Elisabetta Rosaspina, il Corriere della Sera 24/8/2014, 24 agosto 2014
L’ULTIMO SEGRETO DELLA DONNA RASATA DI CHARTRES SETTANT’ANNI DOPO, RINTRACCIATA LA FIGLIA DELLA «SPIA DEI NAZI» NELLA FOTO DI CAPA
PARIGI — La donna della foto non piange. Stringe fra le braccia il suo bebè, il viso rivolto verso quello dell’infante. Lo guarda, come volesse proteggere la sua pace; e sembra indifferente all’uomo in divisa che, a pochi centimetri da lei, forse, la sta insultando. Come la folla, enorme ed eccitata, tutt’attorno. Un corteo di centinaia di persone comuni, donne, ragazzini, bambine, uomini, che la seguono e l’affiancano ridendo, vendicativi e sprezzanti, della sua marcia forzata. Della sua gogna.
La giovane donna con il neonato stretto al petto ha la testa rasata. Sulla fronte si notano dei segni: è stata marchiata, letteralmente, come un’infame. È il 16 agosto 1944 e, lungo quella strada gremita di Chartres, la donna incrocia — senza saperlo — uno dei più famosi fotografi al mondo, Robert Capa. Così, per supplemento di pena, diventerà anche lei celebre per sempre.
Capa ha immortalato quel giorno l’odio allo stato puro. Verso quella donna accusata, non del tutto a torto, di aver collaborato con i nazisti, ormai in rotta all’arrivo degli americani. Altre dieci «traditrici» erano state arrestate, come lei, quel giorno, rapate e poi condotte in prigione. La donna della foto aveva 23 anni, si chiamava Simone Touseau e aveva lavorato come interprete per i tedeschi, durante l’occupazione. Quel pargolo, dai folti capelli scuri, era l’inconsapevole prova di una «collaborazione orizzontale», come veniva trivialmente definito l’amore poco patriottico per qualcuno degli invasori. La sua identità è nota: Erich Göz, un ufficiale tedesco che, stando alla ricostruzione e alle testimonianze raccolte dallo storico Gérard Leray (autore con Philippe Frétigné di un libro sulla «rasata», La tondue 1944-1947 , edizioni Vendémiaire) era innamorato di Simone e intenzionato a sposarla. Ma la Storia li separò: lui fu inviato sul fronte russo, mentre Simone scontava 26 mesi di prigione.
Settant’anni dopo un reporter di Paris Match , Guillaume de Morant, l’ha ritrovata. Non lei, la ragazza della foto, morta da quasi cinquant’anni, divorata dall’alcol e dalla depressione. Ha ritrovato la figlia: era una bambina, si scopre ora, il lattante avvolto in quel fagotto tra le braccia di Simone. Si chiamava Catherine, e la madre ebbe appena il tempo di affidarla alla sorella, Annette, prima di entrare in carcere.
È stata un’altra foto a condurre il giornalista sulle tracce della bambina, oggi una pensionata di 70 anni che vive con il marito in un’imprecisata località di mare francese. E che non ha nessuna voglia di riaprire quel capitolo. L’ha sempre nascosto persino ai suoi figli, tuttora ignari che la ragazza della foto di Capa sia la loro nonna, e il bebè in braccio, la loro mamma. Catherine ha liquidato la curiosità di Guillaume de Morant assicurandogli di avere bruciato ogni ricordo della madre, foto e lettere.
Su Ebay, il reporter di Paris Match ha trovato una fotografia scattata proprio a Chartres un paio d’anni prima di quella di Robert Capa. Mostra nove donne sorridenti, nei loro cappottini, in mezzo a un centinaio di soldati in uniforme. La dedica in tedesco del comandante Ebmeier specifica che fu presa «in ricordo della nostra attività comune a Chartres, 1942». Una delle nove donne, tutte interpreti, era proprio Simone e, vicino a lei, Gérard Leray ha riconosciuto un’altra protagonista di quel periodo, Ella Meyer, madre di Erika e vera responsabile, quasi certamente, della «spiata» che aveva portato all’arresto di cinque vicini di Simone, poi deportati a Auschwitz. Sia Ella, ormai ultracentenaria, sia Erika vivono ancora, in Germania, con il peso di quella colpa che furono Simone (e Catherine) a pagare.
Elisabetta Rosaspina, il Corriere della Sera 24/8/2014