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 2014  agosto 20 Mercoledì calendario

E I DIPLOMATICI USA LASCIANO L’AMBASCIATA IN SIERRA LEONE


IL CASO
NEW YORK Il personale americano che non lavora sul fronte dell’epidemia dell’Ebola dovrà lasciare anche la Sierra Leone. Una settimana fa un simile ordine ha riguardato i funzionari delle ambasciate in Liberia. L’ordine, arrivato nelle ultime ore, farebbe pensare che la situazione del contagio nell’Africa occidentale stia peggiorando. In realtà qualche piccolo segnale incoraggiante comincia a fare capolino. Secondo quanto dichiarato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, sia nella Nigeria che nella Guinea si può «esprimere un cauto ottimismo». L’avanzata del contagio in Nigeria sembra davvero ferma, e i dodici casi riscontrati nel più popoloso Paese africano sono risultati tutti legati a un’unica catena di contagio, oramai messa sotto controllo. Nella Guinea, che pure è il Paese dove si è verificato il primo caso lo scorso marzo, la popolazione si sta dimostrando informata e pronta a collaborare.
L’AVVERTIMENTO
Anche questi annunci tuttavia sono stati seguiti da un ammonimento, «l’epidemia non può ancora dirsi bloccata, e ci possono essere riesplosioni del contagio in ogni momento».
Una notizia positiva è che sono stati trovati i diciassette malati di Ebola fuggiti lo scorso fine settimana da una struttura sanitaria nella capitale della Liberia, che si chiama Monrovia in onore del presidente amaricano Monroe. Altra notizia che dovrebbe causare gioia è stata data dal ministro dell’informazione della Liberia, Lewis Brown, secondo il quale tre medici trattati con il siero ZMapp «stanno esibendo notevoli segnali di miglioramento». Il guaio è che del farmaco esistevano pochissime dosi: tre sono state date nei giorni scorsi a due americani e uno spagnolo, ma quest’ultimo non ne ha tratto giovamento ed è spirato poco dopo. Dunque finora questo è il bilancio: due pazienti sono stati curati, tre sembrano migliorare e solo uno non è sopravvissuto.
Purtroppo la casa produttrice del siero, la Mapp Biopharmaceutical di San Diego (California), ha confermato che ci vorranno mesi per creare altre dosi di questo farmaco che contiene gli anticorpi in grado di neutralizzare il virus dell’Ebola. Non esiste vaccino e non esistono altri farmaci scientificamente testati per combattere le febbri emorragiche, e in questo vuoto della medicina ufficiale si stanno infiltrando mercanti che promettono cure miracolose. La Fda, Food and Drug Administration, l’ente Usa che controlla farmaci e alimentari, mette sull’avviso contro queste «truffe sanitarie», e contro prodotti non testati che potrebbero avere gravi effetti secondari.
I NUMERI
I numeri che l’Organizzazione Mondiale della Sanità comunica non segnano grandi cambiamenti: 1200 i morti fra Guinea, Sierra Leone, Liberia e Nigeria, e 2200 i contagiati. Ma non c’è nessuna garanzia che questi numeri siano assolutamente corretti. Il sospetto che ci siano malati che le famiglie tengono a casa e tentano di curare artigianalmente è fondato. E si teme che ognuna di queste famiglie diventi un altro focolaio di contagio. Non è un caso che un milione di persone siano state poste sotto quarantena, e che le Nazioni Unite stiano organizzando consegne di cibo per coloro che sono rimasti dietro il filo spinato.
Intanto è confermato che varie linee aeree hanno temporaneamente sospeso i voli verso i Paesi colpiti dall’epidemia, mentre - su richiesta diretta dell’Oms - i viaggiatori in uscita dai Paesi colpiti vengono sottoposti a attenti controlli. Finora sembrano aver funzionato, difatti due casi sospetti in Spagna e in Germania sono stati dichiarati entrambi non Ebola. Il paziente spagnolo è risultato positivo al contagio della malaria, che però è curabile, mentre la donna in Germania ha solo un virus intestinale.