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 2014  agosto 22 Venerdì calendario

ECCO I CONVERTITI ITALIANI ALL’ISIS

Alcuni si convertono all’islam, altri alla jihad. Nel panorama del mondo musulmano italiano, che nel nostro Paese conta circa 1,5 milioni di fedeli, i convertiti sono almeno 50 mila. Tra questi il 10 per cento sceglie la via del fondamentalismo, che in alcuni casi li porta a combattere nei teatri di guerra Mediorientali che rappresentano lo «sforzo» sulla strada di Allah. Secondo l’intelligence sarebbero attualmente 8 gli italiani «operativi» in questi scenari.
Un mondo sotterraneo e controverso, che vive e si nutre all’interno di alcune moschee non autorizzate sparse su tutto il territorio italiano. Indottrinamento e arruolamento sono le armi attraverso le quali i predicatori di odio reclutano italiani disposti a uccidere e morire per un Dio. I casi più eclatanti, in ordine di tempo, sono quelli del genovese Giuliano Del Nevo, morto in Siria nel 2012, partito proprio dall’Italia per combattere al fianco dei miliziani e contro Assad. E poi l’autore della decapitazione del giornalista americano John Foley, avvenuta nei giorni scorsi ad opera di un britannico.
L’orrore di scene che scorrono in rete raccontano, però, storie troppo vicine a noi, storie di vita di occidentali che abbracciano un credo malato e lontano dagli insegnamenti di pace, che pur sono presenti nell’Islam. Secondo fonti intelligence buona parte degli italiani che scelgono la via della conversione hanno una provenienza ideologica estremista, sia di destra che di sinistra, e tendono a sostituire i vecchi dogmi delle rispettive matrici con il credo dell’Islam fondamentalista, quasi sempre sunnita, e che vuole riportare la religione musulmana alla purezza originaria, senza alcuna possibilità di interpretazioni del Corano revisioniste o riformatrici. E così, dal momento della conversione, i più iniziano un percorso pacifico di preghiera e riflessione. Ma una percentuale significativa, circa il 10 per cento, ritiene doveroso spingersi oltre. Inizia qui il cammino di radicalizzazione che si basa essenzialmente sulla spinta emotiva che alcuni predicatori effettuano sui neofiti. Con l’aiuto di dvd che riproducono immagini tratte dai vari territori della jihad, e soprattutto con l’opera di convincimento portata avanti con interpretazioni coraniche ad uso e consumo dei fanatici, gli imam estremisti compiono un vero e proprio lavaggio del cervello, ottenendo il risultato di poter contare sull’assoluta fedeltà alla causa islamista dei convertiti. Alcuni tra i più meritevoli otterranno così l’invio in una della numerose madrasa del Pakistan, per approfondire il credo fondamentalista. Altri si riterranno già pronti a sostenere con le armi l’espansione dell’Islam. In numerosi casi si è anche assistito a una vera e propria radicalizzazione jihadista raggiunta da soggetti che, in piena solitudine, tramite piattaforme web islamiste si sono formati con un’opera di autoconvincimento nelle vere ragioni della jihad.
Una trama complicata dunque, che nasce e si amplia nelle periferie delle grandi città europee, ma anche italiane. Roma, Milano, Genova, Firenze e Napoli sono solo alcuni esempi di sobborghi urbani dove la conversione all’islam può trasformarsi in qualcosa di diverso dalla pura e semplice professione di fede. Basta entrare in una delle tante moschee collocate in garage e scantinati per accorgersi della presenza di fedeli italiani. Tra questi, che nella stragrande maggioranza dei casi non sono sfiorati da idee fondamentaliste, si annidano però i combattenti pronti a partire per i teatri di guerra a fianco dei mujaheddin e capaci di crimini efferati. Il ritorno in patria, poi, li eleva agli occhi della comunità più radicale come veri e propri eroi. Non trattandosi più di una struttura piramidale classica, infatti, l’organizzazione terroristica islamista, in generale, può contare sull’autonoma attivazione operativa sia di cellule già presenti sul nostro territorio sia in altri Paesi dell’Occidente, aderendo al richiamo della jihad globale.
Le ragioni che conducono alla conversione, per i musulmani «ritorno all’Islam», sono essenzialmente tre: la necessità di ottenere il certificato di conversione per potersi sposare con una donna musulmana; la profonda convinzione e il bisogno di una nuova spiritualità maturate attraverso studi, letture e viaggi nei Paesi arabi e, non in ultimo, il fanatismo espresso da imam, spesso autoproclamatisi tali, durante i sermoni tenuti nella miriade di moschee-garage presenti in Italia. Ma in alcuni casi la conversione può avvenire anche in carcere, dove i detenuti italiani fraternizzano con immigrati spesso portati a estremizzare il loro credo religioso pee cercare altrove una ragione di vita diversa.
Il fenomeno, anche se in misura minore, riguarda anche le donne. Alcune italiane, infatti, scelgono come religione l’islam, quasi sempre perchè incontrano uomini musulmani con cui si sposano. In questi casi accettano anche di far parte di un «harem», unendosi in matrimonio con persone già legate ad altre donne. In altri casi, proprio le convertite radicalizzano il proprio credo spingendosi fino al fondamentalismo in nome di Allah.
Difficile fare una stima precisa del fenomeno, poiché per contrarre matrimonio con un musulmano basta recitare, all’interno di una moschea e in presenza di due testimoni e un imam, la Shahada, la professione di fede. La prima donna balzata agli onori della cronaca per essersi convertita all’islam è Barbara Farina (poi diventata Aisha), moglie del senegalese Abulkair Fall Mamour, in passato imam della moschea di Carmagnola ed espulso dall’Italia poiché inneggiava apertamente al terrorismo dando il suo beneplacito alle gesta di Al Qaeda. Il fascino della «guerra santa», quindi, ha conquistato anche alcuni italiani che sempre più spesso raggiungono i territori della jihad tramite le rotte che passano per i Balcani. Qui esiste una vera e propria organizzazione, formata per lo più da albanesi e bosniaci, che è in grado di garantire l’itinerario attraverso il quale i volontari possono raggiungere la Siria e l’Iraq per unirsi all’Isis. Quasi sempre le rotte passano per i territori turchi, ma vi sono altre numerose alternative. I mujaheddin occidentali, infatti, sono muniti di passaporti europei, una sorta di lasciapassare insospettabile per qualsiasi Paese mediterraneo. Dopo la decisione del governo di sostenere i peshmerga curdi con la fornitura di armi, l’Italia ha innalzato l’allerta per il timore di attentati di rappresaglia nel nostro Paese. Questa volta, però, il pericolo viene dall’interno, da quella comunità islamista sotterranea e composta da fanatici e da convertiti, anche e soprattutto italiani.