Alessio Da Ronch, La Gazzetta dello Sport 24/8/2014, 24 agosto 2014
13 ANNI DI PALOMBO
Come sulle montagne russe. Tredici anni di calcio su e giù, con il fiato sospeso. Angelo Palombo esordì in Coppa Italia il 24 ottobre 2001, con la Fiorentina, contro il Como. Lo stesso avversario che si ritroverà di fronte stasera. Fallimenti, retrocessioni, ma anche imprese europee e convocazioni azzurre. Un’avventura dentro il calcio italiano, che cambiava e cadeva, da rivivere. Palombo partiamo dal Como.
«Giocai fantasista, dietro la punta, che ricordi belli».
Ma subito arrivò il fallimento viola.
«Lì è cambiato il calcio. I bonus per le società erano finiti, non è stato più concesso margine di errore, anche se ho sempre avuto l’impressione che i viola avessero pagato per tutti».
In panchina c’era Mancini.
«È stato fortunato a partire dalla Fiorentina e bravo a sfruttare l’occasione. Da calciatore era due giocate davanti agli altri. E da tecnico pure. Con i giovani aveva l’occhio lungo e sapeva allenare. Lo ha dimostrato».
Curiosamente lei non è mai stato comprato da nessuno.
«È vero, c’è stato il fallimento viola, poi il prestito all’Inter. Qualche richiesta l’ho avuta, ma rifarei tutto, anche se a un certo punto ho dovuto cambiare per forza».
Lei finì esodato.
«Un malanno del calcio di oggi. Penso che sarebbe meglio mettere un giocatore in vetrina, piuttosto che lasciarlo a casa e non farlo allenare. Guardate Piovaccari: ha giocato a Cadice e ha subito trovato sistemazione. Il discorso è generale: in Italia il rispetto delle regole va a momenti. Ma basterebbe poco: partendo dalle cose che troppo spesso snobbiamo, potremmo risollevarci».
I campioni che hanno segnato i suoi 13 anni?
«Pazzini, Flachi, Cassano ma anche Morfeo, un grandissimo talento».
Sprecato, come FantAntonio.
«Certi giocatori dovrebbero essere gestiti in un modo diverso. Credo che ogni gruppo accetterebbe trattamenti particolari per quelli che ti fanno vincere le partite. L’invidia non c’è. In campo siamo insieme, ci diamo una mano. Se poi, per vincere, una cosa la deve fare lui, che problema c’è? Alla fine in Champions ci andiamo tutti, mica solo lui».
Intanto anche Balotelli se ne va.
«Quando le cose vanno male cerchiamo sempre il capro espiatorio. Lo fa la stampa ma lo fanno anche le società. Se un gavettone lo faccio io ridiamo, se lo fa Balotelli è una testa di c... Mario è un ragazzo, tutto lì».
Torniamo a lei, è partito da Cecchi Gori ed è arrivato a Ferrero?
«Davvero, è tutto un intreccio da cinema. Nel calcio, come nella vita, le novità vengono accolte con scetticismo. Un imprenditore che prende la Sampdoria, non può farlo per guadagnarci. Lui ha costruito una bella squadra e ha un entusiasmo contagioso. Quando parla della Samp sprizza felicità. Ho conosciuto Cecchi Gori in un periodo di decadimento, di entusiasmo ce n’era poco. Impossibile fare paragoni».
Il momento indimenticabile?
«Avrei dato lo stipendio di un anno per non retrocedere. Ho vissuto quel momento come un fallimento personale. Ti senti sconfitto e deluso. È una bastonata tremenda».
E dopo?
«Non è semplice ma certe cose negative possono essere trasformate in positive. Magari una retrocessione può servire a fare tabula rasa e ripartire. Dovremmo vivere le difficoltà in modo diverso: se non hai nulla da nascondere non ti devi preoccupare».
L’allenatore preferito?
«Sarò banale ma ho preso qualcosa da tutti. Con Ferrara ero fuori rosa, ma vedendolo lavorare ho colto alcune cose anche da lui. Servono più le esperienze negative, che ti aprono gli occhi, di quelle positive che ti fanno dare tutto per scontato».
E Mihajlovic?
«Uno dei più bravi. È chiaro, schietto. Credo che l’esperienza in nazionale lo abbia arricchito: ha un punto di vista europeo, intensità e ritmo in primo piano e spazio ai giovani».
Soriano è l’uomo del momento.
«È un giovane che si è sempre preso responsabilità, è forte e maturo, ma ne arrivano altri, penso a Fornasier e Salamon: hanno un futuro importante davanti e un allenatore che non guarda in faccia a nessuno: se hai 15 o 35 anni non importa, qui se sei bravo giochi».
Ricorda anche che quella sfida con il Como finì 0-2?
«Stavolta non andrà così. Quella era una Fiorentina in difficoltà, questa è una Samp che guarda avanti, che vuole alzare l’asticella delle prestazioni e della classifica. Siamo più forti, più consapevoli dei nostri mezzi».