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 2014  agosto 28 Giovedì calendario

ATTALI: «UN COLPO ALL’AMBIGUITA’ DI PARIGI VERSO LA UE»

«Con il nuovo governo Valls la Francia elimina soprattutto l’ambiguità sul suo atteggiamento nei confronti dell’Europa. Rispetto alle pose protezionistiche di Montebourg, il ministero dell’Economia affidato a Emmanuel Macron indica che il governo vuole mantenere gli impegni presi a livello europeo». L’economista e scrittore Jacques Attali, 70 anni, presidente di Planet Finance , ex consigliere di Mitterrand poi pronto ad accettare le richieste di consulenza sia di Nicolas Sarkozy che di François Hollande, è cautamente ottimista.
Il Valls II riuscirà a tirare fuori la Francia dall’immobilismo?
«Questo non posso dirlo, so solo che abbiamo pochissimo tempo, tre settimane. Il voto sulla legge finanziaria, previsto a fine settembre, sarà un momento fondamentale».
Che pensa dei nuovi ministri?
«Sono giovani e competenti e metteranno energia nell’amministrazione della cosa pubblica, da questo punto di vista la crisi di governo è stata un bene. La Francia vuole andare avanti nell’integrazione europea, la nuova squadra di governo mi sembra più coerente rispetto a questo obiettivo».
C’è un riallineamento della Francia sulla Germania? L’asse franco-tedesco esce rinforzato dall’addio di Montebourg che era molto critico nei confronti di Berlino?
«Io non vedo le cose in questo modo, Montebourg non era specialmente filo italiano né particolarmente anti tedesco, la costruzione europea è multipolare e non parlerei di alleanze speciali tra alcuni Paesi. Quanto alla Germania, non bisogna esserne ossessionati. La Francia resta una potenza politica, mentre la Germania non lo è. E anche Berlino comincia ad avere dei problemi quanto ai dati dell’economia. Resta il fatto che ora il governo mi pare dotato di una linea di politica economica più chiara. Montebourg si agitava molto ma non ho ancora sentito da lui proposte chiare e concrete».
C’è polemica a sinistra per la nomina di Macron, un ex banchiere di Rothschild. Lei che opinione ne ha?
«Era un mio collaboratore, relatore della commissione per la liberazione della crescita francese che io guidavo durante la presidenza Sarkozy. Anche Mario Monti era membro di quella commissione, sono certo che condivide il mio giudizio positivo su Macron. Ma la sostituzione delle persone non può significare un cambiamento reale della situazione e una soluzione immediata dei problemi».
Quali sono gli snodi fondamentali che la Francia deve affrontare?
«Per prima cosa la riduzione della spesa pubblica, la riforma dell’amministrazione dello Stato, quella della formazione professionale e una nuova politica degli alloggi. Queste sono le cose da fare subito, altrimenti il quinquennio di Hollande è finito. Tale è il nostro deficit che i nostri funzionari pubblici sono pagati a credito a partire dal 15 settembre, è una situazione spaventosa».
Martedì, il giorno stesso della formazione del nuovo governo, lei è stato ricevuto dal presidente François Hollande che le aveva commissionato un rapporto sulla francofonia. Quali sono le sue conclusioni?
«Nel mio rapporto sottolineo che il francese è parlato da 200 milioni di persone nel mondo, e siamo davanti a un bivio decisivo. Se non coltiviamo e non sviluppiamo l’insegnamento del francese nel mondo, quel numero è destinato a diminuire. Ho presentato una serie di proposte per rilanciare, al contrario, la francofonia soprattutto nel mondo degli affari. Se le riforme che ho raccomandato venissero attuate, le persone in grado di esprimersi e di comprendere il francese potrebbero salire fino a 750 milioni nel 2050, diventando un fattore importante di crescita economica. Sia per la Francia, sia per tutto il mondo francofono».
Uno dei temi di questi giorni è stata la contrapposizione tra una politica dell’offerta, sostenuta dal ministro delle Finanze Michel Sapin e dal presidente Hollande, e la politica della domanda raccomandata da Montebourg. Che cosa pensa di queste due linee?
«Mi sembra una spaccatura artificiale, che ha pochi legami con la realtà. Il dato vero è la grande ingiustizia sociale della società francese, ma non è una questione di offerta o di domanda. Nel mondo c’è una enorme domanda di beni che le nostre industrie non sono in grado di soddisfare».
Pochi giorni fa sul «Corriere» Letizia Moratti, che collabora con lei nel movimento per l’«economia positiva», ha criticato l’invito di Eurostat di includere nel calcolo del Pil le attività illegali come droga e prostituzione. Lei che ne pensa?
«Sono completamente d’accordo con Letizia Moratti, è un’aberrazione. Non è così che si camuffano le difficoltà delle nostre economie. Lo avevo pronosticato nel mio libro “Breve storia del futuro”, l’economia criminale sta invadendo il mondo. È uno scandalo».
S. Mon.