Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  agosto 22 Venerdì calendario

NON CI SERVONO BANCHE CENTRALI IN CONCORRENZA


Al ritrovo annuale di Jackson Hole nelle montagne del Wyoming (l’appuntamento più atteso dell’estate per chi studia le decisioni dei banchieri centrali) le banche centrali del mondo si presentano divise.
Dai dettagli delle discussioni interne alla Federal Reserve americana emerge che la presidente Janet Yellen e la maggioranza dei suoi membri — preoccupati dall’eccesso di debito delle famiglie e dello Stato americano — ritengono che l’economia americana fronteggi ancora rischi di ritorno in recessione. La disoccupazione americana è scesa quasi al 6% (solo mezzo punto sopra alla sua media secolare e quattro punti in meno che nel 2010) ma per la Fed le gambe della ripresa dell’economia americana sono ancora troppo malferme. Il che allontana il possibile rialzo dei tassi di interesse di riferimento per l’economia americana in su dallo zero attuale. Il mancato avvio di ciò che alcuni esperti chiamano il ritorno alla normalità da parte della Fed soprattutto di fronte all’eccessiva esuberanza della borsa americana ipoteca (e complica) le scelte delle altre banche centrali. La Banca d’Inghilterra si trova con un’economia in buona salute in crescita del 3% su base annua e con un mercato immobiliare tornato ai massimi. Il suo presidente Mark Carney ha più volte lasciato intendere che un aumento dei tassi di interesse potrebbe essere più vicino di quanto oggi incorporato nelle aspettative dei mercati. Ma, senza una mossa parallela della Fed, esita a muoversi perché teme che l’aumento dei tassi nel Regno Unito porti con sé un apprezzamento della sterlina e quindi il rallentamento dell’economia inglese. Del dollaro troppo debole si preoccupa anche la Bce. Per parte sua a partire da settembre Francoforte sperimenterà le nuove forme di sostegno al credito bancario decise nello scorso giugno. Nel frattempo però la Bce osserva preoccupata la ripresa dell’Eurozona affievolirsi sotto il peso di un euro troppo forte e per i contraccolpi della crisi ucraina sull’export dei grandi Paesi dell’Europa. Nel complesso è chiaro a tutti che, nell’attuale quadro di incertezze geo-politiche associate con i rischi di guerra in Medio Oriente e in Ucraina, serve fare qualcosa anche per l’economia. Tra le cose da fare però certamente non rientra una guerra tra le banche centrali.