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 2014  agosto 28 Giovedì calendario

ARTICOLI DEL SOLE 24 ORE SULL’UCRAINA


SANZIONI ALLA RUSSIA, EFFETTO DOMINO IN EUROPA -
ANTONELLA SCOTT, IL SOLE 24 ORE 22/8/2014
L’ultimo grido di allarme viene dal mare: un «numero significativo» di navi mercantili, cariche di generi alimentari diretti verso i porti russi, dovrà invertire la rotta. Lo ha fatto sapere Maersk Line, unità del colosso danese di trasporti ed energia. La sua è la prima flotta al mondo di navi container: il bando russo all’import europeo e americano, in modo indiretto, è arrivato anche a lei.
«I clienti di Maersk Line - scrive la compagnia in una nota - sono stati colti assolutamente di sorpresa dalle sanzioni che, avendo effetto immediato, causeranno il richiamo di un numero significativo di cargo attualmente in mare». Le perdite, si specifica, non ricadranno sulla compagnia di trasporti ma sui produttori e i Paesi di provenienza delle merci. Per Maersk Line la situazione si traduce anzi in un vantaggio, perché la Russia intende aumentare l’import alimentare dai Paesi più lontani, in particolare dall’America Latina, esclusi dal bando perché non hanno adottato provvedimenti contro l’economia russa. A bordo dei cargo di Maersk Line si intrecciano le sorti di chi vince e chi perde a causa delle sanzioni.
Del secondo gruppo, accanto alle repubbliche baltiche ex sovietiche, fa sicuramente parte la Finlandia, un’economia troppo vicina alla Russia per non subire l’impatto di ogni tempesta sui rapporti bilaterali: quasi la metà delle imprese finlandesi, sottolinea la Camera di commercio, sarà danneggiata più o meno direttamente dalle sanzioni. Tra queste i piccoli trasportatori che non possono certo diversificare e allungare le rotte come Maersk Line.
Per la Finlandia la Russia è il terzo mercato di esportazione, il 10% delle vendite di prodotti finlandesi all’estero: ancor prima dell’era delle sanzioni, la crisi ucraina aveva iniziato a pesare sugli scambi. Buona parte di questi riguarda l’industria di formaggio e latticini, e qui il carico pesa soprattutto su Valio, una cooperativa che ha spiegato di produrre l’85% delle esportazioni finlandesi colpite dal bando russo, per un valore di 240 milioni di euro. Costretta a fermare la produzione dei prodotti diretti in Russia, Valio sta mettendo in discussione 800 posti di lavoro.
Altri Paesi europei colpiti sul fronte dei latticini sono Danimarca o Irlanda: ma la Finlandia ha dimostrato che in questa battaglia che danneggia un po’ tutti, Russia compresa, mentre il contagio si allarga, ci sono modi per limitare i danni. Potrebbe non essere casuale il fatto che mercoledì il governo russo abbia accorciato la sua "lista nera" di generi alimentari proibiti per riaprire le porte a prodotti necessari alla propria agricoltura, come le patate da semina, o i latticini privi di lattosio: il 10% delle esportazioni di Valio in Russia. Il giorno di ferragosto, il presidente finlandese Sauli Niinisto era andato a trovare Vladimir Putin a Sochi, per far presente quanto i rapporti bilaterali siano danneggiati dalle sanzioni europee e americane contro Mosca, così come dal bando sull’import alimentare.
Nessuna schiarita in vista invece per McDonald’s. Anzi, dopo l’ordine di chiusura di quattro ristoranti a Mosca, la catena americana di fast food è nel mirino delle autorità sanitarie russe anche nel resto del Paese, accusata per presunte violazioni delle norme igieniche o degli standard di qualità degli ingredienti usati. Il moltiplicarsi di inchieste e raid, da Ekaterinburg a Cheljabinsk, alimenta però il sospetto che la guerra a McDonald’s abbia più a che fare con la reazione russa alle sanzioni americane. Ritorsioni che dunque possono coinvolgere anche le imprese straniere che hanno scelto di essere presenti in Russia, non solo come esportatori: dopo McDonald’s, chi potrebbe finire nel mirino?
Un’analisi di Société Générale cita alcuni tra i grandi gruppi che in Russia generano i maggiori profitti e sono quindi più esposti: la britannica Bp o la tedesca E.On per l’energia, Coca-Cola, Basf, Carlsberg, Alstom. Preoccupazioni che si ritrovano nelle analisi di altre banche: come Rabobank, il primo istituto olandese attivo nel credito al settore agricolo, che mette in luce l’impatto negativo su alcuni dei suoi clienti. Bert Bruggink, chief financial officer di Rabobank, ha spiegato ieri come l’incertezza legata alla crisi ucraina rischi alla fine di farsi sentire anche sui risultati della banca, riflesso dell’impatto sul settore agricolo. Nei giorni scorsi l’ufficio olandese di statistica aveva quantificato in «almeno 300 milioni di euro» le perdite per l’export nazionale a causa delle sanzioni.
Sul fronte della frutta, la Commissione europea ha adottato ieri misure di emergenza a sostegno di pesche e nettarine per un totale di 32,7 milioni di euro: aiuti di cui beneficerà anche l’Italia, fino a 1,288 milioni.

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RUSSIA UE, SI RIAPRE IL FRONTE DEL GAS -
ANTONELLA SCOTT, IL SOLE 24 ORE 25/8/2014 -
Nella grande crisi esplosa tra Russia e Ucraina è rimasto in disparte, nelle ultime settimane, il fronte che era invece al centro delle "guerre" del passato: il gas. Ma questo è un nodo che presto tornerà a farsi sentire: alla fine dell’estate tornerà in mente che dal 16 giugno la Russia ha interrotto le forniture all’Ucraina, denunciando il mancato pagamento delle bollette da quando il cambio di regime a Kiev ha spinto Mosca ad alzare le tariffe. Da giorni gli abitanti della capitale ucraina sono senza acqua calda, e così sarà almeno fino a ottobre: il governo cerca di risparmiare gas. Abbiamo di fronte un inverno lungo e freddo, avverte il primo ministro Arseniy Yatsenyuk, spiegando che il Paese non può farcela senza il gas russo, anche se ora sta cercando di importarne da altri Paesi e di spostarsi su altre fonti, come il carbone. Anche questo è da importare, dal momento che la guerra ha costretto a chiudere metà delle miniere dell’Ucraina orientale.
Rispetto alle guerre del gas del passato, nel 2006 e 2009, l’Europa rischia di essere pesantemente coinvolta. La tensione scesa tra Russia e Occidente non garantisce più che Mosca, chiudendo i rubinetti a Kiev, si preoccupi come diceva di fare allora di evitare ricadute sui clienti europei. Oggi, al contrario, esiste il rischio di ritorsioni russe in risposta alle sanzioni europee, malgrado queste abbiano accuratamente evitato il settore del gas. In più, tra le misure che il governo ucraino ha in mente per rispondere «alla sponsorizzazione del terrorismo, l’annessione della Crimea e la violazione dell’integrità territoriale dell’Ucraina», c’è anche il blocco del transito di gas naturale russo verso l’Europa. Verrebbe meno il 10% del totale del fabbisogno europeo.
Nel migliore dei casi, tutte queste minacce potrebbero tradursi in un aumento dei prezzi: o comunque in una fase di incertezza, se le compagnie europee si trovassero a dover acquistare il gas direttamente al confine russo e non più, come avviene ora, al confine occidentale tra l’Ucraina e la Ue, cosa che le costringerebbe a rinegoziare con Gazprom i contratti di fornitura. È molto probabile che l’argomento sia entrato nell’agenda dei colloqui del cancelliere Merkel con i leader ucraini, ieri a Kiev: già nei giorni scorsi il governo tedesco aveva fatto capire che contava sull’Ucraina perché abbandonasse l’idea di bloccare il transito. E non è un caso che martedì prossimo a Minsk, al primo faccia a faccia tra Vladimir Putin e Petro Poroshenko, sarà presente anche il commissario Ue all’Energia, Günther Oettinger.
Del resto, che il gas abbia un trattamento particolare si era capito anche quando, venerdì scorso, Berlino ha dato il via libera alla vendita della controllata Dea del colosso energetico Rwe a un fondo di investimento che fa capo all’oligarca russo Mikhail Fridman. Sanzioni o no.

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IL PATTO UE-UCRAINA COSTA CARO A MOSCA - ANTONELLA SCOTT, IL SOLE 24 ORE 27/8/2014
L’Accordo di associazione economica tra l’Ucraina e l’Unione europea, rilanciato da Petro Poroshenko, può costare alla Russia più di 100 miliardi di rubli, due miliardi di euro: per questa ragione Vladimir Putin rivendica il diritto di difendersi alzando barriere commerciali contro i prodotti europei che minacciano di inondare il mercato russo, passando dall’Ucraina una volta annullati i dazi all’import. Nella prima parte dell’incontro tra i due presidenti di Russia e Ucraina, accanto ai partner dell’Unione doganale - Kazakhstan e Bielorussia - Putin ha affrontato il nodo che ha la responsabilità della crisi esplosa in questi mesi, e finita in guerra.
Paradossalmente se russi, europei e ucraini si fossero seduti a questo tavolo un anno fa, cercando il modo di conciliare le rispettive aspirazioni e preoccupazioni, forse la crisi avrebbe potuto essere evitata. «Noi, per esempio, non discutiamo con voi i nostri rapporti con il Canada - ha detto Putin al suo interlocutore - e non ci immischiamo nei vostri rapporti con la Cina. Ma non dimentichiamo che Cina e Canada sono lontani, mentre i legami economici tra Ucraina e Russia sono una cosa ben diversa».
Ora non sarà possibile trovare degli accordi su questo fronte senza prima aver risolto i nodi politici. Ma al grande tavolo multilaterale di Minsk, seduto ben lontano da Poroshenko, è sulle questioni economiche che il presidente russo si è concentrato, sottolineando le ricadute sulla Russia dell’avvicinamento tra Ucraina ed Europa. «In questa situazione - ha detto Putin - la Russia non può non fare nulla. Saremo costretti - voglio sottolinearlo, costretti - a prendere contromisure per proteggere il nostro mercato».
L’accordo con Bruxelles che l’Ucraina ratificherà in settembre era stato abbandonato all’ultimo minuto dall’ex presidente ucraino Viktor Yanukovich, nel novembre scorso. Un rifiuto che aveva portato alle prime proteste sul Maidan di Kiev, poi divenute scontro diretto con il regime, e finite in sangue. La scelta di Yanukovich, preoccupato per le ricadute dell’accordo sull’economia ucraina che sarebbe rimasta priva del sostegno di Mosca, era stata premiata da Putin con aiuti finanziari e un forte sconto sul prezzo del gas, poi revocato con la fuga dell’ex presidente e il cambio di regime a Kiev.
Da allora, l’impossibilità di trovare un’intesa tra russi e ucraini anche su questo fronte ha spinto Gazprom a sospendere le forniture di gas. L’arrivo dell’inverno rende più urgente una soluzione: secondo il commissario europeo all’Energia, Günther Oettinger, presente a Minsk, se le forniture russe a Kiev non dovessero riprendere «dovrà essere possibile fornire all’Ucraina gas dai Paesi della Ue. Attualmente - ha osservato Oettinger in un’intervista - i gasometri sono pieni a metà. Da qui all’inizio dell’inverno dovranno essere riempiti».
L’esito dei colloqui di Minsk, che hanno stabilito anche la ripresa delle consultazioni tra Russia e Ucraina sul gas, apre uno spiraglio di ottimismo. Venerdì prossimo è in programma un incontro tra il ministro russo dell’Energia, Aleksandr Novak, e l’Unione Europea. Sul tema è intervenuto ieri a Rimini l’amministratore delegato di Snam, Carlo Malacarne: «Non siamo particolarmente preoccupati - ha detto - che possa venir meno la sicurezza degli approvvigionamenti. Siamo molto attenti a come risolvere l’eventuale mancanza di gas per periodi prolungati».

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I RUSSI SI PRIVANO DEL CIBO ITALIANO MA NON DEL LUSSO: I CASI MALO E CAVALLI -
CARLO PAOLO FESTA, IL SOLE 24 ORE 27/8/2014
Si parla tanto di stretta sugli investimenti russi in Europa, di relazioni avvelenate dalla crisi Ucraina (proprio oggi è stato annunciato dal governo di Kiev l’invasione di 1000 militari russi nel territorio ucraino) e dal comportamento contraddittorio del presidente Vladimir Putin, ma alla fine il business è business. Così se da una parte l’embargo alimentare sembra aver prodotto qualche effetto (i russi per fare un esempio sono grandi consumatori di bistecche e un’azienda come Cremonini ha relazioni commerciali consolidate a Mosca), dall’altra per tutti gli altri settori sembra continuare l’età dell’oro quanto ad attivismo di Mosca. Che dire dell’annuncio dell’altro ieri, fatto a una grande festa a Saint Tropez, residenza di lusso dei magnati russi? All’evento mondano il miliardario del retail russo Sergey Lomakin ha annunciato l’acquisto di una quota azionaria del re del cashmere italiano Malo. E, per continuare, Vtb Capital (braccio della maggiore banca statale russa) sta trattando per comprare la maison Roberto Cavalli. Insomma, i russi possono privarsi degli spaghetti italiani, ma non del lusso italiano.

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A SORPRESA SANZIONI ANCHE SULLA MODA
ILSOLE24ORE.IT 28/8/2014
Dopo l’alimentare, la mannaia della Russia in ritorsione alle sanzioni ricevute sul caso-Ucraina cala a sorpresa anche sull’industria della moda.
In sordina, lo scorso 11 agosto, il primo ministro Dimitrij Medvedev ha firmato una risoluzione in base alla quale, dal prossimo 1° settembre, saranno vietate le importazioni dagli Stati Uniti e dall’Europa (esclusi espressamente la Bielorussia e il Kazakistan, che sono in unione doganale) di diverse categorie di prodotti tessili e dell’abbigliamento, oltre che di calzature e pelletteria. Importazioni che, secondo il Servizio statistico federale russo, pesano attualmente per circa il 10% dei consumi domestici degli stessi prodotti.
Sull’industria italiana della moda, che l’anno scorso ha registrato un export verso la Russia di 2,317 miliardi, l’impatto sarebbe devastante: il Paese è, da sempre, uno dei principali clienti del settore e ha garantito negli ultimi anni ottime performance, a parte il forte rallentamento registrato nell’ultimo anno e causato principalmente dalla svalutazione del rublo.

In effetti, secondo stime preliminari del ministero dell’Industria e delCommercio russo, il valore delle merci importate bandite dal provvedimento di Medvedev ammonterebbe a 7,7 miliardi di euro all’anno. Come dire: una vera e propria mazzata per i produttori del settore, sia sul versante a stelle e strisce sia, soprattutto, su quello europeo.
Al momento, però, il divieto riguarda soltanto le importazioni "dirette" - chiamiamole così - da parte del Governo federale russo e delle municipalità, anche se va chiarito quali sono con esattezza gli enti potenzialmente coinvolti dal divieto, contenuto nel decreto n. 791 che non è stato ancora pubblicato sul sito ufficiale di Mosca, fermo alla notifica del provvedimento n. 778 del 7 agosto scorso. In un comunicato del 15 agosto, si parla più genericamente di simili provvedimenti da adottare dal 1° settembre su «alcuni beni dell’industria leggera», senza specificare in alcun modo i settori colpiti.
Naturalmente, la decisione non viene presentata in versione anti-sanzioni, ma l’obiettivo a cui mirerebbe il provvedimento è «l’incremento della produzione domestica di tessile e di prodotti dell’industria leggera, per creare nuovi posti di lavoro e per aumentare il volume di ricavi da imposte da versare nelle casse federali». Questa è, almeno, la versione ufficiale fornita dal sito del Governo e confermata da Denis Manturov, ministro dell’Industria e del Commercio, secondo quanto riportato martedì da WTin.com, il canale B2B specializzato nel settore World textile information network.

Più nel dettaglio, dal 1° settembre sarà impossibile per gli enti pubblici russi acquistare dall’estero filati, tessuti, articoli tessili assemblati, a esclusione dell’abbigliamento, corde e reti, tessuti a maglia, calzetteria, maglie, cardigan, magliette, intimo e pellicceria. Si suppone che sia comunque indispensabile disporre dei codici doganali di tutte le merci vietate, che comunque comprendono di sicuro alcune categorie di prodotti calzaturieri (si veda l’articolo qui sotto).
Insomma, il drastico blocco imposto da Medvedev entra in vigore fra quattro giorni, e non è neppure detto che il "niet" russo si fermi qui. Sempre secondo WTin.com, il Governo di Mosca «sta considerando di imporre un bando completo sul tessile e sull’abbigliamento di importazioni dall’Unione europea e dagli Stati Uniti, nel caso in cui Ue e Usa dovessero imporre ulteriori sanzioni alla Russia riguardo alla crisi ucraina. Il bando si aggiungerebbe a quello in corso sull’import di alimentare dalle stesse due aree».

L’impatto sull’Italia e sulle imprese italiane è significativo: secondo la Sace, i Paesi maggiormente esposti al rischio di un calo dell’interscambio commerciale sono Germania e Italia, principali partner commerciali della Russia. Dopo la meccanica strumentale, che pesa per il 27% sul totale dell’export italiano nel Paese, il sistema moda è al secondo posto con il 21% del totale (fonte Istat), mentre l’Italia nel complesso risulta al quinto posto fra i fornitori della Russia con il 4,6% del totale, alle spalle di Cina (16,9%), Germania (12%), Usa (5,3%) e Ucraina (5%).
Sace ha elaborato due scenari di sviluppo: stabile e pessimistico. Nel primo caso, con un quadro sanzionatorio da parte di Usa e Ue mantenuto in linea con l’attuale o progressivamente limitato per colpire singoli soggetti, la contrazione stimata per l’export italiano di tutti i settori industriali sarebbe di circa il 9% nel 2014, con un recupero dello 0,5% l’anno successivo, con una perdita totale di esportazioni di 938 milioni di euro nel biennio.
Nel secondo scenario, che prevede un’escalation di violenze, chiusura di pipeline russe che attraversano l’Ucraina, fuga di capitali dalla Russia e aumento dei tassi di interesse, l’export italiano potrebbe scendere del 12% quest’anno e dell’11% nel 2015, con una perdita secca mostruosa: -2,4 miliardi di euro nel biennio, di cui un miliardo tutto a carico della meccanica strumentale.