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 2014  agosto 27 Mercoledì calendario

IL MARTINI DI BUGNO “BIGLIETTI E ORAZIONI COSÌ PAPÀ ALFREDO MI DIEDE I MONDIALI”

[Intervista a Gianni Bugno] –
Scriveva, Alfredo, «aveva un calligrafia perfetta, un’agenda che era un computer, tu fai questo, tu fai questo, tu tiri, tu scatti lì, la corsa era tutta nella sua testa». Parlava, ammoniva, «era un oratore impeccabile, non ho mai visto nessuno parlare così. Era come ascoltare un prete in chiesa, all’improvviso chi doveva tacere taceva, chi doveva ascoltare ascoltava, e lui guardava in faccia tutti, uno per uno». Gianni Bugno ha vissuto con Alfredo Martini vigilie, attese, ritiri, alberghi, strade, km. Undici Mondiali.
«Undici, cioè tantissimi».
Cioè sempre.
«Sono passato professionista nel 1985, dall’86 al ‘97 in nazionale ci sono sempre stato. Sempre con lui. In quella corsa strana, un po’ matta, e anche assurda che è il Mondiale di ciclismo».
Dove per un giorno si è tutti amici e dal giorno dopo, per altri 364, avversari.
«Dove si indossa una maglia pesantissima che va onorata, sudata, rispettata. Dove si è l’Italia. Dove se vinci, vinci il mondo».
Lei, Bugno, il mondo l’ha vinto due volte. “Colpa” d’Alfredo , rintanato là dietro, in ammiraglia.
«La prima volta a Stoccarda, quella volata che ho rivisto cento volte. Prima della gara Alfredo ci riunisce, un foglietto per ognuno, un percorso strano, complicato. La corsa, lui lo sa, sarà così».
(Stoccarda ’91, un gruppetto davanti, Mejia, Rooks, Indurain e Bugno. Adriano De Zan sgrana i nomi come un rosario, fa un caldo blu).
Di quel giorno si ricorda la sua esultanza, e quasi Rooks che le finisce davanti, e Vittorio Adorni che in televisione urla “Bugno, Bugno, Bugno”. Qual era il piano di Martini?
«Alfredo mi disse “risparmia il più possibile”, poi “stai coperto”, e poi “è il momento”. Non ho mai visto nessuno leggere le corse in quel modo».
Sul foglietto, quel giorno, cosa c’era scritto?
«Ciò che poi è successo».
L’iride arrivò un anno dopo il disastro di Utsonomiya, quando Fondriest, Chiappucci e Bugno misero insieme un inutile 3° posto, suo.
«Ci sono ct che scelgono un capitano e gli costruiscono la squadra intorno. Alfredo non era così: lui selezionava i migliori italiani, tutti, nessuno escluso, potenzialmente 13 capitani. Poi lavorava di diplomazia. L’unica voce in ritiro era la sua. E noi, quasi contro la nostra natura, diventavamo una squadra».
A Benidorm, poi, nel ’92, Bugno torna campione del mondo dopo una pessima stagione.
«Caldo, un gruppo folto, un percorso lineare, senza strappi, all’arrivo siamo in troppi. Perini mi si avvicina e mi dice “che cazzo fai Gianni, vieni a ruota che ti faccio vincere il Mondiale”. E Perini durante l’anno era gregario di Chiappucci».
(La volata, Bugno e Jalabert, poi solo Bugno. Alla fine Martini spunta dall’ammiraglia e inizia una sorta di comizio, parla del valore della squadra, loda Argentin, loda Perini, loda Cenghialta che ha corso con un polso dolorante).
Quello fu il capolavoro del Martini ct?
«Sicuro, non ho più visto una squadra più unita, più forte, più perfetta. Quel giorno davvero non sbagliammo nulla». (Martini che scende dall’auto e soffia una boccata di fumo sul viso del telecronista della Rai. Poi alza il dito, solenne, come il Platone di Raffaello. Parla, nessuno osa fermarlo).
“Colpa” d’Alfredo se il ciclismo è stato quella cosa bella e cara. E ora Alfredo è morto e noi moriamo di nostalgia.
«Era un uomo profondissimo, che aveva l’esperienza della strada, e quella la spargeva con i suoi racconti, “sapete, quella volta Coppi”, “un giorno Magni” eccetera, e noi ascoltavamo, con la pelle d’oca».
Cosa resta, cosa ricorderemo, cosa non potremo dimenticare di Alfredo?
«La sua autorevolezza, la sua immensa gentilezza. Se ne va un testimone e un padre. Se ne va un galantuomo».
Cosimo Cito, la Repubblica 27/8/2014