Marco Bertoncini, ItaliaOggi 26/8/2014, 26 agosto 2014
DI BATTISTA NON PORTA CONSENSI
Qualche sondaggio l’avrebbe già rilevato, ma la sensazione è diffusa fra gli analisti politici: il M5S in questo mese ha perso simpatie. Nessun tracollo, beninteso: la conquista di più di un quarto fra i votanti (alle politiche) e il risultato di oltre un quinto (alle europee) sembrano per ora inattaccabili.
Però è un fatto che le uscite di Alessandro Di Battista e qualche estemporanea battuta di questo o quell’esponente hanno corroso l’immagine grillina.
All’origine dell’arretramento di simpatie sta il principio eternamente ripetuto dai pentastellati: uno vale uno. Proprio perché ciascun esponente ha identica dignità, identico peso, identico rispetto dell’altro, è evidente che vige nel movimento la più ampia libertà di espressione, col risultato che qualsiasi estemporanea coglionata acquisisce identico rilievo di qualsivoglia profonda riflessione. È però altrettanto evidente come questa condizione di eguaglianza generale incontri sempre più insofferenze nel movimento.
Riaffiorano periodicamente, e si sono fatte notare soprattutto nelle ultime settimane, tendenze che altrove si direbbero correntizie, anche con il tentativo d’imporre qualche primato interno.
Ci si riferisce, in particolare, all’emergere della figura di Luigi Di Maio, ossia il parlamentare che occupa la maggiore carica nelle istituzioni per conto dei cinquestelle, come vicepresidente della Camera. Sia nel suo ruolo (di fatto, anche se formalmente non riconosciuto e, anzi, talora osteggiato dai colleghi di partito) di capodelegazione alle fallite trattative col Pd, sia con ripetute dichiarazioni alla stampa (la quale ha contribuito a crearne un ruolo improprio, quasi di numero due dopo la coppia Grillo-Casaleggio), Di Maio ha sempre cercato di stare in linea con i mutevoli, troppo mutevoli, orientamenti dell’ex comico, ma al tempo stesso di presentarsi come fautore di un grillismo responsabile, se così vogliamo definirlo. Trattativista convinto, il vicepresidente grillino di Montecitorio punta a fornire un’immagine tranquillizzante per certa parte degli elettori, all’evidenza scossi da fenomeni come le provocazioni di «Dibba». Vuole attestare che il M5S è produttivo e non solo protestatario.
Per ora, sempre in virtù dell’uno vale uno, le sortite di Di Battista equivalgono alle iniziative di Di Maio; anzi, per gli ovvi effetti mediatici, le prime acquisiscono larga prevalenza sulle seconde. C’è, tuttavia, da capire fin quando l’anarchismo congenito (con totale sottomissione alla coppia di vertice, però) continuerà a imporsi e se, invece, a un certo momento il M5S si avvii verso una sorta di regolarizzazione dei rapporti interni. E anche, va detto, verso una qualche unità di linea politica, essendo finora mancata ogni strategia.
Marco Bertoncini, ItaliaOggi 26/8/2014