Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  agosto 24 Domenica calendario

ANCHE L’EGITTO NEL MIRINO DEL CALIFFO

È il 6 luglio quando il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, di fronte al Consiglio supremo del­la comunicazione, dichiara: «L’E­gitto sta affrontando una guerra». E cita aggressori interni ed esterni, chiedendo ai media nazionali di aiutarlo ad accresce­re «la consapevolezza della popolazione nei confronti dell’attuale pericolosa si­tuazione ». Al-Sisi chiama il diavolo con il suo nome: «Daaesh», acronimo arabo corrisponden­te all’anglofono Isis, Stato islamico di Iraq e Grande Siria. Così, diventa ufficiale per l’opinione pubblica la presenza dei segua­ci del califfo Abu Bakr al-Baghdadi in Egit­to e il loro tentativo di trasformarlo in un nuovo Iraq. Che i quattro cadaveri decapi­tati ritrovati mercoledì nel Sinai setten­trionale abbiano o no a che fare con i ta­gliatori di teste dell’Isis non è certo.
Forse, la nuova organizzazione sta sempli­cemente facendo scuo­la fra i jihadisti egizia­ni di Ansar Beit al-Ma­qdis, in cerca di un mo­dello politico. Tuttavia, mettendo in fila alcuni episodi di violenza anti-cristiana verificatisi nell’ultimo trien­nio, insieme a indiscrezioni di stampa, se­gnalazioni dei servizi segreti, pour parler di amici egiziani e palestinesi, l’Egitto pare concupito dal califfo al-Baghdadi da tem­po. Qualche flash-back. Poche settimane prima della Rivoluzione anti-Mubarak, sa­bato primo gennaio 2011, un ordigno e­splose davanti alla chiesa dei Santi, nel di­stretto Sidi Bishr di Alessandria d’Egitto. I fedeli assistevano alla Messa di capodan­no. Morirono nella deflagrazione 21 per­sone, altre due successivamente in ospe­dale. I feriti furono 97. Le agenzie di stam­pa parlarono di un’autobomba, la polizia di un «attentatore dai tratti mediorientali», di cui era stata ritrovata la testa. Una foto occupò la prima pagina dei giornali.
Poi, la smentita, forse per non dare visibi­lità a un movimento in ascesa, legato ad Osama Benladen e conosciuto come al-Qaeda in Iraq (Aqi, attraverso vari passag­gi, è diventato l’odierno Isis), che non ri­vendicò quell’episodio specifico, ma ave­va contribuito, nelle settimane preceden­ti, a prepararlo. Responsabile dell’attenta­to alla chiesa di Nostra Signora della sal­vezza a Baghdad (ottobre 2010), Aqi aveva appena dichiarato tutti i cristiani in Medio Oriente «obiettivi legittimi». Quanto all’E­gitto, specificamente, l’organizzazione a­veva puntato il dito contro le donne mu­sulmane convertite al Cristianesimo e «im­prigionate nei mona­steri copti». Infine, la diffusione in rete di u­na lista di obiettivi egi­ziani da colpire, fra cui appunto la Chiesa dei Santi di Alessandria. Appena al di là del confine gazawi, qual­cosa di nuovo stava accadendo. «Si vedo­no in giro facce strane, gente di fuori, e­saltati », raccontava a inizio 2010 un ami­co gazawi. Attraverso i tunnel con l’Egitto, miliziani mediorientali stavano entran­do nella Striscia di Gaza. Approfittando della debolezza del regime di Hosni Mu­barak, ormai al capolinea, jihadisti stra­nieri mettevano base nelle montagne del Sinai, facendo parlare di sé: gli estremisti islamici – era l’allarme della comunità copta – simulano crocifissioni di cristia­ni, minacciano mutilazioni, dichiarano la regione terra musulmana. La Fratellanza, andata al potere all’inizio del 2012, non intervenne adeguatamente, strizzando l’occhio ai compagni di governo salafiti.
Adesso, però, l’emergenza Daaesh è un affare di tutti gli egiziani: secondo fonti del quotidiano al-Masry el-Youm, sono già tremila gli egiziani arruolatisi fra le fi­le dei miliziani in Iraq e Siria. Il loro nu­mero è in costante aumento. Di più. Nel­le moschee del Cairo e di Alessandria pre­dicano sheikh di orientamento salafita che ostentano simpatie per i Daaesh e ne parlano apertamente nella khutba del venerdì, sfidando le disposizioni del mi­nistero degli Affari religiosi che invece ha bandito dal pulpito tutti gli affiliati dei movimenti al-Nour e Daua salafia. All’inizio del 2014, gli Ansar di stanza nel Sinai hanno rivendicato la propria affi­liazione a Isis. Tweet derubricati dalle autorità come posticci. E ora tutti da ri­leggere.