Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  agosto 22 Venerdì calendario

L’ISIS PROSPERA GRAZIE ALLO SCONTRO FRA QATAR E IRAN


L’imbarazzato silenzio della Lega Araba sui misfatti del Califfato dell’Isis è il sintomo più evidente della complessità dei legami inconfessabili di cui gode in campo arabo, che ne fanno un fenomeno temibile. Tutti i servizi occidentali, e i Muhktabarat arabi, in primis quello egiziano e saudita, concordano infatti sull’appoggio pieno che il Qatar dell’emiro al Thani offre da due anni all’Isis, e sostengono che attraverso il Kuwait si veicolano grandi donazioni di privati di vari Emirati del Golfo alla formazione del Califfo al Baghdadi. Tanto basta per paralizzare una Lega Araba, già in declino di credibilità da decenni. Le motivazioni di questo massiccio supporto del Qatar e di tanti generosi donatori sono complesse e solo parzialmente collegate a una condivisone delle strategie dell’Isis.
Innanzitutto, il Qatar sviluppa da 3 anni una strategia di protagonismo militare nel mondo arabo, profittando del declino delle decennali leadership del Cairo e di Ryad. Centinaia di miliziani qatarioti hanno svolto un ruolo primario nella guerra per abbattere Gheddafi, permettendo così all’emiro al Thani di piazzare sui uomini in posizioni chiave nella «nuova Libia», anche per regolare la fondamentale questione petrolifera. A seguire, centinaia di miliziani qatarioti sono stati inviati in Siria per partecipare al tentativo di abbattere il regime di Beshar al Assad. Fallita la spallata a causa dell’intervento determinante dei Pasdaran e dei miliziani di Hezbollah, l’Isis ha calamitato su di sé i favori dell’emiro al Thani.
Qui si chiude lo schieramento che supporta (abbondantemente) l’Isis, senza peraltro formalizzarsi troppo per le sue atrocità nei confronti degli Yazidi e dei cristiani (che il wahabismo considera idolatri impedendone quantomeno il culto) che però potrebbe essere allargato alla Turchia. Nei mesi scorsi parlamentari del partito turco d’opposizione Chp hanno accusato Hamas Fidan, capo dei Servizi di Ankara, di supportare l’Isil. In particolare Fidan avrebbe accettato che l’Isis si accampi a ridosso della frontiera con la Siria su territorio turco e favorirebbe l’esfiltrazione di suoi miliziani dalla Turchia alla Siria. Questo, sia per favorire le forze che combattono Assad, sia per combattere i curdi siriani, che ovviamente appoggiano i curdi turchi, che contendono all’Isis il controllo del nord della Siria, con scontri ferocissimi. Il governo turco ha nettamente smentito queste accuse, forse a ragione.
Quanto ad avversari più o meno agguerriti dell’Isis, vanno distinti quelli che lo combattono armi alla mano e quelli che si limitano alle parole. Di fatto combattono il Califfato oltre i siriani, gli iracheni e i curdi, ovviamente solo i sauditi, in campo arabo, e l’Iran, per ragioni religiose di contrasto al wahabismo, e geopolitiche per l’influenza che Teheran ha sul governo di Baghdad tramite alcuni partiti sciiti. Tutti gli altri paesi arabi non fanno nulla, né a favore, né contro l’Isis, fatta eccezione ovviamente della Siria, che negli ultimi giorni ha ripetutamente bombardato la città siriana di Raqqa, base strategica del Califfato, e della Giordania. Ma la Giordania non ha le forze per un contrasto attivo, anche perché è ulteriormente infiacchita dall’assistenza a centinaia di migliaia di profughi siriani, e si limita quindi a fornire le basi logistiche sia ai «consiglieri militari» Usa, sia a quelli sauditi che addestrano e aiutano i miliziani siriani che contrastano in Siria sia l’Isis che le truppe di Bashar al Assad. Tra questi, il filo saudita Fronte Islamico, che però ha fallito in Siria in quasi tutte le battaglie di scontro diretto con i miliziani del Califfato.
Per un apparente paradosso, tra gli avversari acerrimi dell’Isis, va annoverata anche al Qaeda. Numerosi e sanguinari sono stati gli scontri tra la sua sezione siriana, al Nusra, e gli uomini del Califfato, ma, senza alcun esito. Vani sono stati i tentativi del capo di al Qaeda, Ayman al Zawahiri, di ricomporre questo dissidio che non ha nessuna base politica o religiosa, ma solo una palese e banale questione gerarchica. Inebriato dai suoi indiscutibili successi sul campo, Abu Bakr al Baghdadi non vede nessuna ragione per sottomettersi ad una leadership di al Zawahiri che se ne sta lontano, rintanato in qualche valle pakistana, e che rappresenta solo uno sfumato riferimento politico-religioso.