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 2014  agosto 26 Martedì calendario

EROI E ANTIEROI, DA ACTARUS A GANDAL

«Mangia libri di cibernetica, insalate di matematica, e a giocar su Marte va... Ma chi è?». La risposta a questa sigla musicale è Atlas Ufo Robot, meglio noto come Goldrake, comparso sulla Rete 2 Rai a partire dal 4 aprile 1978.
Era l’inizio ufficiale dell’«invasione» degli schermi televisivi italiani da parte dei robot giganti di marca giapponese, contro la quale doveva reagire con la determinazione di un samurai Silverio Corvisieri, parlamentare di Democrazia Proletaria, che all’epoca si era scagliato contro «l’orgia della violenza annientatrice, il culto della delega al grande combattente, la religione delle macchine elettroniche, il rifiuto viscerale del “diverso”(chi viene da altri pianeti è sempre un nemico odioso...)», che stando a lui dominavano in quel disegno animato. Retrospettivamente, il nostro protettore dell’integrità degli spettatori più piccini avrebbe insistito sull’aspetto antieducativo di «una figura che non chiamava gli altri a collaborare, a decidere insieme. Quindi era antidemocratico e violentissimo».
Ma lasciamo perdere l’ideologia della partecipazione coatta (perché mai si dovrebbe sempre «decidere insieme»?), circa una serie televisiva che non era più «violenta» di Tom e Jerry. Il punto più interessante ci pare invece la fusione tra mito e «cibernetica», tra epica e meccanica. Ed è Goldrake il vero «diverso»: un congegno alieno, pilotato da Actarus, principe esule da un pianeta distrutto, che si tramuta — come aveva intuito Gianni Rodari — in una sorta di nuovo Ercole al servizio di giustizia e libertà su questa Terra. E Venusia, all’origine graziosa contadinella giapponese, non esita — come non poche eroine del West americano — a innamorarsi dell’eroe e a partecipare alle sue battaglie; ferita gravemente, si salverà grazie a una trasfusione di sangue alieno e, calata in un mezzo da combattimento costruito appositamente per lei (il Delfino spaziale), darà un contributo decisivo alla battaglia finale contro i nemici al servizio dell’impero di Vega.
Ma se è il sangue di Actarus a guarire la ragazza, è la macchina Goldrake a salvarla da un abisso in cui lei rischia di precipitare. Goldrake, più che vero e proprio automa, è un sofisticato mezzo di trasporto e di combattimento che per lanciarsi «tra le stelle» ha bisogno di un conducente in carne e ossa. Cantava la sigla che «un cuore umano ha»; o meglio un cervello, cioè quello del pilota, col quale però il macchinario stabilisce un rapporto di simbiosi, al punto che si rivela capace di gioia e dolore.
La saga mostra la profonda relazione che si viene instaurando tra esseri «umani» (sia del nostro pianeta sia extraterrestri), animali e macchine. Il suo creatore, Go Nagai, è affascinato dalla geometria di forme al tempo stesso semplici ed eleganti, che possono avere le sembianze di spiriti animali e vegetali, ma anche di congegni artificiali che gareggiano con le creature viventi. La sua è una rappresentazione efficace di quella che oggi chiamiamo, da Umberto Eco a Edoardo Boncinelli, «la bellezza delle macchine». E al contrario di non pochi filosofi di sventura, la tecnica non appare qui una maledizione (ma nemmeno è sempre una benedizione, come vorrebbe invece qualche positivista); piuttosto, diventa una protesi dell’intelligenza, in un contesto che potrebbe ricordarci la pittura di un Mondrian rivista all’orientale. Tutto dipende da come i vari personaggi, persino il duro comandante delle armate di Vega — il generale Gandal, che è contemporaneamente maschio e femmina, avendo letteralmente introiettato la propria moglie! —, si dispongono a utilizzarla.
Il buon impiego della tecnologia anche militare, nelle intenzioni di Nagai, resta difensivo; il Giappone ha già sperimentato sulla propria pelle l’impiego di un’arma «definitiva» nell’agosto del 1945 (ma i giapponesi non dovrebbero dimenticare quel che era successo qualche anno prima a Pearl Harbor). Anche nella serie di Goldrake la minaccia incombe dal cielo, impersonata da un nemico alla spietata ricerca di spazio vitale. Benché vengano da regioni remote del cosmo, non potrebbero questi nuovi demoni rappresentare forze che si scontrano nella psiche umana, sospesa tra bene e male?
Un artista come Nagai ha poi tradotto in un manga (edito anche da noi) la Divina Commedia, mescolando alla tradizione illustrativa di Gustave Doré figure tipiche di quella nipponica. Ha rifatto il viaggio del poeta toscano fino al paradisiaco incontro con la Divinità; ma ammonisce che Lucifero «tornerà in veste di drago, e sfiderà i popoli alla battaglia decisiva».
Possiamo scommettere che anche allora Actarus, Goldrake e Venusia ci saranno!
Giulio Giorello