenti mostra un andamento al ribasso per tutti o quasi: escluse le neopromosse, spinte dall’entusiasmo del salto, solo Roma, Atalanta e Torino hanno migliorato gli iscritti dello scorso anno. La Lazio ha venduto quasi un quarto delle tessere stagionali staccate 12 mesi fa, il Napoli ha perso due terzi di sottoscrizioni, il Milan deve fare i conti con la fuga di 8mila abbonati, lieve flessione anche per l’Inter. Mentre l’Udinese ogni anno registra l’esodo di 5mila tesserati: da 15mila a 5mila in 24 mesi. Sfortunatamente un’analisi concreta sui motivi dell’inarrestabile fuga dagli stadi continua a non comparire all’ordine del giorno nelle riunioni di Lega, dove però si contano con entusiasmo i soldi che arrivano dalle tv. Da un decennio si punta l’indice contro gli stadi brutti e vecchi, ma nessuno parla del disinteresse dei club a investire per renderli più accoglienti. Di impianti di proprietà si sente parlare da sempre ma solo la Juve è riuscita a realizzarlo davvero. Intanto la spirale di violenza continua a dilagare, la morte in strada di Ciro Esposito rappresenta certamente il punto più basso di una voragine iniziata da tempo con “puncicate”, scontri, squadre costrette a consegnare le maglie. Ma anche di norme cervellotiche, il cui unico risultato - dalla tessera del tifoso al tornello, dal biglietto nominale al divieto di trasferte - è stato svuotare gli impianti senza riuscire a contrastare la violenza ultrà.
Inevitabile che con queste premesse precipitassero anche gli incassi da botteghino delle italiane: Roma, Inter e Milan hanno marciato negli ultimi anni al passo di una ventina di milioni a stagione di introiti da stadio, un po’ meglio la Juve, arrivata anche a 38. Ma, solo per fare un esempio, il Real ha chiuso l’ultimo campionato con 120 milioni di incassi. Il confronto con l’estero è schiacciante soprattutto nelle presenze: in Germania ogni gara ospita in media 43mila spettatori, 20mila più che in Italia e 13 milioni complessivi di persone sugli spalti ogni anno. Da noi non si arriva ai 9. Anche la Premier ci surclassa con 36mila presenze a partita. E in Spagna, dove le difficoltà economiche sono le stesse dell’Italia, gli spettatori per ogni partita sono 3mila più dei tifosi italiani. Sempre più affezionati al loro posto sul divano, lì davanti alla tv.
Matteo Pinci, la Repubblica 29/8/2014