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 2014  agosto 29 Venerdì calendario

LA FRUTTA ITALIANA RIMANE NEI CAMPI “L’EMBARGO RUSSO RISCHIA DI FARCI MORIRE”

ALBAREDO D’ADIGE (VERONA).
Dovrebbero esserci tir carichi delle prime uve da tavola e delle ultime pesche nettarine, sul grande piazzale della Bissolo Gabriele Group. Tutto vuoto, invece. Nessun rumore. «Colpa di una guerra che non è nostra ma che ci sta portando al disastro». Mille tir all’anno partono da qui per raggiungere la Russia. «E’ tutto fermo — dice Gabriele Bissolo — colpa dell’embargo deciso da Vladimir Putin. L’export in Russia raggiunge il 60-70% del mio fatturato, che è pari a circa 20 milioni all’anno. Certo, sono fortemente colpito dal blocco. Ma in Italia non si è ancora capita una cosa: questo embargo farà male a tutti, anche quelli che nemmeno sanno dove sia la Russia.
E nessuno ne parla». Un ufficio con ampie vetrate, impiegati e manager che parlano le lingue di tutto l’Est. «Faccio un esempio. Quest’anno la Polonia raggiungerà il top nella produzione di mele: 3,5 milioni di tonnellate, contro i 2,5 milioni dell’Italia. Una produzione, quella polacca, destinata soprattutto all’ex Unione Sovietica. Dove andranno a finire quelle mele, visto che anche loro non potranno varcare le frontiere a Est?
Arriveranno in tutta Europa, Italia in testa. Le nostre rischiamo di restare sugli alberi. Arriveranno qui anche il latte tedesco, i pomodori olandesi, le patate francesi: faranno crollare i prezzi».
Il servizio studi del Consiglio regionale del Veneto ha fatto una stima del danno da embargo russo: 591 milioni di dollari. In Italia il mancato introito sarebbe pari di 2 miliardi di euro. Nell’intera Unione europea si perderebbe una produzione pari a 6,7 miliardi di dollari, con una perdita di 130.000 posti di lavoro. L’embargo — annunciato il 7 agosto per la durata di un anno — riguarda carne, pesce, latticini, frutta e verdura. La Commissione europea ha annunciato uno stanziamento di 121 milioni di euro a favore dei produttori — soprattutto quelli di frutta e verdura — colpiti dall’embargo. «Con quei soldi — dice Gabriele Bissolo — tutti noi produttori e commercianti europei potremmo trovarci una mattina a prenderci un caffè. I danni sono ben più pesanti. Prendiamo solo la mia provincia, Verona. Qui da anni si è stata rimessa in produzione la mela Granny Smith, quella verde e acidula, che piace tanto ai russi. Solo per questa mela, e solo nel veronese, cinque milioni di danni. Ma questo è solamente il primo blocco. Io ogni anno compro 300 camion di uva da tavola in Puglia, in inverno carico 300 camion di clementine calabresi, e poi produco i kiwi, il radicchio, le insalate, la rucola… Tutto con destinazione Russia, e Mosca, a 2500 chilometri, è solo una delle tappe. Mando carichi misti a supermercati della Siberia, in città come Habarovsk, Tomsk, Krasnoyarsk, fra i 5000 ed i 7000 chilometri di distanza. Viaggi che durano 8 o 10 giorni. Ci ho messo vent’anni, per arrivare a questi mercati. Con il blocco io ci rimetto ma i produttori sono davvero rovinati. L’uva che prima dell’embargo io pagavo — portata qui ad Albaredo dalla Puglia e confezionata in cassettine — 80 centesimi al chilo, ora costerebbe — se ci fosse un minimo di richiesta — 50 centesimi. A questo prezzo i produttori riceverebbero 10 centesimi al chilo e non la staccherebbero nemmeno dalle viti, per non pagare i costi della vendemmia. Le mele già mature non hanno prezzo. Vengono conferite dai contadini ai centri di ritiro ma nessuno sa se e quanto saranno pagate. I mercati che si chiudono per noi sono terra di conquista per altri. In Egitto, Tunisia e Marocco tutti sono pronti a piantare patate per la Grande Madre Russia. In Serbia, fuori dal blocco, il prezzo al chilo dell’ortofrutta è salito da 40 cent a 1 euro, in meno di un mese».
Il Maap — mercato agro alimentare di Padova — viene chiamato la «porta verso l’Est», perché il 60% dei 4 milioni di quintali trattati sono destinati in gran parte ai Paesi un tempo Oltrecortina. «Noi perdiamo affari per 10-12 milioni di euro — raccontano Giancarlo Daniele, presidente dei grossisti e il direttore Francesco Cera — ma il vero dramma è il crollo dei prezzi. Prima del 7 agosto le mele Royal Gala costavano 40 centesimi, ora si vendono con fatica a 15 centesimi. Ci sono migliaia di tir che stanno girando nei Paesi dell’Est alla ricerca di un varco per entrare in Russia. C’è anche chi pensa a “triangolazioni” ad esempio con la Serbia. Sono operazioni difficili, illegali e anche pericolose. Non possiamo accettare che il “Made in Italy” venga contrabbandato. Manderemmo alle ortiche il nostro bene più prezioso».
C’è anche chi la butta in politica. «Il ministro Federica Mogherini — dice il presidente del Maap, il leghista Fausto Dorio — ha detto sì alle sanzioni alla Russia per poter diventare il ministro degli Esteri dell’Europa. Si fosse almeno astenuta, non saremmo qui a cercare rimedi al disastro. Mi dicono che i supermercati russi sono pieni di polli e basta. Forse i clienti protesteranno, abituati alle nostre pere e pesche e ai nostri formaggi». Lunedì tutti i parlamentari veneti si riuniranno in Regione. «Se i russi cominceranno ad odiare i prodotti italiani ed europei — dice il presidente del Consiglio regionale Clodovaldo Ruffato — non acquisteranno nemmeno quelli fuori embargo ».
«Almeno per pere e mele — dice Giorgio Piazza, presidente della Coldiretti veneta — chiediamo aiuto economico per lo stoccaggio, in attesa di tempi migliori». Nulla da fare, invece, per le insalate che deperiscono in pochi giorni. Barbara Gambaro, di Noale, ha 9 ettari di serre per la coltivazione di insalata e rucola da vendere confezionate. La Russia era il suo mercato. «Solo nelle prime due settimane ho già perso 60.000 euro. Dovrò lasciare a casa 20 persone».
Jenner Meletti, la Repubblica 29/8/2014