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 2014  agosto 29 Venerdì calendario

MICHAEL POLLAN

Tutto è cominciato con una casseruola turchese della Dansk. All’ora di cena Corky Pollan la appoggiava sul tavolone della cucina anni Sessanta, davanti alla finestra che dava sulla grande quercia, ed istantaneamente gli odori attiravano i suoi quattro figli. Per il piccolo Michael significava che era venuta l’ora dello stufato di manzo. O della zuppa di pollo. O del polpettone. «Quella pentola credo sia stata, per noi, la cosa più vicina a un focolare». Anni dopo, Michael Pollan ha capito ancora meglio il «potere simbolico della casseruola». E l’ha raccontato nel suo ultimo libro appena uscito in Italia: Cotto (Adelphi).
CARNIVORI E ANGURIE
Insegnante di giornalismo a Berkeley, giornalista, food writer ed editorialista del Nyt , 59 anni, è una delle voci più ascoltate (e meno ortodosse) nel dibattito globale sull’alimentazione. Per molte persone leggere alcuni dei suoi libri come Il dilemma dell’onnivoro o In difesa del cibo (entrambi di Adelphi) ha significato cambiare il proprio modo di nutrirsi. Le sue frasi risuonano come mantra: «Mangia cibo vero, non troppo. Per lo più vegetali». Oppure: «Non mangiare niente che la tua bisnonna non avrebbe mangiato». È stato lui a indicare la terza via tra carnivori e vegetariani: i carnivori consapevoli. «Mangio carne ottenuta solo da produzioni sostenibili e umane. Al massimo una/due volte a settimana». Grande appassionato di botanica e di giardinaggio («a 4 anni ho coltivato un’anguria») Pollan è un liberal-foodie. Negli Usa per molti è quasi più influente di un ministro dell’Agricoltura. Anche se questo è un paradosso dal quale il diretto interessato si schermisce: «Ridicolo. Se lo fossi davvero, l’agricoltura americana sarebbe diversa. La verità è che influenzo una minoranza della popolazione che si chiede finalmente da dove venga quel che mangia. Abbiamo la cultura del microfono, ma non ancora il potere. Noi americani mangiamo male, basta guardarci. Ma anche voi europei state peggiorando. In Italia e Francia stanno aumentando i cibi pronti... Certo, Michelle Obama sta facendo molto, ma da first lady ha dei limiti: non può alienarsi il consenso delle corporazioni e dire: basta junk food». Michael Pollan arriva in Italia la prossima settimana per presentare il suo nuovo libro. Prima al Festival di Mantova il 6. E poi, il 10 settembre, in un incontro organizzato dalla Fondazione Corriere della sera a Milano. Ma perché questo interesse per la cucina praticata? «A un certo punto, nella seconda metà della mia vita, ho fatto una scoperta felice benché inaspettata: parecchi degli interrogativi che più mi assorbivano (tipo: cosa posso fare per migliorare la salute della mia famiglia? Come posso comunicare con mio figlio adolescente?) avevano in effetti una risposta sola, sempre la stessa. Cucinare». Ed è esattamente quello che Pollan ha fatto. Ha indossato un grembiule e per un po’ di tempo è partito per un «viaggio» reale-virtuale sulle tracce dei 4 elementi con cui cuciniamo: fuoco, terra, aria e acqua. Dalle fornaci del North Carolina, dove si allestisce un barbecue leggendario in tutti gli Usa e dove lui ha imparato a fare «uno dei maiali più buoni di sempre», alla cucina di casa sua, dove ogni domenica mattina assieme a Samin Nosrat, una sua ex studentessa ora chef da Chez Panisse , ha preso lezioni di «cucina della nonna, come la chiamo io». Dalla magia della brasatura, dunque, alla birra autoprodotta... Alla fine di questo libro Pollan si dichiara un «uomo nuovo» dal punto di vista gastronomico. Ma anche emotivo: «Cucinare significa scoprire delle novità anche su sé stessi. Hai tempo per sognare a occhi aperti. Quando mescoli, mescola e basta. Cucinare ha fatto di me un po’ un buddhista, un uomo unitasking. Perché uno dei più grandi lussi della vita è fare solo una cosa, con tutta l’anima». E il ritorno alla cucina di casa e al pranzo di famiglia «è l’unica soluzione per impedirci di dimenticare definitivamente come si fa».
LA MAMMA E IL MICROONDE
La passione per la cucina arriva proprio da sua madre Corky, giornalista. Basta sfogliare il libro The Pollan Family Table (Amazon), che lei ha scritto con le sue tre figlie raccontando le ricette di famiglia: dal pollo al Grand Marnier alla torta di lime. «La svolta in cucina per mia mamma è arrivata con Julia Child e i suoi tv-show. Cominciò a sperimentare a più non posso: boeuf bourguignon, coq au vin.... La seguiva religiosamente. Purtroppo però dai tv show è nato quello che io chiamo il “paradosso della cucina”: più le persone guardano gli altri cucinare meno cucinano. A me piace Ina Garten, per dire, ma preferisco imparare dai suoi libri. E certo, se Nigella Lawson mi invitasse a cena direi di sì. Ma la verità è che oggi un americano medio dedica circa 27 minuti al giorno alla preparazione del cibo, dove spesso questo significa riscaldare una pizza. Con la mia famiglia una volta abbiamo fatto una orribile “serata microonde”: ci si metteva più tempo che a cucinare davvero». Pollan ha attribuito al movimento femminista il grande motivo per cui oggi si cucina sempre meno. Attirandosi critiche feroci. Emily Matchar, leader delle Femivores (che pure predicano un ritorno volontario delle donne alle attività domestiche) su Salon ha chiesto: Michael Pollan è un maiale sessista? «Accuse infondate. Io invoco un ritorno di tutti, in cucina. Anche dei bambini. Negli anni 60-70 le femministe misero al bando la cucina. E nel dibattito si sono inserite le multinazionali come la KFC proponendoci campagne tipo: un pollo fritto gigante (già pronto) e la scritta: «Liberazione delle donne». Messaggio: fate cucinare noi. Così poi tutti si sono abituati al cibo pronto e a portare i bambini al fast food».
LEGAMI E PORCHETTA
In casa mia cuciniamo sia io sia mia moglie Judith (pittrice, ndr ). A lei per esempio non piace tagliare la cipolla, cosa che invece io, dopo questo apprendistato, faccio a meraviglia. Perché sì, ora sono un cuoco discreto: il mio kimchi è famoso. Così come il barbecue di maiale che faccio ogni anno con gli amici come per una celebrazione. Perché cucinare crea e rafforza legami. Certo, sogno ancora di fare la pagnotta perfetta. Ma intanto mi accontento di quando mio figlio Isac, che ha 22 anni, la domenica telefona ai nonni e dice: “Qui fa freddo e piove, ma papà sta cucinando e in giro c’è un profumo buonissimo. È la mia domenica ideale”».
Angela Frenda, Il Corriere della Sera 29/8/2014