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 2014  agosto 28 Giovedì calendario

LE ESECUZIONI PUBBLICHE DEL VENERDì. E L’ISIS ARRUOLA BAMBINI DI 10 ANNI

Domenica scorsa verso mezzogiorno i guerriglieri dello Stato Islamico hanno conquistato la base militare di Tabqa nella Siria nordorientale, dove si trova l’aeroporto della città di Raqqa. Appena due ore dopo le foto delle teste mozzate di decine di soldati e ufficiali dell’esercito di Bashar Assad circolavano già sulla rete. Si calcola che circa 350 lealisti siano stati presi, tra loro 250 sarebbero già morti, e di questi almeno una trentina appaiono nelle immagini dell’orrore. Le avevano postate su Twitter e Facebook gli stessi carnefici. Poveri monconi di corpi branditi come trofei dai vincitori sghignazzanti, mostrati ai bambini per la strada, appesi alle cancellate lungo i giardini pubblici di Raqqa, che da circa due anni è assurta al ruolo di capitale del nuovo radicalismo sunnita a cavallo tra Siria e Iraq.
Proprio queste immagini sono ora parte dei capi di accusa contenuti nel rapporto diffuso ieri dalla Commissione Onu incaricata di investigare i crimini contro l’umanità commessi in Siria e nelle province irachene occupate al momento dalle brigate sunnite dell’autoproclamato «Califfato». La Commissione punta il dito contro lo Stato Islamico, ma non risparmia critiche al regime di Bashar Assad. Per la prima volta il documento Onu accusa infatti la dittatura di Damasco tra l’altro di avere utilizzato armi chimiche, specie le bombe al cloro, contro le popolazioni dei villaggi siriani settentrionali, per ben otto volte nel solo mese di aprile. E fornisce dettagli specifici: le bombe sono state lanciate dagli elicotteri lealisti sulla città di Idlib e la provincia di Hama tra l’11 e il 29 aprile. I militari di Assad continuerebbero inoltre ad applicare sistematicamente la tortura e l’abuso sessuale nelle carceri. Gli assassini mirati e i desaparecidos tra gli oppositori del regime restano all’ordine del giorno.
Le pagine del documento dedicate ai crimini commessi dallo Stato Islamico sono ancora più fitte di dettagli e circostanze. I suoi autori si sono basati su 480 interviste e hanno fatto ricorso a vaste ricerche di archivio che testimoniano i quasi 200.000 morti in Siria denunciati dall’Onu negli ultimi tre anni, compresa la documentazione inquietante sul crescere delle esecuzioni pubbliche ad Aleppo e nella stessa Raqqa. I quattro autori del rapporto, presieduti dal diplomatico brasiliano Paulo Sérgio Pinheiro, affermano a chiare lettere che lo Stato Islamico si è inequivocabilmente macchiato di crimini contro l’umanità sia in Siria che in Iraq. «Questa è la continuazione, e sistematica espansione, degli attacchi su larga scala contro le popolazioni civili», scrive tra l’altro Pinheiro con ovvio riferimento alla recente tragedia delle popolazioni cristiane, yazide, sciite e turcomanne nell’Iraq settentrionale. Tra i capitoli più inquietanti c’è quello relativo ai bambini. Non solo i minorenni (maschi e femmine) rapiti in massa in Iraq, le bambine yazide sparite, ma anche i ragazzini di dieci anni inquadrati nei campi di addestramento assieme ai volontari islamici per formare i futuri battaglioni della «guerra santa». E, ancora, i bambini spinti a guardare e applaudire alle esecuzioni pubbliche, ai prigionieri colpiti da distanza ravvicinata, alle decapitazioni, alla violenza eletta a sistema e addirittura assurta a forma di spettacolo popolare. A detta dei giudici internazionali, le motivazioni per tanta brutalità sono evidenti: «Si vuole instillare terrore tra la popolazione per assicurare cieca obbedienza alla propria autorità». «In Siria trionfa l’impunità totale», dichiara Carla del Ponte, il giudice svizzero della Commissione che già in passato si è occupata di crimini di guerra. «Crimini sono perpetrati quotidianamente, da ogni parte, e nessuno si sta occupando delle responsabilità di questi delitti», aggiunge. Non c’è fine alla brutalità. Violenza chiama violenza. E l’impunità vige sovrana.
Lorenzo Cremonesi