Maurizio Porro, Corriere della Sera 27/8/2014, 27 agosto 2014
UN DOPPIO INCONTRO CON BILLY WILDER
Paghi uno e prendi due. Possiamo consigliare un raro doppio programma dello stesso regista? È di Billy Wilder, il più grande di tutti, allievo di Lubitsch, titolare dei più memorabili plus valori del cine mercato, amico di Marilyn, Audrey e Gloria (Swanson), sostenitore della coppia comica Lemmon-Matthau, imbattuta. E autore di A qualcuno piace caldo : nessuno sarà perfetto ma lui si avvicina molto.
I film in programma sono commedie perfette: Prima pagina è del ‘74 e fu il terzo remake (non l’ultimo) di un acido testo teatrale (recitato in Italia da Monica Vitti) del ‘28 di Ben Hecht e Charles McArthur sul mondo del giornalismo d’assalto che Hollywood ha bersagliato spesso (ancora di Wilder L’asso nella manica e tanti altri). Racconta un fatto di cronaca politica che a Chicago mette di fronte un reporter coi fiocchi e il suo sadico direttore che gli impedisce di sposarsi e avere una vita fuori dal giornale.
Sceneggiato con il fedele I.A.L. Diamond senza perdere un’occasione, una battuta, una sfumatura, una psicologia (gli eredi di Freud non fanno bella figura), il film è una miniera di trovate, velenoso su un mestiere che Wilder conosceva bene: i giornalisti sono sadici e i politici sono idioti e lestofanti, non siamo messi bene.
Un capolavoro grazie anche alla sintonia dei protagonisti: il reporter Lemmon, con gli occhi acciaccati, si riprende il ruolo maschile che Hawks aveva dato a Rosalind Russell insieme a Cary Grant nella Signora del venerdì , il primo remake. L’altro titolo, sempre scritto da Diamond, è Arianna con cui il regista tentò nel ‘57 il bis di Sabrina sempre con miss Hepburn alle prese con una relazione edipica com’era nel suo destino cine sentimentale, passando dal matusa Humphrey Bogart al matusa Gary Cooper che nella sua camera al Ritz offre, a lei ragazzina ingenua della Parigi in bianco e nero, figlia dell’investigatore Maurice Chevalier, l’orchestrina tzigana che suona «Fascination». E finale classico col treno che parte, con camei per la moglie di Wilder e il portentoso scenografo Alexandre Trauner. Anche qui un miracolo di architettura dialogica e humour: Wilder amava Parigi almeno quanto Minnelli e Woody Allen e questa di Arianna fu l’occasione per dimostrarlo pubblicamente.