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 2014  agosto 28 Giovedì calendario

CLIMA, OBAMA FORZA I TEMPI PER UN ACCORDO

Il presidente non cercherà un trattato. Perché?
Obama sfida il Congresso sul riscaldamento globale e punta a finalizzare un accordo per la riduzione delle emissioni di gas che aggiri l’approvazione del Senato, necessaria per i trattati internazionali. Lo rivela il «New York Times», anticipando la strategia che la Casa Bianca vuole adottare in vista del vertice di Parigi sul clima, previsto l’anno prossimo, proprio mentre l’Onu pubblica un nuovo rapporto sugli effetti negativi già provocati dal global warming. L’appuntamento del 2015 nella capitale francese dovrebbe definire le nuove regole dopo Kyoto, obiettivo fallito a Copenaghen nel 2009. Un vertice convocato all’Assemblea Generale dell’Onu il 23 settembre, e un incontro previsto a Lima a dicembre, dovrebbero definire i nuovi parametri. Al momento una dozzina di paesi producono circa il 70% delle emissioni, e secondo l’ultimo rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change, il riscaldamento globale sta già avendo ripercussioni molto negative per il benessere e la stabilità globale, come ad esempio la riduzione della produzione di grano. Il nodo politico è sempre lo stesso. Storicamente i paesi occidentali, Usa in testa, hanno inquinato di più, e quelli in via di sviluppo, a partire dai nuovi grandi inquinatori come Cina e India, rifiutano di limitare le emissioni se prima America ed Europa non faranno la parte maggiore. Obama vorrebbe agire, anche perché era una delle sue promesse elettorali più importanti, ma per ratificare un trattato internazionale come quello di Kyoto avrebbe bisogno della maggioranza di due terzi al Senato, che non esisteva allora, e nemmeno oggi. Anzi, alle elezioni midterm di novembre i democratici rischiano di perdere il limitato vantaggio che hanno al momento nella Camera alta. La Casa Bianca quindi ha pensato ad un’alternativa più realistica: confermare gli obblighi già approvati a Kyoto, e aggiungere un accordo politico sulle nuove limitazioni delle emissioni, che come tale non richiederebbe il via libera del Senato. Sarebbe una soluzione più debole, che infatti i paesi in via di sviluppo già criticano, ma almeno consentirebbe di fare un passo avanti, e dimostrerebbe agli elettori americani che sono i repubblicani a bloccare il trattato in Congresso. Una sfida frontale, dunque, per cercare almeno di iniziare ad affrontare l’emergenza clima.
Paolo Mastrolilli, La Stampa 28/8/2014