Franco Benchis, Libero 26/8/2014, 26 agosto 2014
IL SOTTOSEGRETARIO DI MATTEO IN PENSIONE A 50 ANNI
La domanda è stata fatta il 10 giugno scorso all’ufficio di presidenza del Consiglio regionale della Puglia. Un ex consigliere regionale, in carica dal 18 maggio 2005 al 14 marzo 2013, ha chiesto se aveva ancora diritto all’assegno vitalizio, nonostante l’abolizione dell’istituto per legge dal primo gennaio del 2013, e nel caso a quanto sarebbe ammontato. Il 4 agosto scorso è arrivata la risposta dell’ufficio di presidenza della Regione Puglia, il vendoliano Onofrio Introna. Ed è un sonoro «sì». L’ex consigliere aveva versato contributi per l’assegno vitalizio per 7 anni, 7 mesi e 12 giorni. Con 8 anni avrebbe diritto a ricevere una volta in possesso dei requisiti di età minima un vitalizio mensile lordo di 5.618,79 euro. Per raggiungere quella somma e non prendere di meno, dovrebbe versare alla Regione Puglia i contributi dei 4 mesi e 18 giorni che mancano agli 8 anni pieni. In tutto 10.934,99 euro. Un affarone, perché in meno di tre mesi di vitalizio la somma sarebbe recuperata, e poi l’assegno andrebbe avanti fino a quando l’ex consigliere sarà in vita. In caso di disgrazia, e pure di morte naturale, è reversibile parzialmente nei confronti dei familiari lasciati. Quella domanda è la numero 231 nel registro delle deliberazioni dell’ufficio di presidenza del Consiglio regionale della Puglia. Negli ultimi tre mesi prima della pausa estiva ne sono arrivate almeno una decina, tutte da parte di ex consiglieri regionali o di assessori tecnici della giunta regionale. Ma la domanda n. 231 è davvero speciale. Perché a farsi il calcolo per il proprio vitalizio è Massimo Cassano, ex consigliere regionale della Puglia, ma ora membro del governo di Matteo Renzi. Cassano, che milita nel Nuovo centro destra, è sottosegretario al Lavoro, proprio il ministero che si occupa delle pensioni degli italiani. Il presidente del Consiglio, Renzi, fin dal suo primo giorno ha tuonato contro i privilegi della casta, e ha puntato il dito proprio nei confronti dei vitalizi, che sono le pensioni privilegiate di chi è stato eletto in Parlamento o nei consigli regionali. Il premier sostiene di avere spazzato via tutti quei privilegi prima con la legge di abolizione delle Province, poi con quella riforma costituzionale che porterà in Senato anche i consiglieri regionali. E mentre Renzi predica il sottosegretario al Lavoro del suo governo apre le pratiche per ottenersi la sua baby pensione a vita non appena avrà l’età (quando avrà terminato la sua esperienza nell’esecutivo). Quanto meno grottesco. Il caso Cassano però squarcia un vero e proprio velo sulle pensioni della casta. Perché al di là delle belle parole e anche della raffica di leggi catoniane annunciate e in qualche caso approvate, per gran parte dell’Italia della politica quella pensioncina-bengodi a vita, assai superiore ai contributi versati, è ancora una realtà solida.
GLI ALTRI
La scorsa settimana - il 21 agosto - è andato in pensione l’ex consigliere della Regione Lazio Roberto Buonasorte (La destra), all’età di 50 anni. Questo sabato inizierà a decorrere la baby pensione di un altro cinquantenne: Nicola Illuzzi, ex consigliere regionale del Lazio nella lista Polverini, che ora fa l’odontoiatra. Fra il 2014 e il prossimo 2032 saranno ben 44 ancora gli ex consiglieri regionali del Lazio a potere andare in pensione a soli 50 anni, con assegni che variano fra 3 e 7 mila euro lordi a seconda delle legislature fatte. Fra loro ci sarà (fra 7 anni) anche un personaggio noto alle cronache giudiziarie come Franco Fiorito, a meno che le norme anti-corruzione lo impediscano. Nel Lazio si va ancora a 50 anni, ma non è che nelle altre Regioni e perfino nel Parlamento ci siano regole simili a quelle cui debbono attenersi gli altri italiani. Possono andare in pensione con il loro vitalizio a 55 anni gli ex consiglieri regionali di Puglia, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Campania, Calabria e Molise. A 60 anni in quasi tutte le altre, e nel Parlamento italiano (con la sola esclusione di Umbria e Piemonte. Questo significa che ancora per molti anni avremo un vero e proprio esercito di baby pensionati italiani provenienti dalle fila della politica. Come ha fatto Cassano, il sottosegretario del governo Renzi, si fanno già deliberare ufficialmente il loro diritto anche molto prima dell’occorrenza, in modo da avere un atto giuridico che li protegga quando a qualcuno scatterà la mosca al naso e proverà invano a fare finire questo vero e proprio scandalo.
DIRITTI ACQUISITI
Quando si tratta di loro, i politici hanno un un concetto di «diritto acquisito» molto diverso da quello usato quando si mette mano alle pensioni degli altri italiani. Nessuno, né Regioni, né Camera ha varato in questi anni una legge di abrogazione dei vitalizi e delle baby pensioni che riguardasse anche chi era in carica e quindi quelle norme doveva votare. Così sono diventati «diritti acquisiti» non quelli dei pensionati che già percepiscono l’assegno, ma anche quelli di chi in pensione ci deve ancora andare, magari fra 15 o 20 anni. Non si sono toccati i loro diritti. Nemmeno in Parlamento: deputati e senatori possono oggi andare in pensione con 5 soli anni di contributi a 65 anni. Se gli anni passati in Parlamento sono di più (e i contributi di conseguenza) con 6 anni possono andare in pensione a 64 anni, con 7 a 63 e così fino al limite di 60 anni. Ma se erano parlamentari fino al 31 dicembre 2011, sia deputati che senatori avranno due tipi di pensione: il ricco e generoso vitalizio calcolato fino a quella data, e il contributivo calcolato da quel giorno in poi.
Franco Benchis, Libero 26/8/2014