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 2014  agosto 27 Mercoledì calendario

BIANCHI MINORANZA NELLE SCUOLE USA

I bianchi diventano minoranza: succederà per la prima volta nelle scuole pubbliche americane nel prossimo anno scolastico. È soprattutto una conseguenza della rapida crescita della popolazione ispanica, e in misura minore di quella asiatica, mentre quella afroamericana si è mantenuta stabile. Oggi sono bianchi solo il 49,7% dei 50 milioni di iscritti nelle scuole statali (mentre lo erano il 63,4% nel 1997) e il numero è destinato a ridursi per via del basso numero medio di figli per donna. È una tendenza che rispecchia la più ampia situazione demografica negli Stati Uniti: si stima che il 2043 sarà l’anno in cui i bianchi diventeranno minoranza nel Paese.
All’indomani dei funerali di Michael Brown, il diciottenne nero ucciso da un poliziotto bianco in Missouri, questi dati fanno riflettere sul futuro di un’America sempre più multicolore, dove però le tensioni razziali non si sono affatto spente. Le scuole infatti non rispecchiano la diversità crescente degli Stati Uniti: anzi, cinquant’anni dopo il Civil Rights Act (che la dichiarò illegale) la segregazione razziale sui banchi di scuola sembra essere rimasta una realtà in diverse zone del Paese. Non si tratta di un problema soltanto nel Sud. In città come New York, Washington e Philadelphia, uno su sei studenti afroamericani viene istruito in scuole dove il 99% non è bianco, sostiene uno studio dell’Università della California riportato dal Times . Il dipartimento dell’Istruzione valuta che i bambini afroamericani e ispanici abbiano un accesso più ridotto a corsi avanzati di matematica e scienze; ed è inoltre più probabile che i loro insegnanti siano freschi di laurea. La tendenza è opposta nelle scuole private, dove secondo il Pew Research Center, c’è un numero molto alto di iscritti bianchi: vengono scelte da una famiglia bianca su dieci. Obama e la first lady Michelle hanno sottolineato di recente che il «lungo cammino per eliminare il razzismo in tutte le sue forme» non è finito, e che l’istruzione è una delle strade principali.
Prima di assistere al funerale di Michael Brown, l’altro ieri a St. Louis, anche il reverendo Jesse Jackson rifletteva che «education matters», l’istruzione è più che mai importante, ma nella comunità afroamericana «i ragazzi devono superare un campo minato per arrivarci». In fila per entrare in chiesa, Patrick Green, il sindaco afroamericano di Normandy, città adiacente a Ferguson e sede del college dove Michael si era iscritto, spiegava che uno dei motivi per cui ci sono pochi agenti di polizia neri nell’intera contea di St. Louis è che «bisogna iscriversi all’Accademia, ed è a pagamento». «Una delle cose eccezionali dell’America è il melting pot di culture, ma se i giovani non crescono insieme è più difficile combattere i pregiudizi», dice al Corriere Benjamin Crump, l’avvocato diventato noto per aver seguito il caso di Brown e, due anni fa, quello di Trayvon Martin. Eppure a Ferguson è successo proprio l’opposto: Brown e il poliziotto Darren Wilson sono due giovani cresciuti nella stessa contea ma in comunità separate. È una storia iniziata nel XX secolo, quando i neri cominciarono a trasferirsi a St. Louis, città di passaggio nella migrazione verso le fabbriche di Detroit e di Chicago. Allora i bianchi si trasferirono nei sobborghi della contea di St. Louis, incluso Ferguson. Attraverso una serie di regolamenti — com’è accaduto in altre parti del Paese — i leader locali e gli agenti immobiliari fecero in modo che i neri ne restassero fuori. Ma negli anni Settanta le barriere cominciarono a saltare: la popolazione nera di Ferguson (e di altre città della contea) cominciò a crescere e, dopo tensioni con i nuovi vicini, molti bianchi si spostarono ancora più lontano dal centro. Così oggi Ferguson ha una popolazione per due terzi nera (anche se la struttura di potere è rimasta in mano a bianchi). L’istruzione è stata un campo di battaglia: negli Anni 70 in risposta alle disuguaglianze nelle scuole pubbliche, fu avviato un programma contro la segregazione che continua ancora oggi: i ragazzini soprattutto afroamericani vengono portati in autobus nelle scuole dei sobborghi bianchi. Al governatore (bianco, democratico) Jay Nixon la popolazione afroamericana non ha mai perdonato di aver tentato, undici anni fa, di sospendere quel programma sostenendo che «non ce n’era più bisogno». Ancora oggi, diversi genitori di Ferguson che cercano di trasferire i figli in scuole in distretti a prevalenza bianca incontrano resistenze. Nel nuovo anno scolastico, i banchi di scuola sono lo specchio di un’America sempre più «diversa», ma che non ha superato la paura dell’altro.
Viviana Mazza