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 2014  agosto 28 Giovedì calendario

TLC BRASILIANE, GARA TRA BIG EUROPEI

MILANO
Al suo interno comprende oltre un terzo di tutti gli utenti di telefonia mobile dell’America Latina. E quanto ad abbonati ai servizi a banda larga nel fisso è leader nel continente sudamericano. Se si mettono in conto gli investimenti legati ai Mondiali di calcio appena conclusi e alle prossime Olimpiadi che si terranno nel 2016, il processo di integrazione fisso-mobile spinto dalla convergenza con l’industria dei contenuti e i margini di miglioramento sul mobile commerce, si capisce bene perché i big europei delle tlc abbiano scelto di darsi battaglia in Brasile, rispondendo colpo su colpo.
La spagnola Telefonica, l’italiana Telecom, i francesi di Vivendi (che controllano Gvt) e la brasiliana Oi (impegnata in un processo di fusione con Portugal Telecom) hanno dato vita a uno scenario molto complesso in cui il nodo della contesa è una torta che fa gola: il mercato di un Paese grande come un continente, con oltre 200 milioni di abitanti e in cui revenue e profitti per gli operatori stanno crescendo.
Un mercato enorme, ma in cui a fare la parte del leone sono pochi operatori. Il che rende spinge ancora di più i contendenti a non mollare la presa. Guardando al settore mobile, sono infatti quattro gli operatori che controllano la quasi totalità del mercato, lasciando ben poco agli Mvno. Vivo (Telefonica) a giugno aveva il 28,7% del market share, seguita da Tim Brasil con il 27%, Claro (America Movil) con il 24,9% e Oi con il 18,5 per cento. Sebbene piccolo, il mercato degli Mvno sta comunque attirando investitori, tant’è che anche Poste Italiane a febbraio aveva annunciato interesse.
Anche nel fisso gli operatori principali sono quattro con Oi che primeggia con con il 39,6% di market share, seguita da Vivo e Claro (con oltre il 23%) e poi da Gvt (oltre il 9%). Per quanto riguarda infine la banda larga la posizione di forza spetta alla controllata di America Movil Claro (31,8% di quota di mercato), seguita da Oi (26,6%), Vivo (17,7%) e Gvt (12,7%).
Il tutto per un mercato delle tlc che, complessivamente, nel 2013 era atteso a 117 miliardi di dollari con 274 milioni di accessi a marzo 2014 (dato Anatel), di cui il 45% a banda larga e in crescita annua del 3,8% rispetto a marzo 2013 (quando gli accessi a banda larga erano il 29% del totale). In tutto, gli accessi a banda larga, fra fisso e mobile, sempre a marzo 2014 erano 146 milioni, di cui per l’85% da mobile e per la restante parte nel fisso. Ultimo dato: ci sono 105 comuni coperti con tecnologia 4G.
Insomma, un mercato con margini di crescita e di profittabilità in cui lo scontro era latente da tempo, soprattutto in una situazione di tensione esistente fra Telefonica e Telecom. Il resto è storia quando Telefonica a inizio agosto ha innescato la miccia, con l’offerta a Vivendi per Gvt. Una mossa prevedibile visto che Telefonica genera oltre il 50% dei ricavi in Sud America e il contributo del Brasile è maggiore rispetto a quello del suo mercato di riferimento, la Spagna. Inoltre, le ultime mosse del gruppo guidato da Cesar Alierta hanno indicato con chiarezza la direzione del gruppo spagnolo, che sta puntando sulla fibra ottica e la distribuzione di contenuti. Una prova evidente sta nell’acquisto della quota di Prisa e Mediaset nella pay tv spagnola Digital plus.
Il rafforzamento in Brasile e nella banda larga per sfruttare le sinergie fisso-mobile e le potenzialità del mercato dei contenuti ha però anche spinto la controffensiva di Telecom su Gvt. E intanto Oi ha sparigliato le carte annunciando le sue mire su Tim Brasil.
Un risiko complesso, quindi, che ha per teatro il Brasile e per protagoniste le telco europee. Che nel caso di Telefonica e Portugal Telecom si ritrovano sulla stessa strada dopo l’affare concluso nel 2010, quando Telefonica acquisì il controllo della brasiliana Vivo Partecipacoes da Portugal Telecom (di cui vendette l’8% che a sua volta possedeva), includendo una clausola di non concorrenza, per 15 mesi, nel contratto. Una clausola costata cara sia a Telefonica, sia a PT: 66,8 e 12,9 milioni di euro di multa.
Andrea Biondi, Il Sole 24 Ore 28/8/2014