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 2014  agosto 24 Domenica calendario

LE SPERANZE PER UNA MALATTIA SUBDOLA DI CAUSA IGNOTA

(r.n.) Aderisco alla campagna delle donazioni per la ricerca contro la Sla e condivido lo spirito di sensibilizzazione non la secchiata di acqua ghiacciata fine a se stessa. Servono meno spot personali, più beneficenza, soprattutto risorse e leggi ad hoc per aiutare la ricerca. Mi hanno insegnato che le donazioni non si pubblicizzano, faccio un’eccezione questa volta perché chiamato in causa.
Perché proprio la Sclerosi laterale amiotrofica (Sla)?
Indiscutibilmente per la bravura di un malato tra i più impegnati negli Stati Uniti nella sensibilizzazione sociale per l’impatto sanitario dovuto a questa malattia: l’ex giocatore di baseball Pete Frate.
Nei giorni scorsi Frate è riuscito a infettare il pianeta digitale, prima che quello analogico, con la sfida della secchiata d’acqua ghiacciata. Comunque, la Sla è una malattia importante, trattandosi di un disturbo neurologico, il principale tra quelli che colpiscono i neuroni motori, senza speranza, che in Italia riguarda circa 3500 persone (5000 secondo le stime Aisla), con più o meno circa 1000 nuovo casi all’anno. La sua presenza nella popolazione, in ragione del miglioramento di cure e assistenza, è in aumento. Non se ne conoscono le cause. Solo il 10% dei casi risulta da fattori prevalentemente genetici, mentre per il resto vi sono delle predisposizioni genetiche che favoriscono degli effetti patogeni nella fisiologia dei neuroni motori di vari fattori ambientali. Probabilmente inquinanti o composti chimici naturali. O forse traumi, con i quali si cerca di spiegare l’apparente, ma controversa, maggiore frequenza della malattia tra chi fa attività sportive che comportano frequenti colpi alla testa. Descritta da uno dei maestri di Sigmund Freud, Jean-Martin Charcot negli anni 1869-74, la Sla colpisce i neuroni motori superiori e inferiori, si manifesta con crampi e indebolimento di muscoli, e – dall’esordio al decesso – lascia davvero poco tempo: in media tre-cinque anni, e rarissimamente più di sette-dieci. Un tempo scandito dalla progressiva perdita di ogni capacità motoria, che alla fine può produrre una condizione simile a quella dei "chiusi dentro". Una coscienza funzionante cementata in un corpo che vien fatto vegetare. Dato che non si conoscono le cause, c’è poco da aspettarsi dalle terapie. L’unico farmaco in uso dal 1995 è il Riluzolo, che costa 5 euro a compressa - per fortuna in Italia è interamente rimborsabile - ma che ha il solo effetto di ritardare di alcuni mesi il ricorso al respiratore artificiale. Ci sono alcuni altri farmaci allo studio, e la Food and Drug Administration ha recentemente autorizzato in due importanti centri ospedalieri statunitensi la sperimentazione clinica di cellule staminali mesenchimali prodotte da una company israeliana. Purtroppo queste sperimentazioni rispondono più a giochi politici che a serietà scientifica, perché senza capire la biologia della SLA non si troverà certo miracolosamente una cura. I modelli animali della malattia, che sono stati messi a punto in laboratorio per quanto riguarda le mutazioni genetiche chiaramente identificate, non sembrano molto usati per studiare, come sarebbe ben più importante, la patofisiologia della condizione. I finanziamenti federali negli Usa ammontano a circa 40 milioni di dollari per la Sla; di fatto con un taglio di 5 milioni dal 2012 al 2013, effettuato, come qualcuno ha fatto notare, proprio dagli stessi politici che si fanno ritrarre sotto una secchiata d’acqua ghicciata. Il fatto, come si diceva, che molti trattamenti di sostegno e palliativi migliorino le condizioni e quindi concorrano ad aumentare il numero di malati in vita sta facendo aumentare il numero dei malati, e quindi anche la forza complessiva delle loro richieste. Con vantaggi e rischi. La Sla è anche una delle condizioni che più spesso ha portato i malati e le loro associazioni a richiedere una legislazione civile sulle direttive anticipate di trattamento. Malato e morto di Sla era Luca Coscioni. Nei paesi del mondo dove valgono queste direttive sia chi vuole continuare a vivere, sia chi a un certo punto vuole decidere altrimenti, può farlo. In Italia questo non è possibile. Intanto è opportuno che si raccolgano fondi per la ricerca, in attesa che ci si renda conto che vanno investiti principalmente in ricerca di base e che comunque si abbia più normalmente presente che senza ricerca scientifica nessuna malattia rara può essere curata. Speriamo che questa attenzione serva anche a riaprire il triste capitolo della legge sulle direttive anticipate che in Italia aspettiamo da un paio di decenni ormai.
Gilberto Corbellini, Il Sole 24 Ore 24/8/2014