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 2014  agosto 20 Mercoledì calendario

SE LA BCE COMPRASSE TITOLI NON EUROPEI


Una politica monetaria ulteriormente espansiva della Banca centrale europea ha di fronte due trappole: una trappola economica, o della liquidità, rappresentata dalla rottura dei meccanismi che dalla moneta portano all’economia reale; e una trappola politica, o del debito sovrano, costituita dalla presenza contemporanea di debiti pubblici nazionali destabilizzanti con assenza di una politica fiscale europea. Una soluzione? Attuare operazioni di mercato aperto in valuta e in titoli di stato non europei.
Nei giorni scorsi ha destato attenzione il fatto che alla lista dei politici europei che chiedono alla Bce «di fare la sua parte» si è aggiunto il nome del ministro italiano dell’economia Carlo Padoan. In questo non vi è nulla di strano, né tantomeno di scandaloso: è un classico degli annunci dei governanti ricordare pregi e difetti dei diversi interventi della politica economica, senza che questo voglia dire automaticamente esaltare i propri pregi - veri o presunti - attraverso le sottolineature di altrui mancanze - vere o presunte.
Più interessante è analizzare la presunta mancanza che viene attribuita alla Bce - diciamo «eccesso di prudenza» da parte di Draghi di fronte ad un rischio di caduta dei prezzi - per capire quello che la nostra banca centrale da un lato dovrebbe e dall’altro potrebbe fare.
Il punto di partenza è lo stato di stag-deflazione dell’economia dell’Unione, vale a dire: crescita economica debole con un rischio deflazione. In questi casi cosa può fare la politica monetaria?
La prima avvertenza è evitare un errore, enorme ma allo stesso tempo molto comune: comparare la Bce alle altre maggiori banche centrali, vale a dire quelle di Stati Uniti (Fed), Inghilterra (BoE), Giappone (BoJ) e Cina (Bpc). Esiste una differenza fondamentale: in tutte le banche centrali diverse dalla Bce l’interlocutore politico è un unico governo. Questo significa che, qualunque sia lo statuto formale della banca centrale, i banchieri centrali tendono ad essere più aggressivi nel disegno delle politiche monetarie espansive, perché dal loro punto di vista è molto più conveniente occuparsi di ristagno economico e disoccupazione, in quanto guadagnano credito con l’unico interlocutore politico ed allo stesso tempo pagano meno eventuali errori di condotta.
Con un unico governo, per il banchiere centrale è più conveniente occuparsi in primo luogo della crescita economica, perché è quello che più interessa al politico ai fini del consenso, qualunque sia il grado di democrazia del rispettivo sistema istituzionale. Forse non è un caso se il mandato duale della banca centrale - che dà rilievo sia alla crescita che all’inflazione - caratterizzi sia gli Stati Uniti che la Cina.
Allo stesso modo, con un unico governo gli eccessi di moneta costano meno per il banchiere centrale. L’eccesso di moneta può trasformarsi in instabilità monetaria e/o fiscale e/o finanziaria, a seconda dei casi. Ma in ogni caso i danni vengono pagati politicamente dallo stesso governo ed economicamente dallo stesso contribuente. Forse non è un caso che due banche centrali che hanno come obiettivo primario l’inflazione - la Banca d’Inghilterra e la Banca del Giappone - hanno e stanno attuando politiche monetarie iper-aggressive, sapendo di avere i politici - tutti o quasi - ed i cittadini - tutti o quasi - dalla loro parte, in ogni caso.
Per la Bce è tutta un’altra storia: gli interlocutori politici sono eterogenei, i cittadini/contribuenti sono eterogenei. Quindi l’obiettivo macroeconomico formale tende a coincidere con quello sostanziale - l’inflazione - e la prudenza deve essere maggiore, perché gli errori di una politica monetaria sbagliata hanno effetti re-distributivi sul reddito e patrimoni che sono tanto maggiori tanto più i cittadini europei sono diversi tra loro. Questa è la trappola della politica, che la Bce deve sistematicamente affrontare: ogni politica monetaria messa in atto utilizzando titoli del debito pubblico dei Paesi dell’Unione ha effetti quasi-fiscali, in assenza di una politica fiscale europea.
Spiegata la «propensione alla prudenza» della Bce, occorre una seconda avvertenza: l’economia europea è in una trappola della liquidità. In tempi normali una banca centrale interviene espandendo l’offerta di base monetaria, che, attraverso il meccanismo del moltiplicatore monetario, a sua volta accrescere il credito a disposizione di imprese e famiglie. Quindi due vasi comunicanti - i mercati della base moneta e della moneta - portano la liquidità dalla sorgente - la banca centrale - a valle - il mondo produttivo.
Oggi in Europa entrambi i vasi comunicanti sono rotti, o almeno non ancora normalmente e regolarmente funzionanti. A causa dell’eccesso di avversione al rischio, tutti gli operatori - consumatori, imprese e banche - tendono a tesaurizzare la liquidità, una volta ottenuta. La domanda di base monetaria, nonché l’offerta e la domanda di credito, continuano ad essere anemiche, forse instabili. Quindi una Bce che volesse imprimere una svolta aggressiva alla politica monetaria dovrebbe fare in modo di «saltare» i due vasi rotti. Come? In primo luogo, sostituire le operazioni bilaterali di rifinanziamento alle banche con operazioni di mercato aperto, in modo da riuscire ad espandere l’offerta di base monetaria. L’espansione della base monetaria sarebbe una novità, a cui le aspettative - che governano il meccanismo dei prezzi - sono molto sensibili, con effetti di spegnimento sul meccanismo disinflazionistico e quindi sul rischio deflazione. L’effetto sarebbe amplificato se anche l’obiettivo inflazionistico fosse - solo temporaneamente - innalzato.
Ma con quali titoli attuare le operazioni di mercato aperto? Utilizzare i titoli del debito sovrano dei Paesi membri dell’Unione aumenta il rischio che scatti la «trappola politica»; i titoli privati, al di là di ogni considerazione sulla rischiosità, costituiscono ancora un segmento acerbo ed esiguo. Rimangono i titoli e le valute estere; titoli a basso rischio di Paesi non membri dell’Unione Economica e Monetaria - quindi non solo titoli americani - e monete estere - quindi non solo dollari. Possibile effetto collaterale positivo: svalutazione dell’euro. Sarebbe una politica assolutamente non convenzionale, ma allo stesso tempo efficace nel consentire alla Bce di sfuggire alla «doppia trappola».