Carlo Laudisa, La Gazzetta dello Sport 22/8/2014, 22 agosto 2014
VENDUTO AL LIVERPOOL, 20 MILIONI PER IL MILAN
Ci guadagnano tutti, ci perdono tutti. L’imminente addio di Mario Balotelli al Milan chiude 19 mesi dopo, una pagina ricca di speranze e contrassegnata dai tormenti. Nell’operazione il club rossonero incasserà 20 milioni di euro, guarda caso gli stessi spesi nel gennaio del 2013 per acquistarlo dal Manchester City. Quindi a bilancio i conti tornano perché questa cessione procura una plusvalenza di 4 milioni di euro grazie all’ammortamento maturato. Aggiungiamoci che Adriano Galliani completa la spending review estiva con un risparmio complessivo di circa 20 milioni sul monte stipendi. SuperMario lascia un contratto sino al 2016 da 7,3 milioni lordi a stagione. In più le partenze di Kakà (8 milioni lordi) e Robinho (5) aiutano ad affrontare l’ultima settimana di mercato con la benzina indispensabile per rincorrere gli obiettivi concordati con Inzaghi.
La parabola Il bresciano da questo cambio migliora lo stipendio: sale a 6. Oggi si capirà se firmerà per 3 o 4 anni. Poi, volerà a Liverpool. Ma il suo potere contrattuale è limitato dopo una stagione incolore, immalinconita dal flop brasiliano. Ormai ha 24 anni e il suo valore di mercato non è cresciuto secondo le aspettative. È curioso che il costo del suo cartellino dal 2010 in poi non sia mai aumentato. L’Inter del Triplete lo sacrificò, cedendolo al Manchester City proprio per 20 milioni di euro. In Inghilterra avrebbe dovuto trovare la completa affermazione. Invece anche lì i problemi ambientali indussero Roberto Mancini ad autorizzarne la vendita ai rossoneri per la medesima cifra investita per l’acquisto. Ora la storia si ripete con gli stessi target, a riprova che la scelta forzata del Milan è il frutto di valutazioni extra-tecniche. E’ amaro constatare che Balo è giunto al giro di boa. Quel diagramma piatto sulla sua quotazione d’ora in avanti rischia di portare addirittura a una pericolosa caduta verso il basso. Gli anni passano e lui ormai appare in balìa della sua discussa fama.
I conflitti Le prodezze dei primi 6 mesi, con l’esaltante cavalcata verso la qualificazione in Champions, non sono bastate per spegnere le iniziali titubanze di Silvio Berlusconi. Ricorderanno tutti le sue battute al vetriolo che hanno come spot il marchio della «mela marcia». Includiamoci le continue esortazioni «a giocare da centravanti». E nel fuoco amico non hanno avuto meno efficacia le ripetute rimostranze dell’a.d. Barbara Berlusconi. Addirittura 2 mesi fa Mino Raiola ha risposto per le rime all’erede designata dal patron rossonero che aveva messo in dubbio l’incedibilità di Balo.
L’input Lady B non ha mai risposto al manager italo-olandese, ma i fatti dimostrano che ad Arcore e dintorni questo verdetto era stato emesso da tempo. Stavolta non c’è stata una exit strategy del giocatore che evidentemente ha subìto la decisione della proprietà. In passato Raiola ha gestito il via vai dei suoi top player anteponendo i loro interessi tecnici e finanziari a quelli dei club di appartenenza. In questo caso il tifoso milanista SuperMario si era illuso d’essere profeta in patria, ma ha perso la sua scommessa. Anche la società rossonera fa buon viso a cattivo gioco. Balotelli era l’alfiere di una generazione verde, con l’obiettivo di far crescere al suo fianco i talenti di casa El Shaarawy e De Sciglio. Il progetto di una squadra giovane, serbatoio per la Nazionale, era l’antidoto alle ristrettezze del momento. L’uscita di scena della principale cresta rossonera comporta un doloroso reset. Ora si ricomincia daccapo. Galliani lavora ad altri colpi, ma è dura trovare nuovi punti di riferimento. Ad Inzaghi tocca modellare la squadra, ma soprattutto individuare quel leader che il fragile SuperMario non è riuscito ad essere.