Lorenzo Cremonesi, Corriere della Sera 22/8/2014, 22 agosto 2014
«GLI ALTRI OCCIDENTALI TENUTI IN OSTAGGIO? LI UCCIDEREMO TUTTI SE NON FINIRANNO I RAID»
[Intervista a Haji Othman] –
DAL NOSTRO INVIATO ERBIL — Pronto Haji Othman?
«Sì, con chi parlo?».
Sono il giornalista italiano, ricordi? Ci siamo parlati due settimane fa. Avevo avuto il tuo numero dai cristiani scappati da Mosul e sfollati a Erbil. Posso farti un paio di domande?
«Ancora! Ma non ti avevo detto di non telefonarmi più?».
E’ vero. Ma è importante. Solo un paio di domande. Vorremmo capire cosa pensate voi del Califfato.
«Va bene, ma in fretta. Yallah, non ho tempo».
Comincia così la conversazione telefonica avuta ieri mattina con Haji Othman, che i cristiani di Mosul descrivono come rappresentante del «Califfato» per i rapporti con le comunità non islamiche. La prima volta ci eravamo parlati per circa cinque minuti il 10 agosto. Adesso la conversazione non dura più di quattro. La sua voce è più calma. La linea più pulita. Il mio interprete sostiene che ha l’accento iracheno di Mosul. Per evitare che interrompa subito occorre partire con una domanda che in qualche modo lo stimoli a chiacchierare.
Giunge voce che abbiate reclutato oltre 6.300 combattenti tra i musulmani locali a Mosul nelle ultime tre settimane. Come spieghi il vostro successo?
«No, guarda che sbagli. Le tue informazioni non sono corrette. In realtà abbiamo accolto 23.000 nuovi fratelli tra le nostre file. E 6.000 di loro arrivano dall’estero, sono mohajerin (utilizza il termine diffuso nel mondo arabo per indicare i volontari nelle brigate internazionali della “guerra santa”). Sono tanti fratelli arrivati da tutto il mondo per unirsi a noi. Però adesso basta. Devo andare».
Ancora un attimo. L’Europa e in particolare l’Italia hanno promesso che invieranno armi ai curdi. Che ne pensi?
«Lasciate pure che i curdi ricevano tutte le armi che vogliono. Non importa. Noi stiamo ricevendo ancora più armi e di migliore qualità da quegli stessi luoghi da cui partono per i curdi. Per noi non cambia nulla, non costituisce un problema. Restiamo molto più forti».
Perché avete decapitato il giornalista americano James Foley? Cosa volete dimostrare?
C’è un attimo di silenzio, poi la sua voce cambia tono. Prima era come annoiata, frettolosa. Adesso sembra sinceramente entusiasta, quasi allegra. «La notizia della decapitazione è stata per noi motivo di grande gioia. Dall’altro ieri tutta Mosul e le regioni attorno sono in festa, la gente celebra questa azione. Siamo in festa. Ma ora basta, devo andare, chiudo».
Per favore, un ultima domanda: cosa succederà agli altri ostaggi stranieri?
«Ah! Questo dipende da Obama. Se non la smette di bombardarci, li uccideremo tutti. Capito? Li uccideremo tutti. E tu non mi telefonare più».