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 2014  agosto 26 Martedì calendario

PER TAGLIARE I FONDI AI TERRORISTI RIVOLGERSI ALL’«AMICO» QATAR

Forse è normale che l’emiro del Qatar finanzi i peggiori tagliagole islamici dell’Isil, i più fanatici jihadisti della Libia, Hamas che ammazza i collaborazionisti di al Fatah a Gaza, e i fanatici Fratelli Musulmani egiziani. Forse è anche normale che il giovane emiro del Qatar Tamim Bin Hamad al Thani, che due anni fa ha buttato giù dal trono il padre Hamad Bin Khalifa al Thani, si compri mezza Europa (e mezza Italia) con il fondo sovrano del suo Paese che incassa di 150 miliardi di dollari l’anno dal petrolio. Ma quello che non è assolutamente normale è che nessuno in Italia e in Europa non diciamo gliela faccia pagare, ma almeno gli spieghi riservatamente che una politica corsara del genere non è accettata né nel Vecchio Continente, né in America. Invece, a iniziare da Barack Obama, per finire con Lady Ashton, nessuno fiata, e ci manca poco che non facciano un monumento al Qatar per avere mediato la liberazione del reporter americano Teohdor Peter Curtis rapito da uno dei gruppi notoriamente finanziati dalle sue casse: al Nusra, la sezione siriana di al Qaida. Naturalmente, non vi sono prove dei finanziamenti qatarioti all’Isil, ad al Nusra, ai Fratelli Musulmani egiziani, alle milizie di Misurata e anche ad Hamas. Ma il fatto è ormai certo e acclarato per parere unanime di tutti i servizi occidentali e arabi. Ma questo indegno silenzio europeo e americano sulla corsara politica del “doppio binario” del Qatar ha delle motivazioni ben peggiori dell’interesse materiale, che pure è enorme. Gli Usa non beneficiano di investimenti, ma affittano a Doha la più grande base militare fuori dai loro confini. Il fondo sovrano del Qatar ha investito in Europa 100 miliardi di dollari per acquisire quote di Credit Suisse e Barclays, i magazzini Harrods di Londra, il Paris Saint Germain, la catena di hotel Banyan Tree e innumerevoli altri acquisti immobiliari. La Qatar Investment Authority indirizza annualmente agli investimenti tra 40 e 50 miliardi di dollari. In Italia ha acquisito il 40% nel progetto Porta Nuova di Hines a Milano, ha acquistato la maison di moda Valentino, la Costa Smeralda - 650 milioni di euro - il Four Seasons di Firenze e il Gallia a Milano. Ma l’Europa e gli Stati Uniti non fiatano con l’emiro del Qatar per ragioni ben peggiori del tradizionale “non olet”. Tacciono per un mix tra viltà, stupidità e vista corta. Chi ha accettato senza fiatare per decenni che Gheddafi, Saddam Hussein e Boumedienne finanziassero i terroristi palestinesi che facevano stragi in Europa e tra le stesse file palestinesi. Chi ha considerato un grande leader e reso ogni onore a quel disgraziato di Yasser Arafat che ha trascinato il popolo palestinese nel baratro. Chi non protesta mai per la persecuzione dei cristiani e le violazioni dei diritti umani in Arabia Saudita, è talmente abituato a chinare la testa che non la sa rialzare. Anche a scapito di apparire ed essere codardo. Anche a scapito di aprire enormi spazi d’azione ad una piccola dinastia del Golfo che intreccia investimenti miliardari con una politica di intervento armato nei paesi arabi nel nome della più reazionaria e medioevale ideologia (il wahabismo, religione di Stato in Qatar come in Arabia Saudita). Naturalmente, sempre con un occhio ai propri interessi petroliferi (a Doha non dispiace che la Libia non esporti più petrolio) I tagliagole del Califfato hanno dunque le spalle ben coperte. Soprattutto non hanno da temere né che l’Occidente li combatta, né che li indebolisca imponendo ai loro “soci” qatarioti di tagliargli almeno i viveri.
Carlo Panella, Libero 26/8/2014