Enrica Brocardo, Vanity Fair 20/8/2014, 20 agosto 2014
INTERVISTA A PATTY PRAVO
«Una volta mi sono comprata una casa a Bahia e me ne sono dimenticata. A un certo punto, Vinícius de Moraes mi chiama e mi dice: “Guarda che se non vieni ad abitarla, te la espropriano”. E, infatti, me l’hanno portata via».
Inutile chiedere ulteriori spiegazioni. A quasi tutte le domande, Patty Pravo potrebbe rispondere con un solo gerundio: «Vivendo». Come se ne sono andati i soldi che ha guadagnato in anni in cui con un paio di canzoni azzeccate ti sistemavi per tutta la vita? Come ha finito per sposarsi quattro volte dimenticandosi di divorziare tra un marito e l’altro? Come le è capitato di vendere più di cento milioni di dischi? E, ancora, come ha fatto a diventare la musa ispiratrice di un film intitolato come una delle sue canzoni di maggior successo?
Pazza idea esce il 28 agosto al cinema e racconta la storia di due giovani fratelli, uno etero e l’altro gay, che si ritrovano grazie a un sogno comune: vincere le selezioni di un talent show greco cantando una delle sue canzoni.
Nonostante la Pravo appaia solo alla fine per non più di 5 secondi, l’idea di lei sta lì fin dalle prime battute.
Nessuno le ha mai chiesto di fare il giudice in qualche trasmissione tipo X Factor?
«Mai».
E se succede?
«Dipende. Per fare una marchetta, no. Se, invece, ci fosse una trasmissione di un certo valore potrebbe valerne la pena».
Suona come un giudizio negativo su quello che si è visto finora.
«Amici della De Filippi non è male. In fondo c’è una scuola dietro. Però...».
Però?
«Mettere tutti insieme in un loft toglie personalità, respiro. E poi escono e si ritrovano subito in Tv, a fare tour, tutto».
Be’, lei è diventata Patty Pravo in una notte, quella della stranota prima esibizione al Piper.
«Ma io avevo cominciato a suonare il pianoforte a 4 anni. E al Conservatorio ho studiato direzione d’orchestra. Che era quello che volevo fare».
Non sarà mica un rimpianto?
«No, perché si può sempre fare».
Apro una parentesi. Questa intervista risale a qualche giorno fa. Località: Gallipoli, dove l’aveva portata una data del suo tour. Ci siamo incontrate in un hotel. Per prima cosa, ha posato un pacchetto di sigarette sul tavolino.
Fuma?
«Io sì. Tu?».
Anche.
«Brava».
Ma non fa male alla voce?
«Boh. Aretha Franklin fumava, Sinatra pure. Se tanto mi dà tanto».
La pravo indossa una T-shirt bianca sotto la quale si intuisce l’assenza di reggiseno, e porta un anello che ha tutta l’aria di una fede nuziale.
Si è risposata?
«L’ho messa così mi ricordo un po’ di tutti i miei ex mariti. Diciamo che è una fede collettiva».
So che siete rimasti in ottimi rapporti. Mai fatto una reunion, tutti insieme?
«No. Anche se fra di loro si conoscono. Con due ho vissuto insieme: Paul Martinez e Paul Jeffery».
Insieme in che senso?
«Nel senso che stavamo insieme tutti insieme. Bello».
Esattamente due anni fa a Gallipoli, la fotografarono in spiaggia in topless con quello che definirono il suo toy boy.
«Macché, poverino. Era solo un amico che mi stava dando una mano a portare delle cose».
Ha mai portato il reggiseno?
«Mai. Anche perché c’è stato sempre ben poco da reggere».
Il film trae ispirazione dal fatto che lei è un’icona gay.
«Non so perché, ma mi fa piacere. Mi sono pure sposata con un gay, Franco Baldieri (fu il primo matrimonio, nel 1972, ndr)».
Intende bisessuale.
«Quando l’ho conosciuto viveva con un uomo».
E poi?
«È accaduto».
Dopo di lei sa chi è subentrato?
«Mah. Prima di morire stava in Brasile e conviveva con un altro uomo».
Tornando all’icona gay?
«Trovo che i gay alla fine abbiano una sensibilità maggiore. O almeno che una volta fosse così. Adesso ce ne sono talmente tanti che non so più».
Negli anni Ottanta, posò per Playboy. E lo posso capire. Ma perché fece lo stesso per la rivista pornografica Le
Ore?
«Quegli scatti dovevano servire per un libro fotografico. Poi io sono partita e le immagini non so come sono finite su quella rivista. Peccato, perché sarei arrivata prima di Madonna (Il riferimento è al libro di foto erotiche Sex del 1992, ndr). Avrei dovuto fare causa».
L’ha mai fatto in vita sua?
«No».
È una rarità in Italia.
«E ormai non ne ho più bisogno. Da qualche tempo mi vogliono tutti bene. Chissà poi perché».
E il contrario? Qualcuno ha mai fatto causa a lei?
«No. Perché? Che cosa ho fatto?».
Questo nuovo filone di letteratura erotica al femminile nato con Cinquanta sfumature di Grigio le interessa?
«Per niente. In questo periodo leggo soprattutto biografie. Come quella di Keith (Richards, ndr). Mi ha chiamato e mi ha detto: “Leggitela”».
E le è piaciuta?
«Mi sono fatta un sacco di risate. Non so come ce la faccia, ma alla sua età fa ancora di tutto: beve un sacco, sniffa cocaina. E sta benissimo».
Che cos’altro legge?
«Un saggio sulla storia dell’anarchia. Per darmi una rinfrescata, visto che, alla fine, sono un’anarchica».
Manifestazioni della sua anarchia?
«Ho vissuto da persona libera. Sono cresciuta con i miei nonni che avevano un grande senso della libertà. Mi hanno dato molta disciplina senza imporla. Erano troppo intelligenti per fare una cosa del genere».
Mai avuto tentazioni religiose?
«No. Non ho neppure mai fatto la cresima perché l’idea di diventare un “soldato di Cristo” non mi piaceva. Mi andò bene perché il giorno in cui lo dissi a casa era venuto a trovarci Giovanni Roncalli (Il futuro Papa Giovanni XXIII era un amico di famiglia, ndr). Lui disse: “Ma scusate, è molto meglio che abbia dei dubbi piuttosto che prenda la cresima solo per indossare il vestitino bianco”».
Cosa fa quando litiga?
«Non alzo la voce, non serve a niente. Semmai mi alzo e me ne vado».
E poi che succede?
«Che mi richiamano. Per ora, almeno, ha funzionato».
Fa lo stesso anche nelle relazioni sentimentali?
«Più o meno. Non mi sono mai messa a discutere il perché. Tanto la ragione la si sa già da tutte e due le parti».
È mai stata lasciata?
«Non mi è successo. Forse perché anticipo i tempi io».
Pensiero stupendo parla della tentazione di un rapporto a tre, un uomo e due donne. Mi racconta come nacque quel brano?
«Quella mattina avevo deciso di fare un salto in RCA con i musicisti del mio gruppo. Alla stessa ora era arrivato anche Ivano (Fossati, ndr) con questo pezzo che aveva scritto per me. Me lo fecero sentire. Chiesi se c’era una sala di registrazione. Mi dissero: “Ce n’è una tutta rotta”. Abbiamo registrato lì per lì con Ivano che suonava la chitarra acustica. Quasi tutti i miei pezzi sono stati dei provini».
Tentazioni simili a quella raccontata dalla canzone?
«Sono stata in mezzo ai maschi fin da bambina, mi trovo meglio con loro».
Ha raccontato che facevate a gara a chi faceva la pipì più lontano. Non ho mai capito, in quanto donna, come potesse competere.
«No, che ha capito? Io facevo l’arbitro».
Ma è vero che all’anagrafe è registrata come Nicola?
«Sì. Era il nome di un altro figlio di mia nonna morto facendo un tuffo dalla diga. La storia venne fuori quando, per via della mia voce, scrissero che ero un uomo. Quando andarono da mio padre a chiedergli se fosse vero, rispose: “Magari”».
Con i suoi genitori non ha mai avuto grandi rapporti.
«Un po’ con papà che, purtroppo, non c’è più».
Sua madre quanti anni ha?
«Ottantasei. Giovane».
Questioni di punti di vista. E il suo, essendo stata definita «divina», è quello di una creatura eterna.
«È un complimento carino, ma non è che mi monto la testa. Non mi sveglio e penso: “Sono divina”. La mattina mi sveglio e mi lavo la faccia».