Gianni Clerici, la Repubblica 24/8/2014, 24 agosto 2014
QUELLO CHE I BIOGRAFI NON DICONO
Così, per comporre qualcosa che riguardasse Federer, non mi sono limitato a tutte le partite in cui, a partire dal Torneo di Milano 2001, Roger mi aveva incantato con i suoi gesti sublimi, non meno sublimi di un Nurejev o, per rimanere nel tennis, di un Hoad o di un Laver, che hanno vinto molto meno di Federer soltanto perché, ai loro tempi, ancora vigeva la distinzione di casta tra i signori dilettanti, che giocavano a Wimbledon, e i professionisti, che intascavano quattro dollari. Sono invece salito sullo sgabello della mia libreria, e ne ho tratto sei libri scritti su Federer. Di queste biografie avevo chiesto una volta a Roger, con cui non ho mai avuto l’onore di conversare, al di fuori delle pubbliche conferenze stampa, sempre in inglese, la lingua di sua mamma sudafricana. E Federer mi aveva risposto, a proposito di una di esse: «Più che leggerla, l’ho sfogliata. Non ho molto tempo». Simile risposta mi aveva causato qualche dubbio. Capivo che non si può più essere un campione se non si inizia ad allenarsi intorno ai quattro anni, e si continua, poi, dai dieci, a restare in campo cinque o sei ore al giorno. Mi dicevo tuttavia, delle due l’una: o la biografia doveva essere infedele o mal scritta, oppure la lettura non faceva parte delle abitudini del campione.
La biografia, del 2004, era stata scritta da un mio collega e amico, Roger Jaunin, del Journal de Genève che, per la verità, più che i tennisti ama i cavalli. Ma Roger è un buon giornalista, e la sua biografia meritava quantomeno un cenno, era preceduta da prefazione di Marc Rosset, l’unico tennista svizzero segnalatosi nella storia prima di Federer con la vittoria alle Olimpiadi di Barcellona; dalla quale si apprendeva che, non fosse stato tennista e fin troppo dedito alla playstation, Roger sarebbe divenuto un buonissimo sciatore, guarda caso per uno svizzero. Dal libro, venivo a sapere che Roger sarebbe stato anche un ottimo diplomatico: «Devo sempre dare di me l’immagine di qualcuno dabbene», affermava infatti dopo la vittoria a Wimbledon del 2003. La seconda delle biografie sarebbe stata composta da René Stauffer, altro amico del Tages Anzeiger, intitolata in Germania Il Genio del Tennis, e tradotta in inglese, come tutti i libri di interesse mondiale.
Dalle ben 252 pagine emerge nuovamente un aspetto, diciamo così, “ufficiale”, nel quale ammiriamo Roger nella sua attività di ambasciatore dell’Unicef, ma non solo tale. Infatti, sua mamma Linette diceva: «Il primato ha fatto di mio figlio un perfezionista. Prima non prendeva niente sul serio e era sempre in ritardo. Ora prende il suo ruolo con molta serietà».
Ma passiamo a Federer come esperienza religiosa, scritto dal famoso David Foster Wallace dopo ben una settimana passata a Wimbledon nel 2006. «Ci sono ben tre spiegazioni valide per l’ascesa di Federer», ci dice il Grande Scrittore mentre noi attendiamo in ginocchio. «La prima ha a che vedere col mistero e la metafisica, ed è, a mio avviso, la più vicina alla realtà. Le altre sono più tecniche, e funzionano meglio come giornalismo». Ricordo di essermi permesso di chiedere a quel Maestro se, dopo aver visto 50 volte il torneo di Wimbledon e scritto 20 libri, potessi ritenermi in grado di accedere all’illuminazione. Non capì.
Non meno misterioso I silenzi di Federer, del francese André Scala che, a proposito del Nostro Eroe, cita addirittura Epitteto.
«I bravi giocatori di palla, come gli attori e i saggi, giungono a fare questa cosa difficilissima: porre un’attenzione immensa in ciò che non dà pensiero, ciò che è indifferente». Mi pare a questo punto di poter sorvolare su altri due immortali testi: Quello che imparo da Federer, di Marc Aebersold, e Comment j’ai couché avec Roger Federer? ( che in italiano suona “Come sono finito a letto con Federer?”) di Philippe Roi. Temo che, da tutto quanto ho scritto, non emergano maggiori informazioni private sulla natura di un grande campione, e continuo a ritenere agiografie quelle che sono spacciate per biografie.
Federer, chi sarà costui?
Gianni Clerici, la Repubblica 24/8/2014