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 2014  agosto 22 Venerdì calendario

LA CORDA TESA DI YELLEN E DRAGHI


Sotto la fioritura di dati economici deludenti e di errori di previsione in Europa così come negli Stati Uniti ci sono radici forse più profonde di quanto si creda. I banchieri centrali che si confrontano oggi a Jackson Hole in Wyoming, dovranno prendere in considerazione infatti cambiamenti nell’economia e nella società che sfidano il quadro concettuale a cui tutti ci affidiamo da decenni. Proprio i responsabili della politica monetaria, per definizione autonomi dalla politica nelle loro decisioni, e impegnati a gestire crisi quasi intrattabili, si trovano oggi all’intersezione di interrogativi politici di dimensione paragonabile a quelli dell’Ottocento, quando i temi della giustizia sociale, della democrazia e del benessere generalizzato divennero cruciali.
Si tratta dei temi della «stagnazione secolare», riscoperti da Lawrence Summers nel novembre scorso, o dell’ingiustizia intrinseca, espressa da Thomas Picketty nel suo lavoro sul capitale. In entrambe le analisi su sistemi economici con bassa crescita e distribuzione non equa del reddito gioca un ruolo determinante il livello dei tassi di interesse reali. Proprio la variabile che entra direttamente nelle funzioni e nelle scelte – per definizione politicamente neutrali – dei banchieri centrali.
La pressione su Janet Yellen e Mario Draghi sarà dunque formidabile. Anche a Jackson Hole si farà sentire il timore che le economie avanzate vivano una fase inedita di stagnazione prolungata, in cui l’eccesso di risparmi rispetto agli investimenti richieda, per ritrovare la piena occupazione, un livello negativo dei tassi d’interesse reali, qualunque ne siano le conseguenze di lungo periodo. Nonostante la crescita, infatti, la quota di americani che partecipa al mondo del lavoro è in continuo declino e la tenuta della società ne è infiacchita. L’euro area invece ha smesso di crescere e le previsioni vengono di nuovo riviste al ribasso. La debolezza delle economie alimenta i problemi di iniqua distribuzione delle risorse, condizionata anch’essa dal livello dei tassi d’interesse e dal suo rapporto col tasso di crescita dell’economia.


Non è un’epoca facile per essere banchieri centrali, devono governare gravi problemi ciclici delle economie e al tempo stesso - manovrando i tassi - prendere decisioni che hanno portata strutturale sul benessere e sull’equità. Yellen e Draghi sono ormai abituati a camminare su una corda tesa. Ma a Jackson Hole dovranno darne dimostrazione dal vivo: l’amara delusione degli ultimi dati sull’economia porta gli europei ad augurarsi che il dollaro si rafforzi senza però procurare una fuga di investimenti dai paesi più fragili dell’euro area.
Come si capisce, il confine tra successo e fallimento è sottile. Ancora una volta per i banchieri centrali si tratta di una sfida politica: dipenderà dalla capacità dei due governatori di coordinare le loro risposte alle divergenze economiche di Europa e Usa, anziché rispondere ognuno in modo isolato cercando il consenso dei propri interlocutori politici. Le pressioni per un allentamento della politica monetaria sono ovviamente più forti per Draghi. Condizioni eccezionali come quelle europee richiedono politiche monetarie tutt’altro che convenzionali, ma la risposta ai dubbi più generali sulla stagnazione non può venire dalle banche centrali.
Sullo sfondo ci sono problemi che sovrastano la politica monetaria: l’invecchiamento della popolazione, i dubbi sulla portata delle future innovazioni tecnologiche, la minore capacità di inclusione delle economie aperte. La soluzione a questi problemi è aumentare il livello di crescita potenziale delle economie e migliorare le politiche sociali. E le risposte spettano ai governi: accrescere l’istruzione dei cittadini; investire in infrastrutture tecnologiche; rimuovere le barriere per la mobilità dei lavoratori verso le imprese migliori; ridurre le rendite nei servizi; facilitare la nascita delle nuove imprese. Sono quelle che chiamiamo riforme strutturali, che migliorano l’impiego dei fattori produttivi e al tempo stesso incentivano gli investimenti. Di fronte a sfide di dimensione secolare le responsabilità sono politiche e questo è anche quello che chiederebbe qualsiasi semplice cittadino.