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 2014  agosto 26 Martedì calendario

LA STRANA ALLEANZA TRA BERLINO E MADRID

Si fa, ma non si dice. Proprio mentre i mercati tirano il fiato dopo il discorso di Draghi, che lascia intravedere la disponibilità della Bce ad una politica monetaria più espansiva, si riaccende in Europa la battaglia sui conti pubblici.
E IL presidente francese François Hollande si vede costretto a silurare il suo ministro dell’economia, Arnaud Montebourg, che si era lanciato in uno sproloquio contro «le assurde politiche di riduzione del deficit».
Potrebbe sembrare contraddittorio che, proprio nel momento in cui si predispone a una certa flessibilità per favorire la crescita, l’Europa riconfermi con tanta durezza il dogma del risanamento e del rigore, come hanno fatto ieri Angela Merkel e il premier spagnolo Rajoy nel corso di un vertice bilaterale che conferma l’allineamento della Spagna alla Germania in cambio della nomina dello spagnolo De Guindos alla testa dell’Eurogruppo. Ma la contraddizione è più apparente che reale.
In realtà anche la Germania sta accusando serie difficoltà nel mantenere i ritmi di crescita economica che ne avevano fatto la locomotiva del Continente. Il Pil tedesco del secondo trimestre ha segnato una flessione dello 0,2 per cento, e l’indice di fiducia delle imprese risulta in calo per il quarto mese consecutivo. La Merkel, con valide argomentazioni, attribuisce questo rallentamento alla crisi ucraina e alla prospettiva di una escalation di sanzioni con Mosca, che colpirebbero con particolare durezza l’economia tedesca. Ma ci devono essere preoccupazioni di ordine più strutturale che angosciano Berlino, se Draghi ha potuto ottenere un consenso preventivo anche da parte dei falchi della Bce alla sua promessa- richiesta di una politica più espansiva non solo in campo monetario ma anche sul fronte della governance dell’economia.
Perché allora tanta durezza nei confronti del ministro dell’economia francese, costretto alle dimissioni per aver denunciato il fallimento di una politica di austerity che tutti i governi si preparano, in qualche modo, a rimettere in discussione? Perché ieri, nell’incontro tra Merkel e Rajoy, i due premier si sono sentiti obbligati a confermare che «occorre continuare le politiche di consolidamento fiscale, deficit e debito pubblico devono avere livelli ragionevoli mentre vanno proseguite le riforme economiche strutturali»?
Il motivo è che, mentre si prepara a una inversione di rotta, che sarà avviata dal vertice di sabato prossimo, la dirigenza europea si preoccupa per una volta di trovare un linguaggio comune e soprattutto una strategia tesa ad impedire che le politiche di crescita si trasformino per certi governi in una nuova esplosione di spesa pubblica. Il sostegno che, con il consenso della Germania, la Bce sta dando al debito pubblico degli Stati europei, che in questi giorni viene piazzato a tassi straordinariamente favorevoli, non deve a nessun costo essere interpretato come un via libera ad una nuova corsa all’indebitamento.
La flessibilità nell’applicazione delle regole europee sui conti pubblici deve restare strettamente condizionata da una parte alla realizzazione delle riforme economiche necessarie a rilanciare la competitività, dall’altra ad una serie di tagli draconiani nella spesa pubblica improduttiva. Per questo motivo Hollande, che si è impegnato a tagli di spesa per cinquanta miliardi di euro, non può consentire che il suo ministro definisca «assurde » le politiche di riduzione del deficit. Solo a queste condizioni potrà ottenere che Bruxelles chiuda ancora una volta un occhio sullo sforamento degli obiettivi di riduzione del deficit e del debito francese. E solo a queste condizioni la Francia potrà, come ha fatto ieri, piazzare sui mercati il proprio debito pubblico a tassi bassissimi, addirittura negativi.
Anche per l’Italia il messaggio che arriva dal vertice Merkel-Rajoy e dal siluramento del ministro Montebourg è molto chiaro. Al vertice di sabato prossimo Matteo Renzi forse riuscirà a incassare la nomina di Federica Mogherini a “ministro degli esteri” europeo. E sicuramente vedrà confermata la sua richiesta di maggiore flessibilità da parte di Bruxelles nella valutazione dei conti pubblici. Ma dovrà portare prove concrete sia dell’impegno del governo italiano a varare le riforme che ci vengono richieste da anni, sia della volontà di tagliare quella parte di spesa pubblica che alimenta una burocrazia improduttiva. Dopo sei anni di insuccessi, la battaglia contro l’austerità può finalmente essere vinta. Ma alla sola condizione che non diventi una crociata ideologica dietro cui mascherare il ritorno del partito della spesa. La linea della Merkel, a cui si stanno adeguando sia la Francia sia la Spagna, è chiara: i vincoli del rigore possono essere allentati per non ostacolare la crescita. Ma a condizione che nessuno si sogni di rimettere in discussione lo spirito di Maastricht.
Andrea Bonanni, la Repubblica 26/8/2014