Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  agosto 29 Venerdì calendario

Se il catalogo è questo, qualche pessimismo è lecito. «Distruggeremo le navi dei mercanti di morte», ha detto con enfasi Angelino Alfano dopo l’incontro con la sua omologa europea Cecilia Malmström, al battesimo — per ora solo nominale e figurato — dell’operazione Frontex Plus, che dovrebbe sostituire (versione italiana) o assi stere (versione europea) Mare Nostrum

Se il catalogo è questo, qualche pessimismo è lecito. «Distruggeremo le navi dei mercanti di morte», ha detto con enfasi Angelino Alfano dopo l’incontro con la sua omologa europea Cecilia Malmström, al battesimo — per ora solo nominale e figurato — dell’operazione Frontex Plus, che dovrebbe sostituire (versione italiana) o assi stere (versione europea) Mare Nostrum. La distruzione delle carrette degli scafisti è purtroppo l’unico annuncio concreto che il nostro ministro dell’Interno ha potuto dare: le ironie sono fuori luogo in questo contesto, tuttavia è un po’ come dichiarare che si distruggeranno i sismografi per scongiurare un terremoto. A parte che le barche degli scafisti per lo più colano a picco da sole (e spesso, purtroppo, coi passeggeri a bordo) non è certo affondando le superstiti che si fronteggerà l’ondata epocale delle migrazioni: ne affondassimo mille al mese, non mancherebbero certo navigli ai trafficanti né disperazione ai migranti. Più che i mezzi sarebbero da affondare — nelle nostre carceri — coloro che li conducono: sicché Alfano farebbe meglio a spiegare come mai noi, e solo noi, riusciamo nel record di arrestare sette volte uno scafista, ogni volta rimandandolo indietro, libero di ricominciare, come racconta dalla Sicilia il nostro Andrea Galli. Sgomberato il campo dagli slogan, proviamo allora a guardare la realtà. La visione non è incoraggiante. A cominciare da quella distanza terminologica (sostituire o assistere?) dentro la quale si misura il divario tra i nostri bisogni e ciò che l’Europa è disposta a concederci. Tanta ambiguità serve naturalmente a giustificare un quadro che potrà diventare operativo soltanto sulla base del volontario apporto degli altri partner europei. Data per scontata una «certa ostilità» dei Paesi del Nord (l’eufemismo viene da Bruxelles), vogliamo immaginare davvero una gara di solidarietà in cui Valls e Rajoy, i premier di Francia e Spagna, fanno a spintoni per chi mette più navi e chi più marinai per portarci sollievo? O si può invece temere che ad Alfano, giunto in missione con il (gratuito) viatico dell’Onu («non si può lasciar sola l’Italia»), sia stato dato un contentino buono soltanto a spostare un po’ più in là una grana che nessuno riesce a disinnescare? Può darsi che un eccesso di diffidenza ci inganni. Dunque rovesciamo il ragionamento: fidiamoci, e immaginiamo Frontex Plus operativa, per il poco che se ne sa. La differenza con Mare Nostrum appare sostanziale. Qui si parla di pattugliamento della frontiera meridionale europea (in sostanza le nostre acque territoriali nel Mediterraneo) e non più di intervento a ridosso delle coste libiche, come è stato per la missione umanitaria che in dieci mesi ha salvato 113 mila donne, uomini e bambini da morte certa. La cifra è stata data l’altro giorno a Rimini da Giuseppe De Giorgi, Capo di Stato Maggiore della Marina, con giustificato orgoglio: perché Mare Nostrum ha riscattato l’onore dell’Italia dopo gli anni in cui la gestione dei migranti veniva in sostanza affidata ai lager di Gheddafi in cambio dei nostri finanziamenti al regime. Mare Nostrum sta però svenando la nostra Marina al ritmo di nove milioni di euro al mese, dunque è sacrosanto auspicare una missione multinazionale simile a quella antipirateria in atto nel Corno d’Africa, a guida italiana o europea poco cambia. Frontex Plus sarà qualcosa di simile? È ragionevole temere di no. Mossa puramente difensiva, e forse puramente cosmetica (magari pochi aiuti europei, fardello quasi tutto nostro ma col sollievo di poter condividere eventuali figuracce con i partner) sposterà di molte miglia indietro il nostro intervento in mare. Ed è bene dirsi subito con chiarezza che ogni miglio marittimo in meno significa centinaia di morti in più. Un’opinione pubblica isterica e mutevole, disposta a stracciarsi le vesti a ottobre 2013 di fronte al doppio naufragio di Lampedusa, pare ora orientata a considerare migliaia di profughi terrorizzati come una mera copertura all’infiltrazione jihadista. Cosa farà di fronte ai prossimi cinquecento o mille morti in un sol colpo? Sta alle forze politiche responsabili spiegare agli italiani che si possono coniugare umanità e sicurezza e che qualcosa di diverso si può fare, se solo l’Europa sarà degna di un’oncia degli ideali per i quali è nata. Ancora una volta ci supporta chi lavora sul campo. De Giorgi spiega che gli sbarchi sono aumentati ben prima di Mare Nostrum (con buona pace dei cinici e dei razzisti nostrani), quando gli Stati d’origine dei migranti sono crollati. Si tratta allora non di fare un passo indietro, ma tre in avanti. Di aprire in Libia corridoi umanitari protetti e forse, con una vera missione europea benedetta dall’Onu, di mettere su quelle spiagge un avamposto di civiltà in grado di respingere e di accogliere, filtrare e soccorrere e infine trasportare in sicurezza nel nostro continente. Ci vorranno tempo e soldi? Certo, e anche coraggio e visione. Ma non può essere una bega del volenteroso Alfano, non si giocherà su distinguo e astuzie lessicali: siamo di fronte a una grande e sostanziale questione politica mondiale. Lasciar gestire i nostri flussi migratori al califfato di Bengasi sarebbe un errore micidiale. @GoffredoB