Fabio Monti, Corriere della Sera 28/8/2014, 28 agosto 2014
L’ESTATE DELLA DISFATTA E DEI «MANGIABANANE». ORA IL CALCIO ITALIANO PROMETTE LA RINASCITA
Nessuno avrebbe immaginato un cambio di scenario così sconvolgente, all’alba (italiana) di domenica 15 giugno 2014. A Manaus, l’Italia di Prandelli aveva appena battuto l’Inghilterra (2-1), giocando una grande partita (che resta tale, anche se nessuno lo ricorda più), per quanto gli azzurri avevano saputo esprimere sul piano tattico e su quello tecnico. Poi sono arrivati la Costa Rica e l’Uruguay, i gol di Bryan Ruiz e Diego Godin. Il 24 giugno, a Natal, hanno tolto il disturbo in contemporanea Giancarlo Abete e Cesare Prandelli: presidente federale e c.t. sono stati accusati di aver abbandonato la nave in piena tempesta, ma, se fossero rimasti, sarebbero finiti come il Savonarola.
Il nuovo n. 1 della Figc è Carlo Tavecchio, anni 71, alla guida della Lega Dilettanti dal 1999. Una soluzione annunciata già il 25 giugno, ma complicata dall’incredibile frase su Optì Pobà e sui mangiabanane (18 luglio), che ha reso tumultuosa la corsa elettorale (11 agosto) e che ha posto il nuovo presidente sotto tutela del Coni (e di Lotito, il vero dominus della Figc). Nel frattempo si è scoperto che in Italia non è ancora venuto il momento perché un ex calciatore, anche se molto bravo (Albertini), diventi presidente federale. Ma il vero colpo di scena è stata la scelta di Conte c.t. Ha stravinto gli ultimi tre scudetti con la Juve, e dunque è stata una scelta più che logica, ma fino al 15 luglio, primo giorno di ritiro a Vinovo, era a tutti gli effetti l’allenatore bianconero. Maurizio Beretta, che guida la Lega di A dal 2009, già dimissionario dal ruolo per qualche mese, poi rieletto il 18 gennaio 2013, ma quasi sempre assente alle riunioni del Consiglio federale per impegni di lavoro, è diventato addirittura vicepresidente vicario della Figc e tutti all’improvviso hanno scoperto l’importanza della Nazionale. Sono cambiati anche i designatori arbitrali: Domenico Messina ha preso il posto di Stefano Braschi in A, così Nicchi, oltre a fare il presidente dell’Aia, continuerà a svolgere anche il ruolo di designatore, estendendolo alla B (c’è Farina).
Andrea Abodi, presidente della Lega di B (con il campionato che torna a 22 squadre per ordine superiore, con il Vicenza in vantaggio sul Pisa per il ripescaggio) e ora ministro delle finanze della Figc, ha annunciato che il calcio italiano verrà riformato a tempo di record, grazie all’accordo fra le Leghe, mai così compatte. Non si capisce perché nell’ultimo biennio la massima preoccupazione delle Leghe sia stata quella di frenare qualsiasi proposito di riforma da parte di Abete, ma anche questo fa parte dei misteri del calcio (italiano). Il lavoro da fare è molto e va ben oltre le nomine (Rivera resterà al Settore tecnico). La questione centrale è legata alla riforma dello Statuto (la pietra angolare di tutto il sistema): le Leghe spingono per abbassare il quorum richiesto per cambiare al 65%, ma sarebbe un modo per rendere ininfluente il ruolo delle componenti tecniche (giocatori e allenatori), che hanno il 30%. Altra questione: la riforma dei campionati. Dopo l’opposizione feroce di questi anni alle bozze federali, adesso il progetto prevede addirittura 18 squadre in A (da 20), 18 in B (ora sono 22), 40 in Lega Pro (dalle 60 attuali e ci si potrebbe fermare a 54). Un progetto che potrebbe tradursi in un fatto concreto a partire dalla stagione 2016-2017, sempreché si trovi un accordo sulle retrocessioni.
Dopo il Brasile, si è molto parlato di giovani e vivai. Già in questi mesi si capirà se ci sono le condizioni per avviare un lungo e complesso lavoro, partendo dalla base (e c’è da definire il vero ruolo del Settore giovanile e scolastico, fin qui sovrastato dalla Lega Dilettanti), con massima attenzione alla formazione dei tecnici (di base e di vertice) e al lavoro delle nazionali giovanili, per non vanificare quanto fatto da Arrigo Sacchi in questi quattro anni. Al di là delle parole (la più gettonata: la cantera), servono idee chiare, progetti definiti, ma anche risorse economiche. C’è anche una questione legata al vincolo per i dilettanti (fino ai 25 anni). Da tempo si discute della necessità di abolirlo, ma l’accordo fra le parti è lontano. Ci penserà (forse) il successore di Tavecchio. O il medesimo Tavecchio. Magari copiando la Germania.
Fabio Monti