Il Messaggero 20/8/2014, 20 agosto 2014
DALLE “LUCCIOLE” ALLE SPESE MILITARI COSÌ L’ISTAT MODIFICHERÀ (IN SU) IL PIL
IL CASO
ROMA L’aiuto, qualche volta, arriva da chi meno te lo aspetti. Se Roma quest’anno non dovrà correggere i conti dell’anno in corso e riuscirà a ridurre il debito pubblico di un paio di punti senza colpo ferire, potrebbe dover dire grazie ai cacciabombardieri F35, ai contrabbandieri, al mercato illegale del sesso o a quello del gioco. Tutte voci che, tra qualche settimana, saranno inserite dall’Istat nelle nuove stime del Pil, il prodotto interno lordo. A permetterlo in tutta Europa, saranno le nuove regole statistiche del Sec 2010 che sostituiranno quelle ormai obsolete del Sec 1995. Le novità non sono poche e non sono di poco conto. La Banca centrale europea, nel suo ultimo bollettino mensile, quello di agosto, lo stesso in cui Mario Draghi ha aperto a nuove «misure non convenzionali», ha dedicato un intero capitolo alla revisione delle stime del Pil, ricordando come ad incidere sul prodotto saranno soprattutto quelle per Ricerca e Sviluppo, i cui costi, per la prima volta, non saranno considerati consumi intermedi ma investimenti. Questo significa, appunto, che andranno ad aumentare il livello del Pil. Lo stesso destino toccherà alle spese per armamenti come caccia, navi o carri armati. Francoforte ricorda come, secondo le stime preliminari di Eurostat, l’organismo europeo di statistica, l’impatto medio sul Pil dei paesi europei di questa revisione delle stime sarà circa del 2,5 per cento.
LE PRIME SIMULAZIONI
Per l’Italia, in realtà, la stessa Eurostat ha previsto un impatto leggermente inferiore, tra l’1 e il 2 per cento. Ma i calcoli fatti dallistituto europeo non tengono conto dell’economia illegale che pure un impatto in positivo in termini di prodotto lordo lo avrà. Di quanto? Per ora ancora non ci sono dati. Va però considerato che il sommerso è già incluso nel Pil, da inserire insomma, restano i proventi delle attività più propriamente criminali: contrabbando, spaccio e prostituzione. Quattro economisti della Banca d’Italia (Ardizzi, Petraglia, Piacenza e Turati) avevano stimato in un loro studio, in 150 miliardi di euro il peso dell’economia illegale. Ma i primi rumors parlano di cifre nettamente inferiori. Si vedà.
GLI IMPATTI
Cosa accadrà ai conti pubblici? Molto dipende, ovviamente, da quante saranno le spese che l’Istat inserirà nel nuovo conteggio del Pil. Gli analisti di Credit Suisse in un recente report, hanno ricordato che, se da un lato è vero che Eurostat ha calcolato l’impatto medio sul Pil del 2,5 per cento in Europa, è anche verso che negli Usa dove il nuovo sistema è stato introdotto un anno fa, l’aumento del Pil è stato del 3,5 per cento. Anche per la Francia, che ha anticipato tutti, il Sec 2010 ha fatto salire il prodotto del 3,2 per cento. In Italia ogni punto di Pil vale circa 16 miliardi di euro. Due punti significherebbero un aumento dunque, di 32 miliardi. Il Pil è il denominatore dei due principali rapporti su cui la Commissione europea emette i suoi giudizi: il deficit e il debito. Sul primo indicatore un aumento di due punti percentuali del Pil avrebbe un impatto limitato, nell’ordine dello 0,1 per cento, in pratica poco meno di un miliardo di euro. Ma quest’anno l’Italia balla sul filo del 3 per cento previsto dal trattato di Maastricht e, dunque, quello 0,1 per cento potrebbe fare la differenza tra la procedura d’infrazione e la salvezza. Del resto lo scorso anno per rientrare nei parametri di Maastricht il governo Letta fu costretto ad una manovra di correzione da 1,6 miliardi per ridurre il deficit dello 0,15 per cento. L’impatto sul rapporto debito-Pil, invece, sarebbe più rilevante, circa 2 punti percentuali. E questa sarebbe, in vista degli impegni del Fiscal compact, una buona notizia. Fino a qualche settimana fa c’era un problema di tempi. L’Istat aveva programmato di diffondere le nuove statistiche sul Pil il prossimo 3 ottobre. Troppo tardi per il governo che, invece, deve licenziare la nota di aggiornamento del documento di finanza entro il 20 settembre. Così l’Istat, nei giorni scorsi, ha deciso di anticipare al 22 settembre le nuove stime, anticipando una prima nota già il 9 settembre. Il motivo lo ha spiegato lo stesso istituto. L’anticipo, ha scritto in una nota l’Inps, è stato deciso «con lo scopo di fornire le informazioni necessarie alla costruzione di un quadro macroeconomico aggiornato».
A. Bas.