Stefano Arcobelli, La Gazzetta dello Sport 26/8/2014, 26 agosto 2014
GREG AL DI LA’ DEL MURO
Paltrinieri padrone d’Europa. Paltrinieri che guarda il mondo dall’alto (nei 1500) affacciandosi dalla cupola del Duomo. Nel centro di Berlino, a spasso con Letizia, Gregorio ripassa la emozioni di una settimana d’oro. Uno scatto d’obbligo? Con un pezzo di muro (vero) infranto, per sentire ancora calda l’emozione lunga 14’39”93 con cui Greg ha spezzato il suo personale muro (in piscina) irrompendo tra i primi 5 di sempre, più vicino al 14’31”02 del record del mondo di Sun Yang. Il flash di Checkpoint Charlie è un omaggio alla passione americana per l’Nba. Nel salto a Potsdamer Platz ripensa a una squadra che si ricompatta e dalla torre di Alexander Platz si lancia nel futuro. Non amava Berlino, ora lo riconoscono davanti alla Porta di Brandeburgo e al quartiere ebraico: «Alcuni turisti ci hanno chiesto l’autografo, erano orgogliosi di lui e la città ha cominciato a piacergli — racconta la fidanzata —. Io e lui ci aiutiamo, lui nel nuoto e io medicina. In questi due anni è cresciuto, prima era un po’ timido. Non si accontenta mai, vuole sempre di più , con semplicità e senza esagerare».
Gregorio, dal bronzo mondiale a re di Berlino.
«La mia storia comincia a Barcellona nel 2003: ero con mio padre ai Mondiali per vedere Thorpe, mi comprai il poster che c’è ancora sul mio letto. Mi dicevo: “M’impegnerò alla morte per diventare come lui”. Sono cresciuto con quei miti: Thorpe e Hackett».
Tra un paio di mesi sarà a Melbourne: chiederà consigli ad Hackett?
«Sarebbe bello incontrarlo, io vado in Australia non solo per nuotare, ma per capire come si allenano e vivono, la vicenda umana di Ian mi ha colpito ma non cambio idea su di lui».
A Ostia come si vive?
«Mi sta un po’ stretta, prima mi sentivo un ragazzino incatenato, adesso riesco ad andare a casa. Variare è necessario per me, mi aprirò al mondo: ma fino a Rio non cambierò».
A Berlino è nato un altro Paltrinieri?
«Medaglie chiamano medaglie, con quel tempone mi sono gasato. Non mi fermo, ho sempre fame».
È pronto alle alzatacce australiane?
«Sì, in acqua alle 4.45, sarà un prova in più per me ma non mi spaventa».
Lontano da Detti per scoprire cosa?
«I rapporti cambiano, ma non in peggio: resto un suo super amico e continueremo a prenderci in giro e a essere combattivi in acqua».
Sta cambiando anche il rapporto col tecnico Stefano Morini?
«Ora posso dare un’idea al Moro: se sono morto è inutile fare tre serie da 1500. Non faccio nulla per forza, ma mi fido ciecamente di lui, non è cambiato niente. E faccio allenamenti che pochi sopporterebbero, così come non sopporto perdere».
E lei il volto nuovo di un’Italia che eccelle nel mondo: saprà reggere la pressione?
«È un onore. Si fanno classifiche tra i vari Paesi, politica, economia, sport. La Germania ha Biedermann, ora i tedeschi diranno di noi: hanno nuotatori super forti. Ma per me è solo un punto di partenza».
Come reagirebbe di fronte a una crisi?
«A dicembre arrivai col primo tempo e fui ultimo: ci sta la controprestazione».
Che differenza c’è tra la generazione Pellegrini-Magnini e quella del ‘94-97?
«I vecchi accettano i giovani, che a loro volto non hanno timori. Non so come fosse Fede a 19 anni, io sono semplice, serio e competitivo. Filippo è diverso caratterialmente da me, ma sta facendo bene da capitano, anche con le sue battute. A volte noi atleti roviniamo le gare 20 giorni prima: arriviamo mentalmente sfatti sul blocco. E se non ci sono conflitti interni, va meglio per tutti».
Lei è troppo perfezionista?
«Mi piace occuparmi dei particolari. Sì, sono precisissimo».
Il complimento più bello ricevuto?
«A parte quelli importanti, da Renzi a Malagò, quelli di tante persone sconosciute: leggere “mi hai fatto tornare la voglia di nuotare dopo 2 anni, domani tornerò in piscina e mi sentirò come te” è qualcosa di gratificante».
Una cosa che non le è piaciuta qui?
«Gli 800 dopo i 1500: valgo molto meno».
Phelps cos’è per lei?
«Uno che ho incontrato all’antidoping a Londra e mi ha fatto i complimenti».
Oltre il nuoto chi vorrebbe conoscere?
«Magari Carmelo Anthony, l’anno scorso ero a New York ma ho trovato il Madison chiuso, ho parlato con Gallinari al telefono. Conosco tutti i giocatori Nba, uno per uno».
Sarebbe diventato Paltrinieri nel basket?
«Giocavo a tennis con papà, da piccolo volevo fare pure il tennista. Tiro certe botte... il mio riferimento è Nadal».
Un rito compiuto anche a Berlino?
«Scrivere il tempo e i passaggi: li ho azzeccati tutti nei 1500, di poco per gli 800. Poi ho ascoltato soltanto Chris Brown, ma mi piace Macklemore, il rap. Anche per la musica vado forte».