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 2014  agosto 28 Giovedì calendario

L’UOMO CHE VISSE DUE VOLTE

Assomiglia, anche nel volto, a Katsushika Hokusai, famoso pittore e incisore giapponese (nato nel 1760 e morto nel 1849). Scrive con gli ideogrammi, realizza opere utilizzando l’antica tecnica nipponica chiamata Nishiki-e (una sorta di xilografia), ma in Giappone non c’è mai andato. Giovanni Berio, 90enne di Imperia, è un perfetto clone del maestro Hokusai, che produce opere come un incisore dell’epoca Edo (1603-1868), ma vive oltre un secolo dopo e agli antipodi rispetto al suo doppio.
La sua è una storia incredibile da raccontare. Perché Berio ha scoperto di possedere questa straordinaria predisposizione all’arte della xilografia soltanto dopo un grave infarto nel 1972 (aveva 48 anni) cui è seguito un anno in cui ha vissuto quasi in stato vegetativo, aggravato psicologicamente dalla perdita della moglie da cui ha avuto tre figli.
Berio, prima di quello che definisce «un affare di cuore», era un perito chimico che lavorava nel campo dell’industria olearia e non aveva mai preso un pennello in mano. «Ho progettato e realizzato impianti e stabilimenti in Italia e all’estero per 25 anni» racconta a Panorama mentre incide l’ennesima lastra di ciliegio nel suo laboratorio, ricavato nel garage della villa di sua figlia sulle alture di Imperia.
Al suo risveglio, la svolta: «Un giorno camminavo da solo per le vie di Sanremo. Guardando la vetrina di una bottega di articoli per l’arte, m’incuriosirono certi oggetti di bambù» dice. «Entrai nella bottega: mi dissero che erano penne giapponesi per disegno. Ne acquistai due».
Berio sostiene che a spingerlo prepotentemente
a scoprire l’arte del Sol Levante e a trasformarlo in un giapponese trapiantato in Liguria è stata una breve poesia di Natsume Soseki che recitava così: «Poter rinascere piccolo, pari a una violetta». Berio, da quel giorno, ha cambiato nome in uno più artistico: Ligustro.
«Il Ligustrum vulgare è un arbusto delle oleacee dalle foglie ovali, molto ramificato» spiega. «In Giappone c’è una pianta simile, ma con foglie più arrotondate». Berio, solo in seguito, ha scoperto che il nome Ligustro, se scritto con gli ideogrammi cinesi Kanji, forma versi che sembrano una predestinazione: «L’uomo della conchiglia, nato nel paese del golfo, ha pescato lungo la spiaggia sabbiosa e ha preso la ricchezza del mare».
Dal giorno del suo risveglio, Ligustro ha divorato migliaia di libri sull’arte e sulle tecniche di pittura orientali. Sono tutti accatastati nella semioscurità del suo laboratorio, un antro che ha qualcosa di magico e che sa di polvere e di mille altri odori non immediatamente definibili. Scalpelli, pennelli, lastre di legno di ciliegio e barattoli con nomi incomprensibili contornano lo spazio di lavoro in cui entra alle luci dell’alba e che lascia solo all’imbrunire.
Ogni giorno degli ultimi 42 anni, senza pause e senza ferie, Berio lo ha trascorso allo scalpello: ore di lavoro che si sono trasformate in migliaia di opere che l’artista
archivia in maniera certosina, stipando fino al soffitto i fondi della casa di sua figlia. «Non le vendo, le realizzo solo per materializzare i miei sogni» spiega. Ligustro, insomma, è un geniale autodidatta. «Ho studiato tecniche mie: con cliché, inchiostri e registri nuovi».
La tecnica giapponese Nishiki-e, infatti, consentiva di stampare fino a 8 colori in un formato massimo di 25 centimetri per 38. Ligustro l’ha migliorata. «Non solo posso fare quadri di qualsiasi dimensione, ma il mio metodo di incisione» continua l’artista «consente di stampare un numero di colori illimitato».
Mentre spiega la sua reinterpretazione della tecnica Nishiki-e, Berio mostra un quadro: Geisha alla finestra di Oneglia. «Ci sono 180 colori in quest’opera» si vanta, mettendo in evidenza la fatica che è servita a realizzarla: a ogni colore corrisponde una lastra di ciliegio scolpita. «Ci sono quadri per cui ho dovuto incidere anche 480 cliché» aggiunge Ligustro.
Non è mai stato in Giappone. «Ma i giapponesi sono venuti a trovarmi» racconta, riferendosi a Fukuda Kazuhiko, un professore dell’università di Kanazawa ritenuto uno dei massimi studiosi di arte giapponese, autore di oltre 100 volumi, molti dei quali dedicati al mondo delle stampe. Fukuda è stato raggiunto dalla fama di Ligustro che ha esposto le sue opere in alcune gallerie (non molte) in Italia e una a Bruxelles. In una lettera il professore scrive a Ligustro: «Le tue opere gettano un novello bagliore sulla moderna incisione e sono nel contempo il prodotto di un mirabile poeta».
Ma Fukuda non è il solo estimatore celebre di Berio. Anche Jack Hillier, per 25 anni consulente di arti orientali presso la casa d’aste Sotheby’s, autore di numerosi libri riguardanti stampe e quadri giapponesi, è rimasto colpito: «Nelle opere di Ligustro si trova inaspettata poesia» scrive Hillier. «Incisioni su legno con colori di incredibile raffinatezza. Le sue sono opere uniche».
Ligustro, del resto, affianca alla tradizione giapponese le antiche competenze di chimico e ricrea in proprio gli antichi pigmenti. L’artista apre un barattolo con la scritta Gofun. «Questa polvere mi serve per realizzare il bianco» spiega Ligustro. «La ottengo con i gusci delle ostriche che prendo nei ristoranti d’Imperia. Li metto in un forno a 1.200 gradi e li polverizzo».
Il blu lo ottiene con la polvere di lapislazzulo. Ma le sue opere sono arricchite da foglie d’oro, argento e palladio. Ligustro stampa manualmente con un tampone di corda, chiamato baren, da lui stesso realizzato. Per ogni xilografia impiega più tecniche: il Bokashi (colori sfumati), il Gindei (polvere d’argento), il Gin-Sunago (scaglie e polvere d’argento), il Kin-Sunago (scaglie e polvere d’oro), il Kindei (polvere d’oro), il Kinpaku (foglia d’oro), il Karazuri (pressione a rilievo), il Kime-komi (avvallamenti), il Kirazuri (polvere di perla e mica).
Berio firma le opere con sigilli in cinabro cinese, un minerale di colore rosso vermiglio. Gli ideogrammi, tradotti, vogliono dire: «Colui che incide la gioia». Uno stato d’animo che Ligustro emana da tutti i pori: l’uomo ha un fare carismatico, pare sorretto da un’accettazione riconoscente della vita, tipica della filosofia Zen. Nonostante abbia 90 anni, Berio ha le mani ferme ed è instancabile, paziente. Ascoltarlo per quasi 7 ore è stata
un’esperienza unica. Come aver fatto, andata e ritorno, un viaggio nel tempo nel Giappone di Hokusai.
Decisamente spiazzante e moderno è stato invece il modo in cui si è congedato da Panorama. In puro stile Steve Jobs (che nemmeno conosce), Ligustro ha voluto affidare al cronista un consiglio per le nuove generazioni: «Siate pazzi. Vi divertirete».