Roberto Giardina, ItaliaOggi 26/8/2014, 26 agosto 2014
FAN PROFESSIONISTI, A PAGAMENTO
da Berlino
Il mestiere, o il trucco, è antico, ma i tedeschi come al solito lo hanno perfezionato. La claque a teatro o all’opera è sempre esistita. Un applauso sapiente al momento opportuno può trasformare uno spettacolo a rischio di fallimento in un successo. Il pubblico degli show televisivi che applaude a comando quando si accende una luce invisibile agli spettatori a casa loro è un’altra cosa. È tutta una claque che obbedisce come un gregge in cambio dell’ingresso nello studio tv o del buffet.
Il vero claqueur è invece a suo modo un artista: deve intuire l’istante giusto per applaudire, e non si deve far scoprire dal pubblico normale.
Altrimenti l’effetto sarebbe negativo. Credo che quasi sempre la claque classica lavori senza compenso, basta il biglietto gratuito. Di claque al contrario si ricorda quella di Donna Franca Florio. Il marito Ignazio aveva fatto costruire il Massimo a Palermo per invitare le belle cantanti. La moglie le faceva crudelmente fischiare, e le poverine restavano sgomente.
Niente a che vedere con la professionalità teutonica di «Rent-a-fan», la società che affitta applausi per ogni evento. L’idea venne a Monika Bernhard Brendel quando vide che gli stadi durante i Mondiali in Corea e in Giappone erano tristemente vuoti. Perché non far entrare fan gratis? Nel 2010, durante i Mondiali in Sudafrica, i tifosi coreani che applaudivano la loro squadra erano in realtà «attori» cinesi.
Il primo «fan» fu ingaggiato nel 2006, oggi quelli registrati dalla società sono 12.500. Ci si può iscrivere online, specificando dove si abita, il sesso, il colore della pelle e dei capelli, l’altezza, e anche la stazza. Non si danno spiegazioni, sospetto che una signora abbondante che applauda a una sfilata di moda possa risultare controproducente. La paga si aggira tra i 12 e i 20 euro all’ora, ben sopra al minimo di 8,50 euro, e l’impegno può andare da 30 minuti a tutta la giornata. A che evento si partecipa viene comunicato solo sul posto, a evitare pericolose indiscrezioni. E i fan vengono controllati dai quattro dirigenti della società che partecipano sempre allo spettacolo, per motivare i pigri o i distratti.
L’anno scorso, la Rent-a-fan ha partecipato a 62 spettacoli o altri appuntamenti ingaggiando 3 mila claque, da conferenze stampa ad assemblee di azionisti. Un pubblico entusiasta riesce a motivare anche i giornalisti, che dovrebbero essere sempre scettici per dovere professionale. Il giro d’affari è stato di 150 mila euro, e i costi arrivano ai due terzi. In genere, spiega Frau Monika, «è il manager di un gruppo musicale, o l’amministratore di un teatro a chiamarci, gli artisti sono all’oscuro, e sono sempre convinti che gli applausi siano autentici».
Di recente, i fan professionisti vengono ingaggiati anche da catene di negozi al momento dell’inizio dei saldi: clienti entusiasti spingono agli acquisti.
Il cliente più strano è stato un musicista di strada: gli applausi di finti passanti hanno indotto gli astanti a essere più generosi con le loro offerte. Dopo cinque minuti, racconta, intorno a lui si era raccolta una piccola folla, e in un’ora ha raccolto una settantina di euro, coprendo le spese per i fan a pagamento. Il problema, spiegano i dirigenti della società, è che si parla poco di loro: i fan a pagamento si vergognano un poco e non raccontano agli amici la loro esperienza, e per la Rent-a-fan è difficile trovare nuovi iscritti e nuovi clienti. E hanno dei limiti: non vogliono partecipare ai funerali dove, in Germania come in Italia, si applaudono i discorsi funebri. Tanto meno sono disposti ad assumere fan che piangano a comando. Le prefiche rimangano al Sud.
Roberto Giardina, ItaliaOggi 26/8/2014