Federica Zoja, Avvenire 24/8/2014, 24 agosto 2014
ANCHE L’EGITTO NEL MIRINO DEL CALIFFO
È il 6 luglio quando il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, di fronte al Consiglio supremo della comunicazione, dichiara: «L’Egitto sta affrontando una guerra». E cita aggressori interni ed esterni, chiedendo ai media nazionali di aiutarlo ad accrescere «la consapevolezza della popolazione nei confronti dell’attuale pericolosa situazione ». Al-Sisi chiama il diavolo con il suo nome: «Daaesh», acronimo arabo corrispondente all’anglofono Isis, Stato islamico di Iraq e Grande Siria. Così, diventa ufficiale per l’opinione pubblica la presenza dei seguaci del califfo Abu Bakr al-Baghdadi in Egitto e il loro tentativo di trasformarlo in un nuovo Iraq. Che i quattro cadaveri decapitati ritrovati mercoledì nel Sinai settentrionale abbiano o no a che fare con i tagliatori di teste dell’Isis non è certo.
Forse, la nuova organizzazione sta semplicemente facendo scuola fra i jihadisti egiziani di Ansar Beit al-Maqdis, in cerca di un modello politico. Tuttavia, mettendo in fila alcuni episodi di violenza anti-cristiana verificatisi nell’ultimo triennio, insieme a indiscrezioni di stampa, segnalazioni dei servizi segreti, pour parler di amici egiziani e palestinesi, l’Egitto pare concupito dal califfo al-Baghdadi da tempo. Qualche flash-back. Poche settimane prima della Rivoluzione anti-Mubarak, sabato primo gennaio 2011, un ordigno esplose davanti alla chiesa dei Santi, nel distretto Sidi Bishr di Alessandria d’Egitto. I fedeli assistevano alla Messa di capodanno. Morirono nella deflagrazione 21 persone, altre due successivamente in ospedale. I feriti furono 97. Le agenzie di stampa parlarono di un’autobomba, la polizia di un «attentatore dai tratti mediorientali», di cui era stata ritrovata la testa. Una foto occupò la prima pagina dei giornali.
Poi, la smentita, forse per non dare visibilità a un movimento in ascesa, legato ad Osama Benladen e conosciuto come al-Qaeda in Iraq (Aqi, attraverso vari passaggi, è diventato l’odierno Isis), che non rivendicò quell’episodio specifico, ma aveva contribuito, nelle settimane precedenti, a prepararlo. Responsabile dell’attentato alla chiesa di Nostra Signora della salvezza a Baghdad (ottobre 2010), Aqi aveva appena dichiarato tutti i cristiani in Medio Oriente «obiettivi legittimi». Quanto all’Egitto, specificamente, l’organizzazione aveva puntato il dito contro le donne musulmane convertite al Cristianesimo e «imprigionate nei monasteri copti». Infine, la diffusione in rete di una lista di obiettivi egiziani da colpire, fra cui appunto la Chiesa dei Santi di Alessandria. Appena al di là del confine gazawi, qualcosa di nuovo stava accadendo. «Si vedono in giro facce strane, gente di fuori, esaltati », raccontava a inizio 2010 un amico gazawi. Attraverso i tunnel con l’Egitto, miliziani mediorientali stavano entrando nella Striscia di Gaza. Approfittando della debolezza del regime di Hosni Mubarak, ormai al capolinea, jihadisti stranieri mettevano base nelle montagne del Sinai, facendo parlare di sé: gli estremisti islamici – era l’allarme della comunità copta – simulano crocifissioni di cristiani, minacciano mutilazioni, dichiarano la regione terra musulmana. La Fratellanza, andata al potere all’inizio del 2012, non intervenne adeguatamente, strizzando l’occhio ai compagni di governo salafiti.
Adesso, però, l’emergenza Daaesh è un affare di tutti gli egiziani: secondo fonti del quotidiano al-Masry el-Youm, sono già tremila gli egiziani arruolatisi fra le file dei miliziani in Iraq e Siria. Il loro numero è in costante aumento. Di più. Nelle moschee del Cairo e di Alessandria predicano sheikh di orientamento salafita che ostentano simpatie per i Daaesh e ne parlano apertamente nella khutba del venerdì, sfidando le disposizioni del ministero degli Affari religiosi che invece ha bandito dal pulpito tutti gli affiliati dei movimenti al-Nour e Daua salafia. All’inizio del 2014, gli Ansar di stanza nel Sinai hanno rivendicato la propria affiliazione a Isis. Tweet derubricati dalle autorità come posticci. E ora tutti da rileggere.