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 2014  agosto 22 Venerdì calendario

MESHAAL IL POLITICO, DEIF L’ATTORE LA LISTA DI NEMICI «DA ELIMINARE»


Lo chiamano Deif, l’ospite. Da decenni Israele lo insegue, ma lui continua a mettersi in salvo trovando ospitalità da un villaggio all’altro della Striscia. Il suo vero nome è però Mohammed Diab. «È un camaleonte. Cambia aspetto per mimetizzarsi e non farsi trovare» dice al Messaggero un militante della Striscia, raccontando che Deif, capo delle Brigate Ezzedin Al Qassem, il braccio armato di Hamas, è un ex attore che ancora oggi recita il ruolo del fuggitivo. Israele gli ha teso l’ultima trappola mercoledì scorso. Anche se Fox News lo ha dato per morto una volta per tutte, giovedì gli unici funerali che si sono celebrati sono stati quelli della moglie e della figlia, vittime del raid israeliano che per l’ennesima volta sembra aver mancato il suo vero target.
Da quando lo stato ebraico lo ha rilasciato dal carcere dove lo aveva confinato nel 1990, Deif hapreso il posto di Yahya Ayash, ucciso dagli israeliani con un cellullare imbottito di esplosivo. Da quel momento ha iniziato a progettare a tavolino i più sanguinosi attentati suicidi contro autobus e ristoranti israeliani del decennio scorso. La caccia che Israele ha continuato a dargli gli ha tolto un occhio e lo ha costretto su una sedia a rotelle. «Dettagli che lo rendono ancora più leggendario» scrive il Jerusalem Post.
IL VERTICE POLITICO
Il suo stile di vita frugale è in contrasto con quello di Khaled Meshaal, il leader politico di Hamas che vive in esilio. Ha spostato i suoi uffici tra Giordania, Siria e Qatar, dove ora vive in un albergo a cinque stelle. Questo non ha impedito però a Israele di dargli la caccia. Nel ’97, i servizi segreti hanno cercato di avvenarlo mentre era ad Amman. Volevano colpirlo con del veleno contenuto in lattine di coca cola, ma riuscirono a versarglielo solo su un orecchio.
Meeshal non è l’unico uomo ai vertici di Hamas a vivere lontano da Gaza. Saleh Al-Arouri, l’uomo accusato di aver ordinato il rapimento dei tre giovani coloni israeliani che ha accesso la miccia del conflitto in corso, sarebbe in Turchia. Per questo quando a giugno Israele ha bombardato casa sua in Cisgiordania non l’avrebbe colpito.
Moussa Abu Marzouq, un altro stratega di Hamas, è invece al Cairo, dove cerca di tessere la tela dei rapporti e delle mediazioni tra Egitto-Gaza e i servizi segreti israeliani. È l’unico uomo di Hamas a risiedere in Egitto dopo la stretta repressiva dei militari nei confronti degli islamisti. «Una pedina indispensabile per tutti che difficilmente sarà toccata» si lascia scappare un diplomatico egiziano.
Nell’ala politica di Hamas, Abu Marzouq è secondo solo a Ismail Haniyeh, uomo che nel 2006, quando Hamas vinse le elezioni, formò un esecutivo con Fatah, il paritito rivale palestinese che ha il potere sulla Cisgiordania. La coalizione ebbe vita breve e Haniyeh restò al controllo solo della Striscia. A fine luglio, un missile diretto sul suo palazzo – nel campo profughi di Shati - l’ha ridotto in pezzi, ma Haniyeh non è rimasto tra i detriti.
LA MORTE DI AL JABARI
La caccia ai leader politici e militari di Hamas non è nulla di nuovo. La storia del conflitto tra Israele e il movimento islamista palestinese è marcata da una serie di omicidi mirati. Basta pensare all’assassinio di Ahmed Al Jabari, leader del braccio armato di Hamas ucciso nell’esplosione della sua auto il 14 novembre 2012, giorno in cui Israele iniziò l’operazione Colonna di Difesa sulla Striscia. Anche Salah Shehata, - ex collaboratore di Deif - fu ucciso nel 2002 «in un attentato molto simile a quello di mercoledì» dice un fonte vicina ad Hamas che preferisce mantenere l’anonimato. «L’F16 israeliano che colpì casa sua lo uccise con la moglie e la figlia. Israele voleva far recitare a Deif lo stesso copione. Lui però è riuscito a cambiare il finale».