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 2014  agosto 26 Martedì calendario

QUATTRO MILIARDI DAL MINI-SPREAD

Una minor spesa per interessi, legata all’effetto spread, di 4 miliardi. È quella che conta di utilizzare il governo nella legge di stabilità, ovvero l’equivalente della "correzione" dei conti necessaria per la minor crescita del Pil.
Su questa equivalenza di cifre si giocherà parte della partita sulla "stabilità" da 20-22 miliardi. Che ieri è stata subito al centro del primo incontro dopo la pausa estiva dal premier Matteo Renzi e il ministro Pier Carlo Padoan insieme agli altri dossier economici, a cominciare dal decreto sbocca Italia in agenda il prossimo Consiglio dei ministri, alla definizione dell’Agenda dei "mille giorni", oltre che alla strategia per il prossimo vertice europeo. Il Governo sta valutando la possibilità di compensare, magari indirettamente, la correzione necessaria per rimanere sotto il tetto del 3% di deficit con il dividendo da effetto spread, che si è rivelato più basso di quasi 100 punti rispetto alle prime stime dell’esecutivo Letta. Un’operazione tecnicamente non scontata visto che, sulla base dei parametri contabili Ue, il dividendo dalla minor spesa per interessi può essere utilizzato per abbattere il debito ma non per rientrare nei limiti di deficit. Ma il governo, anche alla luce delle forzature contabili già registrate a livello europeo, cercherà di far pesare l’equivalenza tra le due "voci".
La situazione sarà nuovamente valutata nei prossimi giorni. Al momento l’asticella della legge di stabilità oscilla tra i 20 e i 22 miliardi, "correzione" compresa. Almeno 13 miliardi arriveranno dalla "fase 2" della spending review alla quale ieri ha ricominciato a lavorare il commissario Carlo Cottarelli, che presto dovrebbe incontrare Renzi. Questi 13 miliardi andranno ad aggiungersi ai circa 3 miliardi di tagli strutturali già scattati con il decreto Irpef (con cui è stato appunto attivato un fondo taglia tasse da 2,7 miliardi). Complessivamente, dunque, per il 2015 i tagli arriverebbero a quota 16-17 miliardi come indicato nell’ultimo Def, da aggiornare ora il 1° ottobre con il nuovo modello di rilevazione del Pil che tiene conto anche degli effetti di alcune attività illegali. La nuova dote da 13 miliardi della spending sarà interamente utilizzata per rendere permanente il bonus da 80 euro (costo 10 miliardi) e per disinnescare la clausola ereditata dalla "stabilità" targata Letta-Saccomanni che prevede aumenti fiscali per 3 miliardi in assenza di corrispondenti tagli di spesa.
Oltre ai risparmi da spending ci sono i 4 miliardi di minor spesa per interessi sul debito con cui il Governo compenserebbe la correzione per rimanere sotto il 3% di deficit. A questi 17 miliardi se ne aggiungerebbero poi 4,5-5 con cui fronteggiare le cosiddette spese indifferibili (rifinanziamento Cig, missioni di pace, contratti Anas e Fs), di cui 1-1,5 miliardi di maggiore Iva dai pagamenti dei debiti arretrati della Pa e dall’ecobonus e 2,5-3 di maggiori entrate dalla lotta all’evasione. In tutto 21-22 miliardi che dovrebbero corrispondere alla portata della prossima "stabilità". Che sarà accompagnata dalla potatura delle tax expenditure con cui il Governo, attuando la delega fiscale, punta a sfoltire la giungla degli sconti possibilmente riequilibrandoli. Su questo fronte resta in piedi l’ipotesi di parametrare le agevolazioni agli scaglioni Irpef. L’operazione si annuncia a invarianza di gettito.
Le cifre della prossima "stabilità", naturalmente, sono ancora ballerine. L’impalcatura contabile potrà essere considerata definitiva solo il 1° ottobre con l’aggiornamento del Def che metterà nero su bianco il nuovo quadro macroeconomico. Ma a Palazzo Chigi ci sono già alcune certezze. Circa due terzi delle risorse dovranno arrivare dalla spending senza intaccare il welfare. Renzi ha già detto a chiare lettere che le pensioni non si toccano. E tutto il Pd spinge per mantenere inalterati gli attuali livelli di welfare.
La sanità potrebbe essere il solo settore a subire nuove restrizioni ma facendo leva sulla nuova operazione in cantiere sugli acquisti di beni e servizi della Pa, senza quindi intaccare il Patto per la salute. Dalla nuova stretta sulle forniture il Governo conta di recuperare almeno 4-5 miliardi (6-7 con gli immobili pubblici) e almeno 5-600 milioni potrebbero arrivare dal versante sanitario. L’intervento sugli acquisti Pa si andrà ad amalgamare alle misure già previste dal decreto Irpef alle quali il Governo sta ora dando attuazione. È infatti pronto il decreto ministeriale che individua le caratteristiche essenziali dei beni acquistati dalla Pa e i relativi prezzi benchmark, sulla base dei quali (come prevede il decreto Irpef) potranno poi scattare i controlli.
Il compito primario della "spending 2" resta quello di assicurare la copertura per il bonus da 80 euro. Che anche nel 2015 non dovrebbe essere garantito a pensionati e incapienti, ma che, come conferma il viceministro all’Economia, Enrico Morando, potrebbe essere esteso «a quei lavoratori dipendenti che hanno un carico familiare pesante», ovvero con molti figli. In altre parole, un leggero allargamento del bacino senza attivare un vero meccanismo di quoziente familiare e con costi contenuti.
Marco Rogari, Il Sole 24 Ore 26/8/2014