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 2014  agosto 27 Mercoledì calendario

“CON SI MANGIA, ECCOME: LA BELLEZZA È VALORE”

[Intervista a Nicola Giuliano Il produttore di Sorrentino] –
Napoletano, ex rugbista, Nicola Giuliano, 48 anni, da 15 alla guida della Indigo Film con Francesca Cima e Carlotta Calori, è uno dei produttori più attivi, audaci e appassionati del momento. Il suo talento è stato consacrato dall’Oscar a La grande bellezza di Paolo Sorrentino a cui è legato da un rapporto di complicità e fiducia che parte da L’uomo in più, 2001, e arriva a LaGiovinezza, da poco ultimato a Londra con Michael Caine e Harvey Keitel. Giuliano lancia in questi giorni un altro esordiente da tenere d’occhio, il 33enne Piero Messina, che dirige Juliette Binoche ne L’Attesa, storia siciliana dell’incontro-scontro tra una madre e la fidanzata del figlio che aspettano il ritorno del ragazzo per la Pasqua. E se una complicata e divertente relazione fra Margherita Buy e Sabrina Ferilli sarà al centro di Io e lei, nuova commedia di Maria Sole Tognazzi targata Indigo, uscirà invece a Natale Il ragazzo invisibile di Gabriele Salvatores, fantasy con super eroe adolescente dove la vita di un tredicenne diventa avventurosa quando una mattina lo specchio gli rivela il dono o la condanna di essere invisibile.
Com’è nato il sodalizio con Paolo Sorrentino?
Paolo è un genio, un grande scrittore e un grande regista. Nel 1995 aveva 24 anni, ci siamo conosciuti sul set de Il Verificatore di Stefano Incerti: da quel momento abbiamo sempre lavorato insieme.
Che cosa guida le sue scelte da produttore?
Il mio mestiere è quello di un imprenditore atipico perché ha a che fare con un oggetto delicato, sospeso fra arte e mercato, per cui non deve solo trovare i soldi o investirli. Un progetto va sviluppato con il regista sul versante tecnico, artistico e economico in un confronto dialettico che parte dalla sceneggiatura e arriva al montaggio e alla distribuzione. Quando leggo una storia che parla a cervello, cuore e pancia e penso possa diventare il film che andrei a vedere come spettatore allora mi butto. Quelli che abbiamo realizzato li amo tutti, con i pregi e difetti, non fosse altro per la passione e la cura messi nel realizzarli. L’ambizione è che durino nel tempo, il banco di prova più difficile.
Come valuta la situazione produttiva?
Bernardo di Chartres diceva: “Noi ci solleviamo sulle spalle dei giganti”. A chi ha fatto film in Italia negli ultimi anni è stato sempre opposto l’impietoso confronto con i vari Fellini, Flaiano, Mastroianni: invece erano loro, questi meravigliosi e inconsapevoli giganti, a pesare sulle nostre spalle. Credo sia giunto finalmente il momento di fare il nostro cinema, in modo indipendente dalle richieste di un mercato angusto che aspira a replicare formule alchemiche di successi veri o presunti. Con libertà espressiva totale, senza complessi di inferiorità verso il passato, capace di affrontare i generi e nuove forme di racconto, come fecero Leone e Argento.
Il nostro cinema ultimamente si impone all’estero e riconquista quote di mercato.
Vero, ma oggi il denaro pubblico e quello televisivo, prosciugati dalla crisi, non bastano a sostenere la produzione e realizzare un film richiede miracoli. Dieci o quindici anni fa, quando le risorse abbondavano, il cinema italiano era meno forte: la crisi ha effettuato una sorta di “selezione naturale”.
Che cosa dovrebbe fare lo Stato?
È un discorso lungo, ma provo a sintetizzare: politica culturale per l’audiovisivo articolata su scuola e tv; liberalizzazione del mercato: genererebbe concorrenza e innovazione rispetto all’attuale oligopolio che tende al ristagno; banda larga nel Paese per attuare la rivoluzione digitale, lotta alla pirateria, settore in cui siamo tragicamente al secondo posto dopo la Cina; rivoluzione del sistema distributivo: in Francia il costo medio di un film è oltre il doppio del nostro, ma le spese per promuoverlo la metà; riapertura di sale moderne e confortevoli nel centro delle città. Ma la grande emergenza nazionale è l’analfabetizzazione di ritorno, causa prima del declino.
“Con la cultura non si mangia” è solo un’espressione infelice?
Sì, una frase seppellita dalla realtà, da ricordare con un sorriso ironico. Cultura e qualità generano bellezza che è un valore, anche economico. Cinema e audiovisivo vanno riconosciuti espressione dell’identità nazionale, una sintesi fra la Vespa e la Montalcini, Armani e Italo Calvino, Parmigiano Reggiano e Federica Pellegrini. Con l’Oscar abbiamo avvertito intorno a noi un sano e collettivo amor proprio, l’orgoglio di un Paese depresso ma sempre pieno di creatività e talento che hanno solo bisogno del terreno per attecchire e dare frutti. I risultati si ottengono col tempo. Per chiudere con William Blake: “Non raccogliamo ciò che non seminammo”.
Fabrizio Corallo, il Fatto Quotidiano 27/8/2014