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 2014  agosto 22 Venerdì calendario

I «PICCHI» CHE IN USA FANNO SUONARE L’ALLARME BOLLA


Il 1929, il 1999 e il 2007 sono tre anni che gli investitori dovrebbero tenere bene a mente perché hanno preceduto i peggiori crack borsistici della storia di Wall Street (manca all’appello solo il 1987). E dovrebbero tenerli a mente soprattutto alla luce di quanto scritto recentemente dal premio Nobel Robert Shiller che in un articolo sul New York Times ha lanciato un nuovo «allarme bolla» sul mercato azionario americano. Un allarme che suona attuale dopo il nuovo massimo storico registrato proprio ieri dall’indice S&P 500. Ma anche piuttosto sinistro dato che Shiller fa un chiaro parallelo tra la situazione attuale e quella dei citati anni «pre-crack».
Prima di addentrarci nelle ragioni della rievocazione storica dell’economista urge una premessa per i non addetti ai lavori. In Borsa come si capisce se il prezzo è giusto? Il metodo più comune è quello di ricorrere ai cosiddetti "multipli". Si calcola cioè il rapporto tra la capitalizzazione di Borsa di una società (o di un indice) e alcune voci chiave di bilancio (utili, fatturato, patrimonio ecc.). Ne risultano una serie di indicatori che gli investitori usano come termometro per valutare se la temperatura di un titolo è troppo elevata (per cui bisogna vendere) o troppo bassa (le azioni sono a sconto e potrebbero salire). Il più noto di questi è sicuramente il P/E che sta per price/earnings ossia prezzo su utili. Uno degli inconvenienti di questo multiplo è che in fasi di recessione o espansione dell’economia rischia di fornire un’immagine falsata del valore delle azioni.
Facciamo un esempio: a maggio 2009 il P/E della Borsa americana toccò il suo record storico a 123 punti. Questo successe non perché i prezzi erano troppo alti (Wall Street era reduce dal crack di Lehman Brothers) ma perché gli utili, cioè la voce al denominatore, si erano azzerati o quasi.
Per evitare le distorsioni legate alle oscillazioni del ciclo economico Shiller, insieme ad altri, ha elaborato un proprio indicatore: il cosiddetto Cape Ratio o Shiller P/E ratio che è calcolato depurato dall’inflazione utilizzando, invece che gli utili degli ultimi 12 mesi, i profitti annui medi degli ultimi 10 anni.
Ebbene, ai corsi attuali, lo Shiller P/E ratio dell’indice S&P 500 si attesta oltre la soglia dei 26 punti. Un livello che non solo è superiore del 57% alla media storica (16,6) ma che, è l’allarme lanciato dall’economista, è stato superato solo poche volte nella storia dell’indice S&P 500: nel 1929, anno dello storico crack che diede inizio alla "Grande Depressione"; nel 1999 alla vigilia dello scoppio della bolla internet che ha fatto bruciare all’indice Nasdaq il 70% in un biennio; e a metà degli anni 2000 (2004 e 2007) quando la crisi dei mutui subprime stava montando per arrivare a deflagrare a fine 2008 con il collasso della banca Lehman Brothers.