M. Pen., Il Corriere della Sera 29/8/2014, 29 agosto 2014
COME SAPERE CHI MI LEGGE (SENZA INTERAGIRE) SU TWITTER
La vera domanda che l’utente dei social network osa solo sussurrare fra sé e sé è: quanti mi stanno guardando? O addirittura: chi mi sta guardando?
Pubblichiamo come dei forsennati alla caccia di «mi piace», commenti o, se ci troviamo su Twitter, re-tweet, che è il rilancio di un nostro messaggio da parte di un utente a quanti lo seguono. Ma non basta. Il sogno è sapere chi ci legge senza interagire. Quanta attenzione riceviamo per tutto quel lavoro quotidiano di pubblica e condividi.
Con l’apertura dei suoi Analytics Twitter lo realizza, almeno in parte. Si tratta di una pagina Web raggiungibile a questo indirizzo https://analytics.twitter.com in cui vengono automaticamente aggiornati i dati su quante volte ogni nostro cinguettio è stato visto dai nostri follower o da altri iscritti al microblog (il termine tecnico è impression). Viene calcolato anche il numero di click ottenuti e il rapporto fra pubblico raggiunto e interazione. E i dati fanno male: basta una rapida occhiata alle statistiche per rendersi conto di quanto siano basse le reazioni concrete alle nostre esternazioni, partendo già da un’esposizione decisamente inferiore al numero di persone che ci seguono. Molto meno di uno su dieci, spesso e volentieri.
La nostre riflessioni a 140 caratteri, insomma, le vedono in pochi e a reagire sono pochissimi. Non contento, lo strumento mostra graficamente l’andamento degli ultimi 28 giorni e i cambiamenti con il periodo precedente. Insomma, volendocisi incaponire c’è da perderci minuti se non addirittura ore.
Per giornalisti, politici e personaggi dello spettacolo interessati a raggiungere un bacino d’utenza più ampio possibile potrebbe trattarsi di tempo ben speso: Analytics aiuta a capire cosa funziona meglio, tipo di linguaggio o presenza o meno di una fotografia ad esempio, e in quali fasce orarie. Acquisite le informazioni si possono fare tentativi o esperimenti per cercare di diventare più influenti, termine che per chi cinguetta con dedizione è un punto d’arrivo. L’utente medio, seppure incuriosito, dopo essersi scontrato un paio di volte con la dura realtà molto probabilmente sarà portato a desistere.
A essere stuzzicate davvero, come spiega l’esperto Vincenzo Cosenza, saranno le aziende a cui, contestualmente al desolante scenario, «vengono proposti investimenti pubblicitari in grado di migliorare le prestazioni». Il meccanismo è lo «stesso che regola le pagine professionali di Facebook». Menlo Park però se ne guarda bene dallo svelarci quale sia la reale esposizione delle foto delle nostre vacanze, lasciandoci l’illusione di una presenza attenta e coinvolta superiore ai cinque o 10 «mi piace» racimolati.
M. Pen., Il Corriere della Sera 29/8/2014