l’Espresso 22/8/2014, 22 agosto 2014
VERMEER E L’ENCEFALO
Una pala alta cinque metri e larga poco meno di tre, quasi 13 metri quadrati di arte purissima. Autore: Tiziano. È il Martirio di San Lorenzo, grandiosa opera pittorica dove il santo arso sulla graticola è incorniciato dalle luci delle fiaccole e da quella divina, che emergono potenti dallo sfondo notturno. Un dipinto che suscita emozioni contrastanti nello spettatore: paura, compassione, ribrezzo, ammirazione. Su questo capolavoro cinquecentesco si è concentrato l’esperimento di BrainSigns, spin off della Sapienza di Roma guidato da Fabio Babiloni, docente di Fisiologia e di Ingegneria nell’ateneo. «Il nostro obiettivo», spiega Babiloni, «era capire come reagisce il cervello degli spettatori davanti a un’opera d’arte in condizioni reali, cioè al di fuori dell’atmosfera dei laboratori». I ricercatori hanno chiesto a quaranta volontari di indossare una calotta con elettrodi per misurare l’attività dell’encefalo durante l’esposizione del dipinto alle Scuderie del Quirinale, e di altre opere nel corso della rassegna su Johannes Vermeer. «Il cervello mostra un’attività maggiore, reagisce di più, quando l’individuo osserva un ritratto, un volto. Viceversa mostra una attività minore davanti a opere astratte, paesaggi, dipinti a sfondo religioso». Forti di questa esperienza, i ricercatori si sono spinti oltre. Hanno riprodotto l’esperimento in 3D, cioè davanti a una scultura: il Mosè di Michelangelo, conservato nella Basilica di San Pietro in Vincoli a Roma. Una statua alta e imponente che raffigura il profeta seduto, il viso corrucciato rivolto a sinistra, lo sguardo truce a rimproverare il suo popolo. «Ci interessava capire se - potendo osservare un intero corpo umano da diverse angolature, i risultati ottenuti con i dipinti sarebbero stati replicati», continua il ricercatore. In effetti, incrociando lo sguardo di Mosé, l’attività cerebrale dei volontari risultava nettamente maggiore.